Elezioni regionali Sardegna. Mentre lo scrutinio procede più che a rilento, alla velocità di una lumaca con l’artrosi e con il sito della Regione che incredibilmente risulta per lungo tempo irraggiungibile, emergono alcuni segnali politici inequivocabili.
E’ vero anche che la Sardegna è una terra particolare e il Centrodestra si presentava con ben undici liste, quindi il voto si è molto frammentato. Non solo, il Partito sardo d’azione è alleato politicamente con la Lega (Solinas è infatti espressione di entrambe le forze politiche) e quindi la percentuale considerevole degli autonomisti in qualche modo, si può almeno in parte considerare leghista (almeno così potrebbe essere alla Europee). E malgrado la grande frammentazione la Lega riesce a incrementare i consensi rispetto al 10,79% ottenuto alle Politiche del 4 marzo 2018 e, quindi, anche se non c’è stata la valanga Salvini il risultato per il ministro dell’Interno è positivo.
L’altro dato che emerge restando nel Centrodestra è la tenuta di Forza Italia. Nessun crollo del partito di Silvio Berlusconi, come qualcuno aveva prospettato e/o auspicato. Anzi, se si considerano i voti dell’Udc (che alle Europee del 26 maggio si presenterà nelle liste degli azzurri), Forza Italia è la prima forza del Centrodestra (al netto ovviamente delle considerazioni sul legame tra la Lega e il Partito sardo d’azione). Un po’ di delusione per Fratelli d’Italia che non sembra bissare il buon risultato dell’Abruzzo ottenendo una performance inferiore alle aspettative.
Il Centrosinistra esce bene dal voto regionale grazie soprattutto al risultato personale di Massimo Zedda, ex sindaco di Cagliari. Grazie al voto disgiunto, infatti, il candidato Governatore ha preso molti voti in più rispetto alla somma delle liste. Per il Pd un dato soddisfacente, anche se va ricordato che Zedda ha fatto una campagna elettorale in totale autonomia pretendendo (pena il ritiro della candidatura) che non si presentasse in campagna elettorale nessun esponente del Partito Democratico nazionale.
Non solo, la coalizione è molto ampia e comprende anche Liberi e Uguali (risultato non negativo), Campo Progessista e i Cristiano Popolari Socialisti; tutto ciò, forse, insegna al Pd che la strada è quella di tornare all’idea del Centrosinistra ampio e allargato abbandonando l’autosufficienza di renziana memoria. Come lista il Partito Democratico ottiene più o meno la percentuale che aveva il 4 marzo 2018 e, viste le numerose liste anche a sinistra, questo è certamente un buon dato.
E infine il Movimento 5 Stelle. E’ vero che i grillini alle Politiche avevano fatto il botto (42,48% alla Camera) ed è vero anche la flessione subita in Sardegna è perfino più pesante di quella in Abruzzo. Ma va detto che alle precedenti Regionali il M5S nemmeno esisteva e che negli ultimi mesi si è molto diviso in Sardegna con i big nazionali (Di Maio in testa) che, a differenza di Salvini, non si sono praticamente spesi. E’ evidente poi che la presenza di undici liste nella coalizione di Centrodestra e di otto in quella di Centrosinistra, in un voto che forti legami con il territorio con quello Regionale, penalizza fortemente un movimento snello e internettiano come il M5S. Alla vigilia la soglia per ritenersi soddisfatti era intorno al 20% e certamente il risultato è stato molto deludende.
D’altronde come ha subito commentato il vicepremier Di Maio “il governo va avanti, siamo vivi e vegenti”. Parole confermate dal numero due della Lega Giorgetti (“Nessuna conseguenza sull’esecutivo“). Ora, come ha confermato il leader pentastellato, si aprirà il dibattito nei 5 Stelle per l’apertura alle liste civiche, anche se non sarà un percorso veloce. Appuntamento al 24 marzo con le Regionali in Basilicata.
di Alberto Maggi
Fonte: www.affaritaliani.it