Storie di Donne. Storie difficili che lasciano l’amaro in bocca, dalle quali se ne esce quasi sempre con un senso di sconfitta. Sono le donne vittime di violenza. Abusate, insultate, svalorizzate fino al punto di sfiorare la loro dignità. La Dott.ssa Antonella Pirastru, Responsabile dello Sportello anti violenza del Centro Donna Ceteris di Cagliari, ci racconta queste realtà, incomprese ed umiliate, illustrandoci un servizio rivolto a tutte quelle donne che, al limite della sopportazione, trovano nel Centro, ed in particolar modo, nelle operatrici dello stesso, umanità, calore, comprensione.
Raccontiamo spesso storie di donne. Donne spinte al limite della sopportazione. Donne ingiustamente accusate, maltrattate, svalorizzate e messe da parte, in secondo piano, da quegli stessi uomini che gli fecero una promessa: quella di stargli accanto tutta la vita. Donne al margine, i cui sogni di fidanzamento, convivenza, matrimonio, finiscono per andare in frantumi. Voci che danno voce a discorsi importanti, semplici, profondi. Voci timide e sottili, che nascondono nell’apparenza dei giorni, sentimenti di sdegno, rabbia, astio verso quegli uomini che loro stesse, da sole con le proprie forze, spesso non riescono a combattere.Sono parole di ragazze, madri, donne affermate accomunate dallo stesso problema, che si ritrovano di punto in bianco a vivere situazioni al limite. Un ammonimento, quello della Dott.ssa Antonella Pirastru, Responsabile dello Sportello Antistalking del Centro Donna Ceteris di Cagliari, che dovrebbe servire da esempio per tutte. Vittime due volte: dell’uomo che avrebbe dovuto difenderle, garantirgli una vita migliore, magari una realizzazione, e di quella promessa d’amore che perdendosi lascia dentro un immensa ferita.
Sono storie difficili quelle che raccontiamo nel nostro spazio questa sera. Delicate, sensibili, ricettive, sono loro le protagoniste di questi pezzi dietro ai quali s’intravede la speranza: la stessa che nutrono quando ricordano, con tono sempre meno sommesso, quasi urlando, i loro stessi diritti. Diritti naturali, prerogative uniche, trascurate da un mondo maschile sempre meno attento, negligente, disinteressato.
E’ una serata come tante quella al Centro Donna, dove come sempre ci aspettano persone gentili e carismatiche, con mano ferma ed accortezza su discorsi centrali, che per noi rappresentano delle vere e proprie ricchezze. La Dott.ssa Pirastru espone un argomento non semplice, carico di significato, facendo riferimento a dati strettamente riservati, per rispetto, con cura di quelle donne che al Centro si rivolgono in cerca d’aiuto. La cadenza su determinati termini è come un susseguirsi di piccoli tuoni che immediatamente recepiamo, davanti ai quali però, come sempre, rimaniamo senza parole.
Nel 2014, secondo i dati Istat, circa 4 milioni 400 mila donne in Italia hanno sofferto abusi fisici o psicologici da parte del partner: 1 donna su 4 tra quelle che vivevano un rapporto di coppia. Quali sono le cause più comuni di femminicidio e dove dobbiamo andarle a ricercare all’interno della coppia?
