Più si espande il raggio d’azione, più Agitamus inorgoglisce i suoi attori protagonisti, dalle cattedre ai banchi di scuola
Agitamus a Porto Torres. Alunni consapevoli e maturi in un microcosmo che mira alla parità.
E non poteva essere così per le scuole primarie (elementari) e secondarie (media) facenti capo all’Istituto Comprensivo n. 2 di Porto Torres che nella primavera 2018 scorso hanno portato a battesimo un’idea originale e trainante appoggiata in toto dal Comitato Italiano Paralimpico Sardegna.
Atleti con disabilità e alunni continuano ad interagire strettamente, con i primi che raccontano tutti lati della loro vita e i secondi, apprese le dinamiche sportive dei loro singolari insegnanti, provano a capire con la pratica cosa voglia dire affrontare le discipline senza l’ausilio completo del proprio fisico.
Un aspetto fondamentale che non impedisce di imprimere bellezza e straordinarietà ai gesti atletici di chi li prova quotidianamente con grandi sacrifici.
Durante le giornate turritane tutte le figure cardine del progetto hanno dato il loro apporto, a partire dall’ideatore e psicologo dello sport Manolo Cattari, coadiuvato dalla immancabile factotum Monica Pirina, e con l’importante apporto esterno di Marco Pinna, referente Cip per le scuole. Tutti e tre si sono tuffati in un ambiente già conosciuto, pur sapendo che replicare un successo non è mai facile.
Ma gli autentici protagonisti dei moduli previsti da Agitamus sono stati i campioni paralimpici: a rappresentare la disabilità fisica ci hanno pensato i forti cestisti in carrozzina dello GSD Porto Torres; l’istruttore della società di nuoto Progetto Albatross Giorgio Bolognini ha invece interpretato il modulo riservato alla disabilità intellettivo relazionale. Infine la danzatrice non vedente Roberta Pinna, che fa coppia fissa con la sorella più piccola Eleonora, si è messa allegramente in discussione nell’appendice dedicata alla disabilità sensoriale, grazie anche al prezioso contributo della loro allenatrice Cristina Resta (vedere intervista in basso).
Le attività proposte sono servite agli allievi della scuola secondaria di primo grado ad affinare il loro senso di responsabilità nei confronti dei compagni della primaria a cui dovevano spiegare le dinamiche delle tre discipline paralimpiche.
Il commissario straordinario del CIP Sardegna Paolo Poddighe è ampiamente felice della dimensione che il progetto ha assunto in varie località dell’isola: Quartu S. Elena, Santulussurgiu, Sassari, Nuoro e Porto Torres. “In ciascuna di queste sedi organizzeremo dei convegni esaustivi sui frutti che Agitamus ha maturato negli ultimi mesi – ha spiegato Poddighe – e sono parecchio lusingato perché anche la Direzione Scolastica regionale e l’Ordine Regionale degli Psicologi ha espresso particolari consensi sull’utilità innovativa del format. Credo che di questo passo Agitamus possa diventare realtà anche in altre regioni italiane”.
LETIZIA FADDA HA A CUORE LE DINAMICHE INCLUSIVE TRA STUDENTI
Dall’Istituto Comprensivo di Porto Torres la dirigente scolastica M. Letizia Fadda dichiara di aver seguito il progetto Agitamus con vivo interesse sin dalle sue primissime fasi, risalenti ormai ad un anno fa. E da allora l’ammirazione per ciò che docenti e alunni sono stati capaci di realizzare è sempre in crescita. Questo perché da anni “l’obiettivo inclusione” è alla base dell’offerta formativa dell’istituto comprensivo turritano. “Già in precedenza abbiamo collaborato con l’Associazione Albatross – spiega Letizia Fadda – intenti a condividere attività sportive sociali con gli atleti paralimpici che hanno destato tanta ammirazione per le loro abilità straordinarie”.
Che idea si è fatta fino ad oggi?
