Commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti “: allucinante, semplicemente allucinante ma conoscendo il sistema e la sua deriva, nulla di cui stupirsi. Gli americani lo chiamano “Correctional Business” perché anche l’amministrazione della pena è ormai diventata un affare.
Il boom, del business carcerario in USA, è un fenomeno relativamente recente.
Nel corso degli ultimi vent’anni, sono state costruite più di mille nuove prigioni e negli ultimi trent’anni, il numero dei detenuti e più che raddoppiato. Lo sviluppo delle privatizzazioni ha favorito la nascita di una grande e articolata “industria delle carceri”.
Appaltatori, fornitori delle forze dell’ordine e sindacato delle guardie carcerarie, hanno fatto approvare una legge che inasprisce i tempi di detenzione così le celle non rimangono mai vuote.
Il business carcerario vale miliardi di dollari l’anno. Al suo interno troviamo imprese specializzate, fornitori di servizi per la gestione penitenziaria, produttori di braccialetti elettronici, di armi speciali, di sistemi di controllo. Le nuove tecnologie svolgono un ruolo importante negli istituti di pena, la schedatura elettronica interessa un terzo della popolazione maschile.
L’industria delle sbarre svolge un doppio ruolo, sottrare al mercato migliaia di persone ma in maniera assurda crea occupazione nel campo dei beni e dei servizi carcerari.
Il leghista Pagliarini ha già proposto di affidare ai privati la gestione delle carceri.
Un progetto che ovviamente, da Stato civile sarà accantonato per evitare che si possa prendere la stessa piega di quello americano.