“Il termine femminicidio è un termine coniato di recente che non trova collocazione nel nostro ordinamento giuridico. Si è iniziato a parlare di femminicidio nel 1800 in Inghilterra ed indica quel fenomeno che interessa le donne implicate in relazioni che oserei definire ‘malate’, vittime di violenza da parte dei loro partner. Nonostante i numerosi interventi delle istituzioni locali e regionali, in particolar modo delle associazioni e dei centri anti violenza che si occupano della questione, sono ancora troppi i casi di donne uccise per mano di un uomo violento. Le possiamo trovare all’interno delle mura domestiche, laddove dovrebbe esserci serenità, tranquillità per la coppia, e dove invece spesso c’è l’inferno. Dai tentativi di svalorizzazione a quelli di compromissione della salute psicologica della donna. Le tipologie di violenza che si mettono in atto all’interno delle mura domestiche sono tante, e la violenza fisica è quella più palese. Le donne tentano di nascondere, magari con il fondotinta, i segni delle percosse. Vi è un altro tipo di violenza, psicologica e più profonda, paragonabile alla goccia che scava la roccia, e cioè quella che va a minare l’autostima di una donna, il motivo stesso che la conduce al nostro Centro anti violenza per raccontarci che è una donna che non vale niente, che ha sbagliato tutto nella vita, che non è una buona madre, una buona moglie, e che forse, quelle stesse percosse, quelle stesse parole ingiuriose usate contro di lei s’è le è meritate. Queste sono le prime vittime di femminicidio. Al di fuori delle mura domestiche troviamo donne che dopo aver preso coscienza della propria situazione hanno il coraggio di raccontare. Attraverso il racconto si riesce a rielaborare la sofferenza e a prendere una decisione molto difficile, nel momento in cui vi sono anche figli, andando incontro al pregiudizio prima e al giudizio dopo, quella di abbandonare l’uomo violento. Un uomo che non sempre accetta di essere abbandonato, e decide, secondo un princìpio di possessività, di porre fine alla relazione. I casi ci parlano talvolta di un ‘ultimo appuntamento’, un ultimo incontro con il partner violento, dove le donne trovano la morte“.
Il reato di atti persecutori, il cosiddetto ‘stalking’, è stato introdotto nel codice penale Italiano all’articolo 612-bis nel 2009 ed è stato modificato dal decreto-legge anti-femminicidio nel 2013. Nel 2011 i casi di stalking denunciati in Italia sono 9.027, 10.523 nel 2012, 12.583 nel 2013, 12.446 nel 2014, 11.758 nel 2015, 13.117 nel 2016. Tra gennaio e settembre del 2016 le vittime di sesso femminile sono state 10.067 (con un incidenza delle donne sul totale delle vittime del 73,71%), mentre tra gennaio e settembre del 2017 sono state 8.480 (il 72,60%). Cosa spinge una donna a rivolgersi alle autorità per sporgere denuncia? Quali sono le paure, le preoccupazioni?
“Lo stalking è diventato reato di recente. Potremmo definirlo come la conseguenza di una relazione malata. I due attori coinvolti sono lo stalker che pone in atto una serie di molestie continuative e la vittima, come i numeri ci confermano, è spesso la ex partner. Il 35% di atti di violenza sono preceduti da prodromi di stalking. Le donne decidono di sporgere denuncia nel momento in cui vedono in pericolo soprattutto la vita dei loro figli. La donna può rivolgersi allo sportello anti stalking raccontando le sue ansie, le sue paure, i suoi timori, la sua depressione, tutto ciò che desumiamo dalla legge che definisce e punisce lo stalking. La donna conosce i rischi derivanti dal denunciare l’ex partner. L’invito che noi facciamo alle Forze dell’Ordine, nel momento in cui una donna presenta denuncia per un caso di stalking, allorquando la situazione non sia effettivamente grave, è quella di inviarla al nostro sportello. Le operatrici del nostro Centro possiedono gli strumenti per fronteggiare determinate situazioni e rendere la donna consapevole della situazione in cui si trova, dell’effettivo pericolo che corre, fornendole l’aiuto che le sarà utile nel momento in cui si dovesse arrivare alle vie legali; strategie che le serviranno per un eventuale iter processuale“.
Presso il vostro Centro, il primo sportello di stalking a livello nazionale. Può esporci, nel dettaglio, il tipo di servizio che offrite?
“La formazione sullo stalking è iniziata antecedentemente alla legge, così come la nascita dello sportello stesso, avvenuta nel 2006. Nel 2009 – e sono fiera del nostro contributo, nell’ottica di promulgazione delle leggi stesse in materia, che è stato fondamentale – è nata una legge che ha permesso alle donne di denunciare. Offriamo un primo ascolto, operiamo uno screening del caso, informiamo la donna circa i suoi diritti e sui possibili strumenti dei quali possono avvalersi, quali la querela, la denuncia, ma ancor prima l’ammonimento al questore: fondamentale nella redazione minuziosa degli atti di stalking. Per questo consigliamo alle donne di tenere un diario nel quale annotare tutti gli atti che ritiene persecutori nei suoi confronti. La legge prevede l’arresto immediato, per lo stalker colto in flagranza di reato. A questo proposito è molto importante il supporto delle Forze dell’Ordine con le quali collaboriamo“.
Daniele Fronteddu