Ritengo il progetto Agitamus un percorso pratico e diretto differente da altri, perché propone attività concrete, portate avanti non con teorizzazioni ma attraverso esperienze sul campo che i ragazzi vivono in prima persona potendole sperimentare nel vissuto quotidiano, valorizzando anche le risorse del territorio. Mi piacerebbe che Agitamus avesse una dimensione europea, utile a capire come ci si approccia su un argomento così importante in Paesi e culture diverse”.
Ha notato differenze con la precedente edizione di Agitamus?
Ora il progetto ha acquisito una dimensione regionale e si vede. Ad ottobre alcune nostre classi hanno partecipato alla Giornata Regionale dello Sport Paralimpico di Nuoro. I ragazzi si sono resi conto che il piacere di interagire con le persone disabili non appartiene semplicemente alla loro realtà, ma a contesti diversi e che in tutto il mondo esistono dinamiche molto simili.
Viene sviluppato maggiormente anche il concetto di empatia..
Si. Sono d’accordo. Agitamus sta potenziando il lavoro sulla valorizzazione delle tematiche paritarie e inclusive; aspetto importantissimo, perché in un mondo dove affiorano sempre di più le intolleranze, diventa indispensabile formare cittadini che non facciano differenze. Rapportandosi al mondo paralimpico lo vedranno come un potenziale, una risorsa. Agitamus è fondamentale perché accresce la coscienza del sé, favorisce l’immedesimazione nelle condizioni dell’altro, accogliendolo e valorizzandone le caratteristiche.
Quali sono state le sue sensazioni personali?
Ho partecipato a vari incontri, osservando gli studenti che interagivano con Manolo Cattari. Li ho visti mentre sperimentavano le dinamiche di tipo empatico. Ho assistito al lavoro svolto sia dalla classe primaria, sia dai ragazzini della secondaria di primo grado con gli atleti del basket in carrozzina e le due danzatrici sportive. I paralimpici hanno fatto vivere un’esperienza fantastica ai nostri alunni. Tutte le attività si basavano sulla fiducia verso l’altro e in una di queste, bendati, hanno imparato a fidarsi dei loro compagni attraverso specifici giochi motori.
I discenti hanno manifestato tanta curiosità nei confronti degli atleti..
Sottoponendoli a domande di ogni tipo, gli alunni hanno percepito una realtà che per loro era molto lontana. In un mese e mezzo di lavoro ho potuto constatare, confrontandomi con i docenti, un loro cambiamento: ora ascoltano con più attenzione, sono più disposti ad aiutare l’altro e ad accoglierlo. Hanno espresso sorpresa ma talvolta anche dispiacere; ciò li ha portati a riflettere su quale sia la loro parte attiva nella vita di tutti i giorni nei confronti della disabilità. Ora avvertono l’importanza di accogliere e trattare bene chiunque, benché portatori di valori e culture differenti.
ROBERTA, CRISTINA ED ELEONORA: TRE DONNE CHE FANNO DEL BENE AL PARALIMPISMO
Anche in Sardegna la danza paralimpica prende sempre più consapevolezza delle proprie potenzialità. I piccoli allievi di Porto Torres e dintorni hanno potuto ammirare le spettacolari coreografie offerte dall’oschirese Roberta Pinna che si esibisce in coppia con la sorella Eleonora. Sono cresciute sportivamente ad Ozieri, seguite attentamente da Cristina Resta, insegnante di riferimento e fondatrice della DanceOzieri Academy dove si pratica di tutto (danza moderna, danza latino americana, danza contemporanea).
Cristina ha esperienza da vendere: da atleta ha conquistato vari titoli regionali, partecipando anche a finali nazionali.
La sua è stata una carriera breve ma intensa, nella quale ha preso subito confidenza con le classi alte, saltando i passaggi delle fasi inferiori. Quello della danza moderna è un percorso che l’accompagna da quando era piccina, mentre è dal 2000 che ha coltivato la passione per samba, cha cha, rumba, paso doble e jive. In questa veste ha avuto modo di gareggiare in competizioni internazionali, passando dalla classe A1 al professionismo.
