Storie di Donne. I diritti delle donne sono un tema assai delicato, spesso trascurato, messo in secondo piano. La Dott.ssa Silvana Maniscalco, Presidente del Centro Donna Ceteris, luogo di accoglienza e raccoglimento delle diverse istanze provenienti dall’hinterland, sottolinea, in un primo tempo, l’importanza della presenza e della perseveranza, e in un secondo quello delle istituzioni nell’impegno al riconoscimento dei diritti.
Storie del nostro quotidiano. Storie di donne, giovani madri protagoniste di vite vissute al confine. Donne spesso osteggiate dalle tante vicissitudini, sensibilità incomprese, messe a dura prova da persone lontane anni luce dalle loro esigenze, dalle loro necessità. Raccontiamo oggi, dopo lunghi momenti di riflessione, pause di silenzio colorate da sottili attimi di malinconia, un mondo ancora poco conosciuto, poco valorizzato, quello femminile. Diritti spesso negati, una parvenza di meritocrazia che cela spesso astuzie e inganni. Ma quando a farne le spese sono animi sensibili, il mondo si ferma, le pause di silenzio si allungano, per pensare, per riflettere più a lungo, in segno di riconoscimento di queste sofferenze, poco ascoltate, dagli uomini spesso distanti, distratti, negligenti. La Dott.ssa Silvana Maniscalco, Presidente del Centro Donna Ceteris, ci spiega le difficoltà incontrate dalle donne, delle voci inascoltate che al Centro si rivolgono in cerca d’aiuto.Incontriamo la Dott.ssa Maniscalco in una stanza semplice, attorno ad un tavolo altrettanto semplice a cui si accosta quasi come sedesse lì da una vita. La sua presenza emana vicinanza, da cuore a cuore, per regalarci profondi momenti di riflessione; e il suo augurio è che questo riguardo, quest’interesse possano uscire da quelle mura. Un argomento complesso quello dei diritti delle donne, e ancor di più quello delle donne vittime di maltrattamenti e abusi.
Si parla oggigiorno di diritti delle donne, ma noi vorremmo parlare di “Rispetto”. Lei cosa ne pensa?
“La parola rispetto merita attenzione. Utilizzata spesso in maniera inappropriata, soprattutto nei confronti delle donne. C’è bisogno di un vero e proprio ritorno ai vecchi valori, quelli più significativi, che fin da bambini apprendiamo e facciamo nostri. Rispetto è anche un termine pesante: c’è poco rispetto nell’ascolto e nell’accettazione delle diverse opinioni. C’è la tendenza ad usare un linguaggio inaccettabile e che merita di rimanere tale. Sento ancora forte la tendenza di un certo predominio, di ciò che può fare l’uomo e di ciò che può fare la donna. Quando la donna non acconsente a tutta una serie di richieste del maschio, spesso il rispetto viene a mancare. Abbiamo fatto molti passi avanti, ma il tema della violenza sulle donne deve essere necessariamente affrontato in diversa maniera, olistica potremmo dire. Se dovesse esserci un qualche problema, la donna deve essere presa in carico, accolta e rassicurata fino alla completa risoluzione del problema“.
Il 44% delle donne tra i 30 e i 34 anni disponeva di una qualifica universitaria nel 2016 rispetto al 34% degli uomini; le donne europee sono ancora sotto rappresentate nelle posizioni decisionali all’interno delle imprese e continuano a guadagnare in media il 16% in meno rispetto agli uomini. Anche in politica le donne non sono sufficientemente rappresentate. In 6 paesi (Grecia, Croazia, Cipro, Lettonia, Ungheria e Malta) le donne rappresentano meno del 20% dei membri del Parlamento. Il divario di genere nel mondo del lavoro si è stabilizzato da qualche anno intorno agli 11 punti percentuali. In media, il 44% degli europei pensa che le donne debbano occuparsi della casa e della famiglia. In un terzo degli Stati membri dell’Ue almeno il 70% dei cittadini la pensa così. Questo è quanto emerge dalla relazione 2018 sulla parità tra uomini e donne, presentata dalla Commissione Europea. In questo scenario, qual’è la condizione della donna lavoratrice? Quali sono le sue difficoltà?
“Il mondo del lavoro sembra esser stato costruito sull’uomo e non sul rapporto uomo-donna. Essendo la donna relegata a lavori subalterni, quali la casa, la famiglia, i figli, gli stessi tempi di lavoro non corrispondono. Lo stesso ruolo politico dell’uomo è certamente più libero, meno pesante di quello della donna che ha altri doveri, obblighi verso la casa e la famiglia. Manca un lavoro di conciliazione, e i promotori di queste battaglie fatte in nome della causa sono piccoli movimenti, singoli partiti. Questa battaglia va fatta insieme, uomini e donne senza bandiera politica“.
