Coldiretti Sardegna: le accuse del Consorzio del Pecorino Romano confermano che siamo sulla strada giusta.
La reazione di questo “Consorzio del Pecorino romano” che si presenta senza volto ci conferma che stiamo picchiando sul chiodo giusto e che qualcosa sta cominciando a cambiare.
Per questo ringraziamo per le parole che capiamo di sofferenza diffuse nei giorni scorsi che nel loro livore dicono palesemente che bisogna continuare uniti nel risanare completamente la dirigenza attuale.
Ma anche qualche vecchio amministratore che negli ha vissuto a fasi alterne crisi iperproduttive di pecorino romano pagate a caro costo dai pastori e che aveva magari amministrato il consorzio latte di macomer poi fallito, finanziato con oltre 50 milioni di euro di soldi pubblici per buona parte mai rendicontati.
Il Consorzio del pecorino romano Dop, e questa è opinione condivisa nel mondo produttivo, ad oggi ha rappresentato un freno per il comparto più che il motore di valorizzazione del prodotto più importante.
Ben venga il Prefetto per sorvegliare e vigilare un ente che è stato incapace di governare le produzioni del suo pecorino deliberando una sanzione per chi non rispettava le quote di produzione del Romano dell’irrisoria cifra di 16 centesimi a Kg contro i 2 euro e 10 centesimi a kg per il Parmigiano (entro uno splafonamento del 25 %, oltre il 25% le sanzioni aumentano).
Per il Parmigiano insomma le sanzioni sono superiori del 1212% rispetto a quelle previste per il Pecorino Romano.
Ed infatti nelle ultime tre campagne la buona amministrazione ha incamerato due maxi splafonamenti. Iperproduzioni che sono state causa della crisi pagata dai pastori: + 76mila quintali nell’annata 2015/2016 (totale prodotto 356 mila quintali di Pecorino romano Dop anziché 280mila) e 61 mila nel 2017-2018 (totale Pecorino prodotto 341 anziché 280mila).
Se per il pecorino romano avessero applicato le sanzioni previste per il Parmigiano Reggiano, per la campagna casearia 2015/2016 le sanzioni sarebbero state di 15 milioni 960 mila euro contro 1 milione 216mila euro previsti invece a 0,16 cent/kg. E sarebbero stati di 12 milioni 810 mila euro per il 2017/2018 contro i 976 mila effettivi.
Ma il Consorzio del Pecorino Romano ha fatto anche di più: a cavallo tra febbraio e marzo 2016 ha sottoscritto una lettera indirizzata al presidente della Regione Sardegna in cui si prevedevano inimmaginabili surplus di latte di 130 milioni di litri, su 330 di produzione.
Come sappiamo tutti (ormai è storia) i dati a fine campagna hanno dimostrato che non si è prodotto un litro in più di latte ma con quella falsa informazione si è favorito il crollo del prezzo del Pecorino romano e la conseguente attività speculativa posta in essere dal mercato.
Un Consorzio che negli anni ha gestito decine di milioni di euro di soldi pubblici per la promozione del prodotto ed i cui risultati solo sotto gli occhi di tutti.
Un Consorzio che con le attività di tutela ha scoperto pecorini similari all’estero ma si è distratto dai similari che entravano in Sardegna. Mentre Coldiretti denunciava e manifestava per gli scandali del Pecorino rumeno arrivato in Sardegna (PECORINO NON ROMANO MA RUMENO) portato (o almeno cosi hanno detto i diretti interessati) da soci del Consorzio stesso, che hanno continuano a sedere indisturbati vicino all’ente di sorveglianza e TUTELA indaffarato nel frattempo in polemiche sterili e insensate.
Come mai in questi anni non è stato ne proposta ne votata la possibilità di modificare lo statuto impendendo che chi produce prodotti similari in un altro paese sotto altra società potesse far parte del consiglio direttivo del consorzio?
E’ compatibile l’attività ispettiva con la gestione degli stock dei bandi Agea per indigenti?
E’ compatibile l’attività di vigilanza con la gestione degli interventi di Pegno rotativo e con l’attività del Progetto pilota finanziato dalla Banca?
Sarebbe utile saperlo, è un dubbio che assilla molti. Anche perché se cosi dovesse essere, significa che è stato commesso un illecito che ne giustificherebbe il commissariamento.