Madre di due figli, si è poi cimentata con profitto nell’insegnamento a 360° instradando i suoi allievi verso vari tipi di danza. “E’ bellissimo spaziare da un genere all’altro – ha dichiarato Cristina – ed è quello che sto facendo provare a Roberta ed Eleonora”.
All’interno della FIDS (Federazione Italiana Danza Sportiva) Sardegna presiede la Commissione Danze Paralimpiche. “Venendo da me Roberta mi ha fatto un regalo – continua l’allenatrice logudorese – perché ho avuto la possibilità di seguire un percorso tra le danze paralimpiche che mi ha aperto la mente; ho studiato nuove cose e mi sono messa in gioco. Scoprendo che esistono dei metodi di approccio alla danza stessa, non solo per i disabili, che sono molto più gratificanti rispetto a quelli già conosciuti. Sono così riuscita ad a far emergere quello che Roberta aveva in più di noi. La capacità di muoversi, di gestire il suo equilibrio, di capire il punto esatto in cui si trova mentre si esercita”.
Approfondiamo i profili di Roberta ed Eleonora?
Roberta ha 23 anni, Eleonora 20. Hanno un rapporto stretto, essendo cresciute insieme. Roberta è non vedente dalla nascita: aveva un cinquantesimo di grado, perso progressivamente con il distacco delle retine. Da subito si è instaurato un rapporto di responsabilità da parte di Eleonora. Sono delle artiste, anche cantanti, e di questo ne vanno orgogliose. Il padre è musicista autodidatta che le ha sempre rese partecipi della sua attività. Partono da un vissuto artistico e culturale abbastanza accurato e hanno deciso di ballare perché alla base c’era la passione per la musica. Da Oschiri però si sono dovute spostare a Ozieri ed appena sono arrivate da me hanno manifestato il desiderio di fare attività sportiva in quanto anche la danza è una disciplina riconosciuta dal CONI. Al suo interno c’è un mondo di competizioni che muove tanta gente.
Da quale specialità hanno cominciato?
Sono attratte dai ritmi delle danze latino-americane, per niente semplici, perché veloci nei meccanismi di spostamento che necessitano un grandissimo controllo del corpo. Procediamo con un lavoro imperniato sullo studio tecnico: conoscere profondamente il proprio fisico per essere consapevoli dei movimenti in quel determinato spazio attraverso esercizi posturali e di isolazione.
Immagino che la sete di conoscenza le abbia portate anche in altre direzioni..
Sicuramente. Infatti piano, piano ci si stiamo spostando verso altri tipi di discipline come per esempio la danza moderna, portatrice di un sentimento introspettivo maggiore che favorisce la conoscenza di sé, del corpo e dell’emozione. Processo che continua a fluire nel corso delle nostre lezioni, con l’introduzione di elementi di potenziamento per dare maggiore sostegno muscolare a Roberta, partita da uno svantaggio fisico (che si aggiunge alla disabilità visiva) in via di miglioramento attraverso il lavoro di ginnastica posturale, integrato dal lavoro coreografico che la stimola e le permette di mettere passione in quello che fa.
Attualmente come le vedi?
Come una coppia di ballerine che praticano danza sportiva, con una passione comune ed un percorso adattabile ad entrambe. Per il momento a livello regionale, ma si spera che in futuro (già da luglio) possano fare i campionati italiani. Roberta sta guadagnando l’indipendenza a livello pratico nella vita di tutti i giorni. La danza facilita il tutto perché costruisce dei passi in perfetta autonomia. Agli alunni di Porto Torres ha detto che la danza la rende libera perché in quel momento non ha problemi di gestione di sé stessa e dello spazio, sentendosi abbastanza sicura nel gesto tecnico della danza.
E a proposito di Agitamus che considerazioni si possono fare?
