Questa mattina dopo la riunione plenaria del 9 gennaio, la presidente della Rete delle Professioni Tecniche Patrizia Sini (architetti), assieme al presidente dei Geologi Giancarlo Carboni, ha incontrato l’assessore dei Lavori Pubblici Balzarini.
Contro la società regionale si è espresso anche il Consiglio Nazionale degli Ingegneri.
In primo luogo la sospensione immediata della delibera 63/1, quindi l’attivazione di un Tavolo Tecnico per una programmazione partecipata della gestione delle Opere Pubbliche in Sardegna. Sono queste le principali richieste contenute nel documento consegnato questa mattina dalla presidente della Rete delle Professioni Tecniche della Sardegna, l’architetto Patrizia Sini, all’assessore dei Lavori Pubblici Edoardo Balzarini.
La Sini ha incontrato l’assessore assieme al presidente dei Geologi sardi Giancarlo Carboni, in rappresentanza di circa quindicimila Professionisti dell’area tecnica tra Ingegneri, Periti industriali, Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori, Geometri, Periti agrari, Chimici, Dottori agronomi e forestali, per rappresentare quanto emerso nel corso della riunione plenaria dello scorso 9 gennaio.
«L’assessore, nel corso dell’incontro, ha escluso il blocco della delibera, ma si è detto disponibile ad attivare tavoli tecnici di lavoro sul piano industriale della società – spiega la Sini –. Dal canto nostro, come Rete delle Professioni abbiamo ribadito assoluta contrarietà ad una società di progettazione che in primo luogo andrebbe contro corrente rispetto a quanto accade a livello globale, dove ci si affida sempre più a professionalità differenti per una progettazione integrata per garantire opere di qualità, e, in secondo luogo, non porterebbe nessun beneficio al tessuto economico isolano, anzi, andrebbe ad incidere pesantemente su un mercato già in crisi».
Si legge inoltre nella nota consegnata all’assessore: “Secondo quanto si apprende, la società di progettazione regionale inizierebbe la propria attività con otto tecnici in organico e con il compito di gestire opere per un valore complessivo di svariate decine di milioni di euro e di varia natura, accentrando in sé proprio quelle fasi progettuali che dovrebbero essere frutto di procedure concorsuali, che in genere mettono in concorrenza i migliori professionisti, in contrasto quindi con i principi della libera concorrenza e dell’attività di impresa.
Appare evidente che un organico così esiguo non possa contemperare le professionalità multidisciplinari necessarie per gestire opere di tale entità e per le quali la stessa società avrebbe la coincidenza, tra l’altro, del ruolo di controllore (R.U.P.) e di controllato (progettista e D.L.).
Premesso che ogni progettazione in questo momento per l’isola è strategica, e si deve affrontare tenendo conto di tutti gli aspetti per garantire il miglior risultato, è irragionevole pretendere che un gruppo di pochi tecnici, pur con l’apporto di consulenze esterne, possa vestire i panni, a seconda dell’occasione di ingegnere portuale, trasportista, idraulico, strutturista, edile, geotecnico, elettrico, informatico, dell’architetto, del pianificatore, dell’esperto in restauro; ancora, dell’agronomo, del geologo, dell’archeologo, del naturalista, del biologo e di qualsiasi altra figura necessaria per il completamento del progetto”.
Ma ai professionisti sardi non è piaciuto neppure il metodo adottato dalla RAS: “Tematiche così importanti – si legge ancora – avrebbero necessitato un maggiore confronto per valutare anche le nostre considerazioni e poter suggerire finalità differenti ed efficaci sulla società pubblica. Invece, ci troviamo di fronte ad una previsione che non ha recepito nessuna nostra proposta”.
La Posizione del Consiglio Nazionale degli Ingegneri
Contro la previsione di una società sarda di progettazione in house si è espresso anche il Consiglio Nazionale degli Ingegneri.
«Tutti gli studi degli ultimi anni – spiega Gianni Massa, Vice Presidente Vicario del CNI – mettono in evidenza che, nel processo di ideazione e realizzazione di un’opera pubblica, il problema non sta nel tempo di produzione del progetto ma nei cosiddetti tempi di attraversamento, quelli che intercorrono, cioè, tra una fase operativa (livello di progettazione) e l’altra. Tempi purtroppo aumentati con il Codice Appalti».
«Perché, dunque – si chiede Massa –, non si destinano risorse alla formazione ed aggiornamento dei dipendenti delle strutture pubbliche, che quotidianamente vengono incaricati degli adempimenti più disparati? Quando capiremo la necessità di prevedere centrali di management altamente specializzate nel processo dell’opera pubblica? La politica non può pensare di trovare soluzioni facili a problematiche complesse e articolate, che riguardano da un lato la gestione del processo dell’opera pubblica e dall’altro la consapevolezza che il progetto richiede unicità di competenze e responsabilità multidisciplinari, che non possono essere ricercate attraverso semplici consulenze come spesso siamo stati abituati: le risorse, a nostro avviso, andrebbero destinate esclusivamente a costruire una vera centrale di management del procedimento, a supporto non solo delle opere di competenza della Regione ma anche degli interventi di maggiore complessità degli Enti Locali».