Fervicredo e il procuratore Manzini ieri nelle scuole di Mestre: “Il potere delle parole contro la criminalità organizzata”.
La legge della criminalità organizzata è la legge del silenzio, ma girarsi dall’altra parte non si può. Una coscienza civile vera e forte impone di tenere comportamenti con essa coerenti, perché il cambiamento che noi vogliamo passa per il nostro coraggio di rendere normale il rifiuto dell’illegalità, attraverso la denuncia.È questo il messaggio netto, forte, chiaro, che è stato lanciato oggi agli studenti dell’Istituto superiore “Bruno – Franchetti” di Mestre, nel corso dei due incontri che si sono tenuti nelle due rispettive sedi scolastiche – organizzati dall’Associazione Fervicredo(Feriti e Vittime della criminalità e del Dovere) – con il procuratore aggiunto della Procura di Cosenza, Marisa Manzini.
Al tavolo dei due appuntamenti densi di significato anche Antonio Serraino, Segretario provinciale Fsp Polizia di Venezia – partner dell’iniziativa -, e Giorgio d’Este, assessore alla Sicurezza del Comune di Venezia, che ha portato i saluti dell’Amministrazione. In platea, fra i numerosi studenti accompagnati dai loro insegnanti, anche il dirigente del Commissariato di Mestre, vice questore aggiunto Giampaolo Palmieri, e il comandante della Compagnia carabinieri di Mestre, capitano Andrea Miggiano.
“C’è una cosa che spicca, oggi, accanto al significato negativo del termine silenzio inteso come regola imposta da un antistato a cui dobbiamo ribellarci – ha efficacemente rilevato d’Este -, ed è la ricchezza che deriva dalla conoscenza di un fenomeno che assomiglia a un cancro, e che dobbiamo saper identificare per poterlo combattere. Una cosa per cui tutti dobbiamo lavorare, e per la quale soprattutto dobbiamo dire grazie a magistrati come la dottoressa Manzini e alle Forze dell’ordine, perché ci vuole un gran coraggio a impegnarsi tanto per la sicurezza altrui a tutti i livelli”.
E proprio la volontà di diffondere la conoscenza di fenomeni criminali solo apparentemente lontani da una realtà come quella del nord Italia, e del Veneto in particolare, è stato l’altro motivo ispiratore degli incontri “perché – ha voluto rimarcare Serraino – il fenomeno della criminalità organizzata è in realtà vicino a noi in mille modi e in mille cose, anche quelle più vicine ai giovani, come il dilagante fenomeno dello spaccio di droga, via via fino ad altri ambiti, come l’inquinamento delle attività commerciali, la gestione illecita dei rifiuti, la piaga del riciclaggio, e molto altro ancora. È un fenomeno ormai giunto prepotentemente al Nord, e tutti siamo chiamati nel nostro piccolo a combatterlo”.
“La realtà del Veneto, del resto, è stata purtroppo segnata già in passato da fenomeni di feroce violenza che l’hanno resa, assieme alla Sicilia, la regione che ha pagato il più altro tributo di morti e feriti Vittime del Dovere in Italia– ha rimarcato Mirko Schio, Presidente di Fervicredo, che ha dettagliatamente raccontato ai ragazzi di come sia rimasto egli stesso Vittima del Dovere a seguito di un conflitto a fuoco che lo ha coinvolto da giovane agente scelto di Polizia, a soli23 anni -. Ma se di quel che è stato in passato la società ha maggiore contezza, e noi battiamo insistentemente su questo perché da sempre ci impegniamo ad essere ‘testimoni della memoria’, anche ciò che ai giorni nostri minaccia la vita democratica, libera e civile del nostro territorio non può essere sottovalutato. Ed è altrettanto importante che soprattutto nei giovani si sviluppi una chiara presa di coscienza di quale sia la parte da cui stare, con conseguenti scelte nette, coerenti e responsabili, nelle piccole come nelle grandi cose. Perché tutto incide sul proprio futuro, perché nulla è impossibile, e soprattutto perché c’è sempre un modo per fare correttamente la propria parte”.
Un modo di fare la propria parte che deve tradursi nel coraggio di tenere fede alla propria coscienza, alla propria volontà di migliorare le cose, per sé stessi e per gli altri. Un modo di fare la propria parte che in terra di ‘ndrangheta come altrove significa denunciare, perché la criminalità sopravvive grazie al silenzio.
“Ed ecco perché ho deciso di scrivere un libro che parli del potere delle parole contro la ‘ndrangheta – ha detto il procuratore Manzini spiegando il contenuto del suo volume ‘Fai silenzio caparrasti assai’ -. L’ho deciso quando uno dei boss più potenti della ‘ndrangheta durante un processo mi ha urlato più e più volte quella frase, che vuol dire ‘zitta che hai parlato troppo’. Un messaggio per me, ma anche per tutta l’aula e per tutti quelli che c’erano fuori, un messaggio per rimarcare ‘qui comando ancora io e io pretendo il silenzio’. Una sfida arrogante e sfrontata allo Stato in un’aula di giustizia, un affronto mai avvenuto in passato, che mi ha segnata profondamente e mi ha fatto pensare che era mio dovere, come cittadina e come magistrato, dare a tutti il messaggio opposto. Parlare, parlare e parlare, denunciare e difendere i propri diritti e la libertà. Fidarsi dello Stato, delle Forze dell’ordine e della magistratura, e saper fare scelte di campo senza indugi. E oggi parlo a voi perché la vostra terra non è esente dall’invadenza della criminalità organizzata, con cui potreste trovarvi faccia a faccia vostro malgrado, e dovete essere pronti a riconoscerla, per poterla respingere, perché è l’unione che fa la forza”.
E il magistrato ha trovato un modo efficacissimo per diffondere questo messaggio, attraverso storie di esperienze vissute, racconti delle vite di testimoni e collaboratori di giustizia che hanno segnato la storia della ‘ndrangheta. Squarci vividi della ferocia di una criminalità organizzata che ha travolto e sfigurato esistenze, ma che tanto hanno da insegnare sul coraggio e sulla lotta nel disperato tentativo di riappropriarsi della propria libertà. Spaccati da brivido di una realtà che il procuratore ha illustrato ai ragazzi, i cui volti attoniti, seri e innocenti hanno restituito una certezza, di certe cose bisogna parlare di più.