Il talento istrionico di Paolo Rossi e l’arte di Molière ne “Il re anarchico e i fuorilegge di Versailles – Quinta Stagione” – in tournée nell’Isola sotto le insegne del CeDAC per la Stagione 2018-2019 de La Grande Prosa nell’ambito del Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna.
La pièce incentrata sul viaggio di una compagnia di artisti italiani verso la famosa reggia del “Re Sole” – pretesto per invenzioni e giochi d’improvvisazione – ha debuttato in prima regionale IERI (sabato 1 dicembre) alle 20.45 al Teatro Centrale di Carbonia (fuori abbonamento), mentre STASERA (domenica 2 dicembre) alle 21 inaugurerà la Stagione del CeDAC al Teatro Comunale di San Gavino Monreale e DOMANI (lunedì 3 dicembre) alle 21 aprirà il cartellone al Padiglione Tamuli delle ex Caserme Mura di Macomer. Infine martedì 4 dicembre alle 21 approderà al Teatro del Carmine di Tempio Pausania per un evento (fuori abbonamento) preludio all’intrigante stagione de La Grande Prosa e Danza 2018-2019.Quattro repliche per un’opera originale che cambia e si trasforma di sera in sera e che – dopo la fortunata “Recita di Versailles” e il coinvolgente e istruttivo divertissement di “Stasera si recita Molière” – prende ancora spunto dalla vita e dai capolavori del grande commediografo francese per mettere in risalto il contrasto tra i potenti e gli emarginati, tra chi siede ai vertici della scala sociale e chi occupa gli infimi gradini – come tra lo sfarzo di una corte dove tutti indossano delle maschere e la quotidiana lotta per la sopravvivenza e l’incerto domani di coloro che ogni giorno devono cercare di sedurre e conquistare il pubblico e si affidano alla propria arte per far sorridere e pensare.
“Il re anarchico e i fuorilegge di Versailles” è un raffinato congegno metateatrale concepito come un concerto, con spirito jazzistico, in un sapiente alternarsi di virtuosistici assoli e interazioni tra interpreti e pubblico, con un “canovaccio” intessuto di scene e monologhi teatrali su cui si innestano le variazioni, così che lo spettacolo, a dispetto della sua rigorosa architettura, non sarà mai uguale a se stesso, ma in costante evoluzione: dunque un evento irripetibile con tutta la freschezza e “verità” di quel che succede “hic et nunc”, e il piacere della sorpresa.
Una sfida continua, che richiede una speciale cura e attenzione e un reciproco ascolto da parte degli interpreti per non perdere il filo e il ritmo della narrazione, senza scadere in derive pericolose implicite nell’ironia della commedia che “castigat ridendo mores”, e quindi riflette vizi e (rare) virtù in un vivace, godibile ma anche crudele affresco della società. Una pièce attualissima che affronta temi cruciali in una chiave fantastica, quasi come la trama di un sogno, nonché ludica e per certi versi profetica, ovvero, per dirla con Paolo Rossi: «non è teatro di cronaca né di memoria, bensì un teatro che immagina il passato per ricordarsi il futuro che ci aspetta».
“Il re anarchico e i fuorilegge di Versailles” – ricorda l’attore e regista fruliano, milanese d’adozione – è «un varietà onirico, patafisico, metafisico, direi meglio, surreale ma a tempo inverso» in cui s’intrecciano frammenti di classici e creazioni estemporanee, dialoghi irresistibili e azioni stravaganti a tempo di musica. Sotto i riflettori, insieme a Paolo Rossi nel ruolo di un moderno capocomico che “dirige” l’ensemble e presta volto e voce ai personaggi con la consueta vis comica, la “bella compagnia” formata da Renato Avallone, Marianna Folli, Marco Ripoldi e Chiara Tomei accanto a Francesca Astrei e Caterina Gabanella, con la colonna sonora eseguita dal vivo da Emanuele Dell’Aquila e Alex Orciari.
Focus sulla figura di Jean-Baptiste Poquelin – in arte Molière – straordinario autore e attore teatrale dall’intensa e – soprattutto agli inizi – movimentata carriera, capace di disegnare caratteri complessi ed emblematici, indagando i meccanismi della mente umana e le imprevedibili ragioni del cuore per mettere in scena i difetti, le debolezze, le migliori come le peggiori inclinazioni, fin quasi alle estreme conseguenze come nel “Tartufo”, “Il Misantropo” e “L’Avaro”. Le commedie di Molière riflettono con un’ironia sottile che sconfina nella farsa e nella satira le contraddizioni della società, l’ipocrisia, ovvero la falsa rettitudine che cela oscuri impulsi, ma anche la gelosia, la saccenza e l’arroganza, la vanità dei parvenus e la pericolosa ingenuità di chi troppo facilmente si lascia (con)vincere dall’adulazione. Nella Francia di Luigi XIV la forza “eversiva” e provocatoria delle opere di Molière suscitò reazioni a volte feroci, la rappresentazione di delicate questioni etiche e morali – dall’educazione delle fanciulle alla vacuità dei riti mondani, ai contrasti fra le generazioni, in una sorta di catalogo delle umane passioni – toccava corde sensibili e aspetti controversi, nel sottile equilibrio dei poteri in seno alla monarchia.
“Il re anarchico e i fuorilegge di Versailles” – sulle tracce di Molière e degli antichi comici dell’arte – riscopre (o riscrive) le regole del “teatro all’improvviso” tra rigore e libertà d’espressione, dando spazio all’immaginazione dove, come ricorda Paolo Rossi: «il re anarchico non è il cattivo maestro che insegna il disordine ma colui che conosce e sa governare le regole del caos».