Decisa presa di posizione dei lavoratori PLUS della Sardegna che, riunitisi in Comitato, chiedono il riconoscimento di diritti ignorati da un decennio.
I precari del Plus ( Piani Locali Unitari dei Servizi sociali) rappresentano un esercito di oltre 100 lavoratori ormai sull’orlo della rivolta che, direttamente e tramite i sindacati, chiedono semplicemente a Mamma Regione che vengano loro estesi i medesimi sacrosanti diritti concessi ad altri settori, come ad esempio quello sanitario. In altre parole domandano la sicurezza del rapporto di lavoro che include la stabilizzazione dei servizi e del personale.Chiedono l’interessamento della Regione al fine di sanare una situazione di estremo precariato ormai non più sostenibile poiché, se le nuove linee-guida del Plus non verranno poste in essere quanto prima, quelle vigenti che risalgono al 2012/14 perderanno ogni efficacia alla scadenza del 31 dicembre p.v.. Scadenza ormai imminente. E ciò significa, per questi precari, l’assoluta mancanza di risorse per l’anno a venire nonché l’inevitabile risoluzione dei propri contratti.
E’ lecito chiedersi se l’assenza di qualunque forma di interesse nei confronti della categoria sia imputabile a una mancata volontà politica. Sta di fatto che la Regione ha di recente stabilizzato il personale del settore sanitario senza degnare della minima considerazione il settore sociale. Non si è tenuto conto delle esigenze del territorio e nemmeno di una fattibile e positiva integrazione del settore sociale col settore sanitario medesimo.
Eppure si parla di 25 Ambiti e Uffici di Piano, di oltre 100 lavoratori assunti con varie tipologie contrattuali, da quelli provenienti da selezioni pubbliche a tempo determinato a quelli reclutati tramite Cooperative e altri ancora con Partita IVA. L’Amministrazione regionale, a motivo del carattere palesemente indispensabile, ha pensato bene di accrescere nel tempo a codesti Ambiti il carico di competenze e responsabilità, e in misura sempre crescente, in termini di programmazione, gestione e rendicontazione di interventi sociali ormai divenuti indispensabili.
A tutto ciò sono andati a sommarsi ulteriori compiti connessi all’attuazione di Programmi a livello nazionale, non da ultimo il PON Inclusione e il Fondo Povertà ministeriale. All’incremento dei compiti e delle nuove gravose attribuzioni non ha tuttavia fatto seguito il rafforzamento delle strutture organizzative dei Plus, né è stata modificatala modalità di attivazione dei contratti. Ora come ora i 25 Ambiti della Sardegna sono gestiti da Enti capofila ( Comuni e Unioni di Comuni) che risultano abbondantemente condizionati dal punto di vista del Bilancio.
La coincidenza fra Ente gestore e Comune capofila comporta inoltre ulteriori problematiche, in quanto i vincoli relativi alla finanza pubblica previsti dai principi della contabilità armonizzata ( D.L. N.118/2011) non consentono la gestione ottimale e la conseguente rendicontazione dei fondi pubblici relativi ai servizi sociali. Per questi ultimi, infatti, si impongono tempi celeri per la spendita delle risorse, pena la loro restituzione.
Comprensibile lo stato di sofferenza che ne risulta: un estenuante turn-over degli operatori alle prese con una continua ricerca di proposte di lavoro appena più gratificanti, almeno in termini di durata, per quanto precarie, nonché la frustrazione per la mancata valorizzazione della professionalità. Fattori negativi che incidono sulla qualità dei servizi stessi a tutto danno dei cittadini destinatari dei progetti in questione.
Per tutti questi motivi i lavoratori precari del PLUS- Sardegna rivolgono un accorato appello ai Capigruppo presenti in Consiglio Regionale, al Presidente Pigliaru, al dott. Arru dell’Assessore all’Igiene – Sanità e ASSISTENZA SOCIALE, all’ANCI, ai Sindacati di categoria, affinché questo stato di cose venga risolto nel più breve tempo possibile.
Sollecitano pertanto un’udienza urgente presso l’Assessorato regionale e il Presidente della Giunta, affinché provvedano in merito. Chiedono che si individui la precisa modalità che possa attivare un immediato piano di stabilizzazione (come si è provveduto a fare nei confronti di CSL/CSIL e ultimamente per le ASL). Le soluzioni possibili sono varie: costituzione dei Plus come entità autonome quali i Consorzi (strutture di diretta dipendenza della Direzione delle Politiche Sociali della RAS e dotate di completa autonomia) oppure individuare l’Ente opportuno fra le Unioni dei Comuni, il “Servizio di Integrazione socio-sanitaria” delle ASSL (già esistente) o ancora tramite il passaggio alle Province (Settore servizi sociali) al momento vuote di personale e competenze; o in ultimo all’Agenzia Regionale Servizi Sociali, caldeggiata da molti consiglieri regionali. In definitiva, che si applichi qualunque modalità ritenuta idonea ad eliminare la discriminazione esistente e che sia di rapida e semplice attuazione nei nuovi Ambiti Ottimali deliberati a seguito della Legge di Riordino degli Enti Locali con delibera della Giunta Regionale 35/32 del 18 luglio 2017.
“Siamo stanchi di essere dei lavoratori-fantasma –dicono a gran voce- Siamo praticamente invisibili. Molti non sanno nemmeno cosa significhi il PLUS”. Il riferimento è diretto a certi politici.
Onestamente, chi può dargli torto?