Questo il programma:
VILLA VERDE 30.01.2019 Sala Consiliare h.10 per le scuole / h.17,30
SERRAMANNA 31.01.2019 Sala Conferenze Vico Mossa h. 10 per le scuole / h. 18,00
ORISTANO 01.02.2019 Centro servizi culturali h. 10,30 per le scuole / h. 18,00
L’autore dell’opera, Bruno Maida, è ricercatore di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino. Tra i suoi libri ricordiamo: Il futuro spezzato. Il nazismo contro i bambini (con Lidia Beccaria Rolfi, La Giuntina 1997); Dal ghetto alla città. Gli ebrei torinesi nel secondo Ottocento (Zamorani 2001); Prigionieri della memoria. Storia di due stragi della Liberazione Angeli 2002 (premio Ettore Gallo, 2005); La stampa del regime. Le veline del Minculpop per orientare l’informazione (con Nicola Tranfaglia) Bompiani 2005; Artigiani nella città dell’industria. La Cna a Torino 1946-2006 (Edizioni Seb27 2007); Non si è mai ex deportati. Una biografia di Lidia Beccaria Rolfi (Utet 2008); La Shoah dei bambini. La persecuzione dell’infanzia ebraica in Italia (1938-1945) (Einaudi 2013), Auschwitz e la Shoah. Storia per immagini dell’olocausto (1933-1945) (Edizioni del Capricorno 2015), L’ infanzia nelle guerre del Novecento (Einaudi 2017).
La Shoa dei bambini, è la storia della persecuzione anti ebraica attuata dal fascismo tra il 1938 e il 1945 ci è ormai ben nota, ma raramente ci si è soffermati a riflettere su cosa abbiano significato quei tragici sette anni per i bambini italiani. Per i bambini «ariani», cresciuti nell’educazione al razzismo e alla guerra, e, soprattutto, per i bambini ebrei, allontanati da scuola, testimoni impotenti della progressiva emarginazione sociale e lavorativa dei genitori, quando non della distruzione e dell’eliminazione fisica della propria famiglia. Da questa prospettiva – peculiare, e tuttavia indispensabile per comprendere l’essenza di una persecuzione razziale, dunque fondata propriamente sulla nascita – la storia che abbiamo alle spalle assume nuovi significati e stratificazioni. Il regime fascista iniziò ad attuare la discriminazione proprio dal mondo della scuola, e i bambini ebrei – prima espulsi, poi separati, esclusi ed infine internati – furono vittime tra le vittime. Una parte di essi fu poi deportata, gli altri dovettero fuggire e nascondersi per molti mesi. Bruno Maida ne ripercorrerà la storia attraverso i progressivi stadi della persecuzione, attento a cogliere non solo lo sguardo che l’infanzia ebbe di fronte al turbinio dei fatti, ma la portata politica di una ferita impossibile da sanare, se non, forse, in un profondo tentativo di comprensione.
L’infanzia nelle guerre del Novecento. Benché rimangano le vittime principali, i bambini diventano al contempo veri e propri attori dei conflitti armati. È un processo progressivo e differenziato a livello mondiale sul piano dei tempi, della geografia, delle dimensioni e delle caratteristiche stesse delle guerre, da quelle di massa della prima metà del Novecento a quelle locali, fino ai conflitti asimmetrici post novecenteschi. Bruno Maida intende raccontare quelle vicende, ponendo una particolare attenzione ad alcuni temi specifici: la legislazione internazionale per la protezione dei bambini nelle guerre, che si è però accompagnata a un loro crescente coinvolgimento; il trauma e la resilienza, attraverso i quali i bambini si rivelano non semplici soggetti passivi bensí persone capaci di profonda rielaborazione e adattamento; i linguaggi per raccontare quelle esperienze, dalle parole ai giochi ai disegni. Nei disegni di guerra fatti dai bambini le strade sono molto rare e non collegano mai due luoghi. Tutto si riduce a un punto dove c’è il corpo senza vita di qualcuno oppure un veicolo brucia. Metafora di una vita sospesa, l’assenza di strade rinvia alla responsabilità degli adulti che devono costruirle e aiutare i bambini a ritrovarle. La guerra è una frattura profonda nella vita di chi ne faccia esperienza, condiziona i comportamenti successivi, sedimenta le memorie che si radicano nell’identità. Lo è ancora di piú per l’infanzia per la quale, nella stratificazione delle diverse età che la compongono, la guerra coincide con il tempo della formazione, della definizione di se stessa, della costruzione di un proprio sguardo sul mondo. Che siano stati mobilitati, resi protagonisti passivi o attivi della violenza, colpiti da traumi e perdite, rimasti soli oppure, al contrario, attraversino il tempo della guerra protetti e non invasi dagli effetti piú laceranti, i bambini sono stati in ogni caso sempre piú coinvolti e condizionati dai conflitti armati del Novecento e gettati sulla scena fino a trasformarsi, nella seconda metà del secolo, in veri e propri combattenti. E ciò è accaduto all’interno di un paradosso: all’affermarsi e al diffondersi di un sistema di protezioni nazionali e internazionali per i civili nei contesti di guerra, con un’attenzione specifica nei confronti dei bambini, è corrisposto un progressivo e crescente coinvolgimento diretto e indiretto dell’infanzia.