Abbiamo ringraziato tantissimo lo psicologo Manolo Cattari che ci ha inserito in questo contesto. E il CIP che ha avviato e reso concreto il progetto. Sono rimasta colpita profondamente dall’accoglienza e stupita dai bambini della quinta elementare che hanno mostrato una maturità incredibile. Erano molto riflessivi, facevano tante domande, anche sulla vita privata di Roberta. E sui suoi meccanismi quotidiani per esempio i suoi comportamenti al momento dei pasti. Anche i ragazzi delle medie hanno partecipato tantissimo. Il fine dell’incontro è andato in porto: condivisione completa!
Come si sono sviluppate le dinamiche della giornata particolare di Porto Torres ?
Nel corso di Agitamus abbiamo spiegato ai ragazzi che cosa significasse danzare ad occhi chiusi. La risposta è stata meravigliosa con il coinvolgimento di tutti. Le mie due ballerine, nella preparazione di queste lezioni, si sono impegnate al 100%, illustrando un programma che normalmente avrebbero curato in sede di allenamento. Quindi si sono improvviste insegnanti, mettendosi in gioco. Paradossalmente tutto quello che hanno appreso fin’ora lo hanno spiegato come se fosse stata una verifica. Un’autentica opportunità di crescita.
Insomma, si è creato un feeling particolare..
Hanno parlato di loro stesse , delle difficoltà incontrate in questi anni, e poi hanno fatto provare ai ragazzi gli esercizi, mettendoli nelle condizioni fisiche di Roberta. Tutti hanno danzato, cimentandosi negli esercizi di coordinazione con gli occhi chiusi. Da qui sono scaturiti un sacco di spunti di riflessione perché nulla era scontato in quei movimenti, dall’isolazione all’equilibrio e soprattutto quelli di spostamento nello spazio. E’ stato interessante come corpo e mente si adattassero alla situazione. Nella scaletta erano previsti degli esercizi di fiducia, dove è subentrata un’altra difficoltà: essere nelle mani di qualcuno che ti segue e ti indirizza. E’ il momento in cui i ragazzi si sono divertiti maggiormente.
E poi cosa è successo?
Il passo successivo è stato quello di coreografare e inserire dei passi di danza e arrangiarli sempre con la stessa metodologia: con uso delle bende e guidati proprio come succede a Roberta. Questo è servito a far capire ai ragazzi quale sia la super abilità della danzatrice paralimpica che ha sensi e percezioni della realtà sviluppati diversamente.
L’obiettivo è stato raggiunto ?
Direi proprio di si. L’intento era di capire e mettersi nei panni di quella persona, accettarla e integrarla in virtù dell’empatia. Agitamus è un progetto pratico che tocca i ragazzi su tanti livelli. Con un’adeguata riflessione ed elaborazione, rivisiteranno tutte le esperienze vissute arrivando a delle conclusioni personalissime. Un’esperienza arricchente da tutti i punti di vista anche per noi che abbiamo dato stimoli maggiori a Roberta.
Come vedi il futuro della danza paralimpica ?
A livello nazionale è in piena espansione perché la Federdanza offre la possibilità dello sviluppo sportivo per tanti settori della disabilità come per esempio la danza in carrozzina o quella che accomuna i disabili intellettivo relazionali, uditivi e visivi. Con maggiori sbocchi internazionali per quella in carrozzina che apre scenari incredibili con magie, movimenti fluidi e coreografie eccezionali, fatti con passione e determinazione. Gesti che fanno percepire l’amore per disciplina.
E in Sardegna?
Anche qui è in via di sviluppo. E ne approfitto per fare un appello ai disabili che vorrebbero intraprendere nuove esperienze. La danza è accessibile a tutti, incrementa le capacità di coordinazione e il movimento nello spazio. Crea un’apertura mentale e maggiore consapevolezza di sé e del proprio corpo che porta verso l’indipendenza.
E’ possibile seguire le attività del Cip Sardegna nella rinnovata pagina Facebook e sul sito web ufficiale www.cipsardegna.org