Parte “Maria di Isili”, il nuovo progetto triennale che ruota attorno all’omonimo romanzo di Cristian Mannu, vincitore del Premio Calvino 2015.
Cos’hanno in comune i Camminanti Siciliani, i calderai di Tramonti nel Friuli e gli abitanti della piccola comunità di Isili, in Sardegna? Strano a dirsi ma ciò che li unisce è l’origine del gergo locale. A partire dal 1500 in Italia iniziarono a giungere gruppi di etnia Rom, al nord via Venezia, provenienti da Corfù. Erano particolarmente abili nella lavorazione del rame e dei metalli. E tra loro parlavano un’incomprensibile lingua che si è tramandata nei secoli giungendo fino a noi in alcune piccole comunità del territorio italiano. A Isili, poco più di 2500 abitanti a un’ora da Cagliari, questa parlata è nota come S’Arbaresca o Sa Romaniska e ancora viene usata dai pochi ramai ancora in attività nel paese. E sono proprio loro e le donne dedite alla tessitura, i protagonisti di una residenza d’artista che trasformerà il piccolo centro in un set teatrale e cinematografico.Si chiama Maria di Isili il nuovo progetto triennale di residenza artistica dell’associazioneLa Fabbrica Illuminata,che ruota attorno alla pubblicazione dell’omonimo romanzo di Cristian Mannu, vincitore del Premio Calvino 2015, il più importante riconoscimento nazionale per le opere prime.
L’intero paese di Isili (2.659 abitanti) è al centro di conferenze, workshop, seminari, laboratori preparatori per uno spettacolo teatrale diretto da Marco Parodi e che accanto a attori professionisti coinvolgerà gli stessi abitanti del paese. Lo spettacolo sarà allestito a conclusione del triennio grazie anche alla collaborazione con il regista cinematografico Enrico Pau e dell’attore Pino Micol.
Il progetto arriva dopo che l’associazione cagliaritana, diretta dal regista Marco Parodi, aveva lavorato negli anni scorsi ad altre residenze artistiche su opere significative della cultura sarda, a Sarroch per La Giustizia di Giuseppe Dessì e per Su Isclavamentudel Canonico DeloguIbba, e dopo aver lavorato su autori come Sergio Atzeni (presentato alla Biennale di Venezia), Giulio Angioni, Michelangelo Pira.
Un esordio straordinario, quello di Cristian Mannu, per il quale l’autore adotta la forma del monologo, costruendo una polifonia di voci, affidando ad ognuna di esse il compito di sviluppare l’ordito narrativo, con un sorprendente respiro poetico capace di punte visionarie da narratore di classe. Il romanzo, ambientato nel piccolo centro di Isili, terra di ramai e di tessitori, si sposta e si sviluppa in seguito nella Cagliari del primo dopoguerra, raccontando le vicissitudini di una donna, Maria, capace di pagare un prezzo altissimo per essersi ribellata alle convenzioni sociali, sullo sfondo di una Sardegna arcaica, affollata di vagabondi, “accabadore”, figli “burdi”, eventi sanguinosi, segreti indicibili.
La struttura a monologhi del libro lo rende naturalmente adatto alla versione teatrale che sarà realizzata con la regia di Marco Parodi, alternando le varie voci, spezzettando la trama in tanti segmenti autonomi, fino a ricomporre un mosaico unitario. Maria di Isili intende dunque inserirsi in questo contesto, riportando in primo piano due importanti tradizioni artigiane locali: la lavorazione dei manufatti in rame e la realizzazione di prodotti tessili. Entrambe esistono ad Isili da centinaia di anni ed interessano, la prima esclusivamente l’universo maschile, la seconda esclusivamente quello femminile. Secondo alcuni, la lavorazione del rame, sopravvissuta nell’isola soltanto ad Isili, avrebbe origine zingara o ebraica. Nell’economia della Sardegna, basata quasi esclusivamente sull’agricoltura e sulla pastorizia, i manufatti in rame erano indispensabili per la lavorazione del formaggio e nella vita domestica e dovunque infatti i rivenditori isilesi li hanno diffusi nel corso dei secoli. La produzione dei manufatti tessili incominciava dalla pettinatura e filatura della lana. Quasi tutte le case di Isili avevano un telaio e le ragazze, fin da piccole imparavano a tessere. Viaggiando talvolta insieme al rame i loro prodotti si diffusero e acquistarono fama in tutta la Sardegna. Entrambe le tradizioni artigiane hanno conservato inalterate le loro caratteristiche, attraverso la trasmissione familiare del mestiere.
Il romanzo di Mannu ci ripropone frammenti di un gergo che finora era rimasto all’ombra delle ricerche linguistiche, l’Arbaresca, (“Sa Romanisca”), il gergo dei ramai. Un gergo che getta limpida luce sull’origine degli Zingari-Ramai nel Mediterraneo, in Europa, in Asia, ed è considerato il sistema linguistico più antico della Sardegna e del Mediterraneo e che ancora oggi trova corrispondenze in Friuli così come in Sicilia o Calabria.
L’aspetto peculiare del progetto consiste nella possibilità di stabilire un collegamento tematico con quella comunità, famosa per la cultura del rame, introdotta da un gruppo di emigrati di origine Rom. E anche se l’attività dei “ramai” col tempo si è quasi azzerata, rimangono in paese tracce di quell’artigianato sapiente, a partire da un Museo del Rame.