Franz Timmermans, primo vicepresidente, ha dichiarato: “La questione della parità di genere è prioritaria, ma all’atto pratico i progressi sono ancora lenti affinché si verifichi un reale cambiamento per le donne. Dobbiamo trasformare la consapevolezza e le intenzioni in azioni concrete. In questo senso occorre adottare le nuove norme proposte dalla Commissione sull’equilibrio tra vita professionale e privata, aderire alla Convenzione di Istanbul e attuare la politiche già concordate per contrastare il divario retributivo di genere, oltre che lottare contro la violenza sulle donne“. Si può ancora parlare di “divario retributivo di genere” al giorno d’oggi?
“Assolutamente sì. Nonostante oggi ci siano donne che rivestono ruoli importanti in aziende internazionali, purtroppo assistiamo ancora a questo genere di difficoltà. L’Europa ha investito molto sul tema dei diritti per le donne, portando avanti progetti e mettendo in moto azioni concrete che hanno dato splendidi risultati. E’ auspicabile che ogni punto presente nella Convenzione di Istanbul venga messo in pratica. L’Italia ha sottoscritto tale Convenzione ma è ancora parecchio discostata dall’attuazione delle linee. In Spagna è previsto, per le aziende private, la negazione dei contributi statali qualora si presentino nell’azienda stessa discriminazioni di genere. Parliamo anche di un paese dove i diritti delle donne, come qualsiasi altro diritto, sono molto sentiti“.
La violenza è ancora troppo diffusa: in Europa 1 donna su 3 ha subìto violenza fisica e/o sessuale fin dai 15 anni d’età. Inoltre, il 55% delle donne dell’Ue ha subìto molestie sessuali. Nella Convenzione di Istanbul, al Capitolo I, Articolo 1c, ci si pone come obiettivo quello di predisporre un quadro globale, politiche e misure di protezione, di assistenza contro le donne e di violenza domestica. Qual’è la prima forma di tutela per la donna, e in quale direzione bisogna lavorare per garantire assistenza continuativa in questo senso?
“Non può essere affrontato il tema della violenza contro le donne soltanto in parte. I centri anti violenza garantiscono 24 ore su 24 accoglienza alle donne vittime di violenza. Nel nostro centro, la donna viene ascoltata, immediatamente indirizzata allo specialista che il caso richiede, supportata costantemente sul cammino per uscire dalla sua situazione. Tuttavia dovrò essere sincera: l’80% delle donne che si rivolgono a noi tornano in seguito con il proprio compagno o marito. Non possiamo garantire sul futuro della donna, sulle sue decisioni. Se sono in pericolo di vita provvediamo ad inserirle all’interno di una casa protetta, in collaborazione con le strutture residenziali dell’hinterland con le quali collaboriamo, in caso contrario la donna potrà permanere nella propria abitazione e ci sarà l’allontanamento del coniuge violento. Questa è anche l’opzione che noi preferiamo, soprattutto in casi nei quali vi è la presenza di bambini o ragazzi. Non è facile per le donne rifarsi una vita, trovare un nuovo lavoro, una nuova abitazione dopo un trauma, una ferita di determinate proporzioni. Abbiamo partecipato ad un bando predisposto dal Dipartimento per le Pari Opportunità che prevede una borsa lavoro per 35 donne cui seguirà una formazione finalizzata all’inserimento aziendale. L’azienda si impegna ad offrire alla donna una mansione lavorativa, oltre che la formazione, dandole l’opportunità di lavorare. Questo è un fattore importante dal punto di vista dell’emancipazione, in quanto la donna indipendente economicamente è notevolmente avvantaggiata, ma purtroppo spesso non è così. In Inghilterra sono previsti persino degli alloggi dedicati appositamente alle donne vittime di violenza: penso che uno Stato debba occuparsi delle donne in questi termini“.
Sempre nella Convenzione di Istanbul, Capitolo I, Articolo 1b, ci si pone come obiettivo quello di contribuire ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, ivi compreso il rafforzamento dell’autonomia e l’autodeterminazione delle donne. Qual’è il sentiero da percorrere per arrivare al riconoscimento dei diritti?
“Il sentiero è solo ed esclusivamente culturale. Dovrebbe essere inserito all’interno dei programmi scolastici il diritto alla parità di genere, fin dalla tenera età. Soltanto così gli studi di genere che esistono in altri paesi possono trovare collocazione anche nel nostro“.
Daniele Fronteddu