Anche lui può considerarsi “oristanese a tutto tondo”, in questa città tranquilla e ricca di storia che lo ha accolto nei lontanissimi anni Sessanta del Novecento, dopo la prima formazione culturale in terra urbinate. Che riflette la composizione dell’immagine e lo studio del movimento dei futuristi, la sapiente individuazione delle tonalità coloristiche di Vedova, la vita segreta che germina nei rossi, bruni, verdi di Ennio Morlotti, l’essenziale astrazione di Morandi, il rigore coloristico e compositivo di Magnelli.
Tutte esperienze e accostamenti che finiscono per fondersi in una sintesi non ripetitiva e capace di rivivere in maniera del tutto personale, esperienze più diverse. In quella lontanissima Oristano anni Sessanta, Biselli va a infoltire quella schiera di qualificati esponenti della pittura locale, da Carlo Contini a Antonio Corriga, da Giorgio Farris a Franco Bussu. In una terra come la Sardegna della quale ha con prontezza e sensibilità ha assimilato colori, storia, suoni e tradizioni. Elementi caratteristici che Augusto Biselli esprime nella sua pittura forte di emozioni e di entusiasmi, priva di condizionamenti già alla sua prima uscita nel 1963 con la personale di Ghilarza. A ruota le affermazioni di Oristano, Iglesias e Cagliari. Il salto verso la penisola è del 1966 con la personale di Torino, dove Biselli presenta al pubblico del capoluogo piemontese tutta una serie di monotipi che caratterizzano una vera e propria svolta nella ricerca e nella critica che gli valgono una medaglia d’oro e un diploma al merito nella rivista d’arte “Piccola Ribalta”. Brillanti tappe successive sono quelle di Soragna, con un opera in bianco e nero, e Spoleto al Festival dei due Mondi del 1970 e, infine, a Santa Margherita Ligure, dove per due anni consecutivi guadagna il riconoscimento della critica nazionale. Poi il salto a Milano, a palazzo Sormani, con alcune opere ispirate alle rime del poeta nuorese Sebastiano Satta.
Biselli ora non si ferma più, e a Oristano in una sala di un antico palazzo di via Dritta apre la galleria d’arte Il Cenacolo, che sarà a lungo centro d’accoglienza per artisti d’avanguardia e punto espositivo per artisti di fama internazionale. Il salto all’estero è del 1976, quando a Vienna e Berlino Biselli riceve l’apprezzamento corale di pubblico e critica, sino a Saint Vincent nel 1980. Ora l’impegno di Biselli si rivolge allo studio della composizione, mettendo in pratica l’esperienza acquisita alla scuola del Castello Sforzesco di Milano come coordinatore di grafica. Il ritorno a Urbino, sua città natale, è degli anni Novanta, con tappe ed esposizioni piene di successi a Fano, Pesaro, Montepellino. Da attento osservatore della realtà che lo circonda quale è sempre stato, nella sua lunga e apprezzata stagione artistica, Augusto Biselli affronta temi nuovi e innovati quali quello sulla “Sartiglia” oristanese. E proprio la città arborense che lo ha accolto negli anni lontani della giovinezza e lo ha inserito tra i suoi figli più degni lo ha infine premiato, quale miglior esponente della collettiva “Arte in piazza”del 96. Colori, luci e magie per questo artista di profonda sensibilità, lontane origini urbinate, ma ormai oristanese nel cuore, non sono fenomeni effimeri. E questo Biselli lo sa e lo grida ancora con la forza dell’anima.
Beppe Meloni