Contestualmente alla cerimonia di premiazione del 2° Contest dell’Associazione Culturale Fotografica Dyaphrama di Oristano, che aveva per tema “Inno alla gioia”, giovedì 13 dicembre, c’è stata anche l’inaugurazione della mostra delle opere che hanno partecipato al concorso.
L’evento si è svolto nella sala conferenze Librid in piazza Eleonora ad Oristano, di fronte ad un numeroso pubblico, intervenuto per conoscere l’identità dei tre vincitori del concorso fotografico. La mostra resterà aperta sino a domani 16 dicembre e chiunque la visiti potrà votare il progetto preferito e concorrere per vincere un servizio fotografico che l’associazione ha messo in palio.
La giuria tecnica era composta da Daniela e Francesca Manca, sorelle e duo artistico, nate ad Oristano dove hanno frequentato l’Istituto Statale d’Arte Carlo Contini, con studi studi artistici prima all’Accademia di Belle arti di Brera e successivamente al Politecnico di Milano. I loro interessi si sono rivolti, in modo particolare, alle relazioni tra arti visive e il mondo della progettazione, che a metà tra arte e design, la progettazione creativa si fonde con la creatività pensata, calibrata, al fine di regalare nuove visioni e suggerire nuovi modi di percepire la realtà che ci circonda. Per questo, esiste una forma di progettualità estetica ma non meramente tale, poiché la bellezza della forma è solo la scocca di una bellissima funzione. Nelle loro opere cercano di dare forma alla poesia attraverso una continua ricerca di natura poliedrica. Hanno presentato il loro lavoro di artiste in esposizioni collettive e hanno curato come progettiste allestimenti di mostre in importanti istituzioni pubbliche
Il Primo premio, è stato assegnato all’opera “ Il Circo” di Francesca Bonanno, con la seguente motivazione: “L’autore è riuscito attraverso la sua ricerca fotografica a restituire un senso più nascosto della gioia, riuscendo a non banalizzare il tema attraverso un linguaggio segreto ed emozionale. Frammenti narrativi di gioia che parlano di meraviglia, minuzie invisibili agli occhi comuni, capaci di scorgere il sottile punto di incontro tra la gioia generata dallo stupore e l’inquietudine di un mondo effimero. Una gioia evanescente, impalpabile, precaria si concretizza e diviene reale attraverso questi scatti, riuscendo a catturare il senso della gioia che gioia non è. E’ riuscito a congelare bellezza e meraviglia attraverso piccole visioni, oniriche e al contempo concrete dove può volare libera la fantasia. Animali giganti di plastica, clown, giocolieri rappresentano meraviglie fragili che si consumano nell’arco di uno spettacolo. L’autore dell’opera è riuscito ad aprire i suoi e i nostri occhi allo stupore della gioia con la forza di un bimbo e la saggezza di un uomo che capisce che la vita può anche esser sogno e bisogna godersi attimi di gioia effimera, capaci di generare una sensazione insolita ed inattesa di soddisfazione e completezza”.
Il Secondo premio, è andato all’opera “Io sono Davide” di Daniela Mancastroppa, con la seguente motivazione: “Per l’interazione tra opera e osservatore e per la capacità di restituire il senso della gioia attraverso il ribaltamento del punto di vista. Di fronte a questo lavoro fotografico siamo sollecitati a guardare con gli occhi, con il pensiero e con il corpo, e a metterci in ascolto. Veniamo chiamati alla scoperta del non “mostrato”, del “non detto”; e riceviamo come premio la meraviglia per aver compreso il senso della vita, fatto di cose semplici. Un lavoro compiuto ma al tempo stesso in continua evoluzione che ci permette di guardare con occhi nuovi e di evocare una realtà non scissa dal nostro quotidiano. Queste fotografie si presentano come frammenti senza data. E’ una ricerca di attimi che l’autore ha composto secondo un filo narratore nel quale momenti di vita quotidiana ci raccontano la visione di Davide. Una narrazione fotografica composta in un bianco e nero in cui il punto di vista non è più quello dell’autore ma diviene quello del soggetto quasi a voler portare lo spettatore all’interno del racconto e rendere l’emozione della gioia palpabile attraverso lo sguardo del soggetto rappresentato”.
Il Terzo premio, se l’è aggiudicato l’opera “Come un prisma” di Margherita Caocci, con la seguente motivazione: “Per aver dato forma alla gioia e per essersi interrogato sul senso della gioia, attraverso un racconto fotografico fatto di frammenti immateriali. Briciole di vita, superfici geometriche, spezzoni di materia usurati dal tempo. L’autore mescola i più minuti frammenti del mondo visibile che ci circonda a trasparenze fatte di luce. Dimostra che nella fotografia come nelle vita nulla può definirsi banale: il fatto stesso di esistere esclude la banalità. L’autore ci fa riflettere su un processo che porta a galla il senso di qualcosa per il fatto stesso che questo qualcosa viene fotografato. Per l’autore la fotografia incarna un modo per estrarre la voce delle cose che ci circondano. Il senso della vita che viene vissuta, del tempo che passa e non torna indietro. C’è qualcosa di freddo e leggermente doloroso in questo modo di sentire la gioia presente ma pronta a fuggire via, come un bagliore, frammento dopo frammento e visione dopo visione in un libero flusso di immagini”.
Una menzione d’onore, è andata ad una lavoro senza titolo di Francesco Manunta.