Sbarca nell’Isola – sotto le insegne del CeDAC – “Tanti Saluti” – originale e coinvolgente pièce di teatro sociale scritta e interpretata da Giuliana Musso (attrice e autrice vicentina, ma friulana d’adozione.
Ha vinto il Premio Hystrio 2017 per la drammaturgia) in cartellone lunedì 4 febbraio alle 20.30 al Teatro San Giuseppe di Nuoro (in collaborazione con BocheTeatro, nella rassegna La Sardegna dei Teatri), martedì 5 febbraio alle 21 al Padiglione Tamuli delle ex Caserme Mura di Macomer, e infine mercoledì 6 febbraio alle 21 al CineTeatro Olbia di Olbia per la Stagione de La Grande Prosa 2018-2019 nell’ambito del Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna.Sotto i riflettori – insieme con Giuliana Musso – Gianluigi Meggiorin e Marcela Serli – per un viaggio attraverso le molteplici sfaccettature e le moderne declinazioni del “senso del morire”: nella civiltà dell’apparire alle soglie del terzo millennio il sogno dell’eterna giovinezza contrasta con la fragilità umana e regala l’illusione di poter fermare il tempo, mentre il progresso scientifico propone nuovi dilemmi tra il ricorso alle cure palliative e il rischio dell’accanimento terapeutico, le potenzialità e i limiti dei protocolli di rianimazione e il diritto all’eutanasia. Questioni delicate e nodi sensibili come la libertà di scelta e la dignità dei pazienti da un lato e le responsabilità e gli obblighi dei medici dall’altro si giocano sul sottile confine tra la vita e la morte, con i vari livelli intermedi e i diversi gradi di coscienza, con forti implicazioni etiche e filosofiche, politiche e religiose tanto da approdare talvolta in tribunale, per affidarsi alla decisione dei giudici.
“Tanti Saluti” affronta un tema fondamentale della cultura occidentale, che da millenni si interroga sul destino e sulla condizione dei mortali, sul contrasto tra giovinezza e vecchiaia e sul dolore, sull’esistenza o meno di un aldilà dove trovare riscatto e consolazione dopo il soggiorno in questa “valle di lacrime” o ritrovare le ombre dei defunti, ipotizzando un dialogo o addirittura un ponte fra i due mondi, e auspicando una giusta ricompensa per le proprie azioni – nel bene come nel male. Focus sull’idea della morte nel presente attraverso alcune storie emblematiche, brevi monologhi che narrano le esperienze spesso toccanti di quanti per professione o per legami familiari quotidianamente si confrontano o si sono confrontati con la fine, o magari dopo averla sfiorata hanno imparato a non temerla più – con la chiave insolita e fantastica della clownerie, quasi a suggerire un altro sguardo, oltre i pregiudizi e la paura, su un tema difficile che riguarda tutti.
“Tanti Saluti” – produzione de La Corte Ospitale – infrange l’ultimo tabu per raccontare l’indicibile, in un’epoca che pare aver rimosso il pensiero dell’inevitabile uscita di scena, per inseguire una forma fisica e una perfezione estetica che poco o nulla hanno a che fare con la salute e spesso mascherano un vuoto interiore: in una società incentrata sulla bellezza e la gioventù non c’è spazio per la decadenza e la morte. La pièce mette l’accento sui paradossi e le contraddizioni, gli eccessi e gli sprechi di un sistema sanitario che propone una supremazia della tecnologia e delle macchine e non sempre si preoccupa della volontà e della sensibilità delle persone da un lato, e dall’altro per la cronica scarsità di risorse non sempre riesce a sopperire alle necessità – nell’emergenza e perfino nell’ordinaria amministrazione.
La ricerca scientifica ha prodotto risultati straordinari, impensabili solo pochi decenni fa, ma accanto alle eccellenze esistono delle criticità, derivanti da problemi di ordine burocratico, ma anche ideologico, e gli strumenti diagnostici e i protocolli terapeutici sempre più avanzati sembrano far ritenere che si sia prossimi a sconfiggere perfino la morte (oltre che continuare a dispensarla con generosità con armi sempre più potenti e “intelligenti”). Eppure a dispetto di tanta sapienza, che potrebbe quasi indurre a immaginare gli scienziati e i medici nel ruolo di Dio, non son state debellate le malattie e neppure la vecchiaia – la vita stessa in fondo non è che una strana malattia, sempre mortale, per parafrasare Zeno Cosini nel romanzo di Svevo – e si moltiplicano invece gli incidenti che richiederebbero interventi d’urgenza, come le malattie croniche degenerative e invalidanti che potrebbero essere alleviate dalle tecnologie ma con costi ancora altissimi. Il diritto alla salute rischia di diventare un privilegio riservato a pochi e mentre si riesce a strappare alla morte una persona anziana e stremata, talvolta per prolungare di poche ore e giorni un’agonia e si dibatte, sempre meno per fortuna, sull’utilità delle cure palliative, capita che le carenze strutturali di ambulanze e mezzi di soccorso, i problemi di organico e la scarsità di sale di rianimazione e perfino di medici e infermieri, possano valere il prezzo di una vita.
Giuliana Musso conclude con “Tanti Saluti” l’ideale trilogia, iniziata con “Nati in casa” sui modi in cui ieri e oggi, in Italia e nel mondo, vengono al mondo i bambini, tra la sterile freddezza e la protettiva sicurezza degli ospedali e ambienti più accoglienti e confortevoli per le future madri e i loro bambini, accanto al ruolo fondamentale delle ostetriche, nelle cui mani letteralmente si compiva e si compie il miracolo della vita. Eros e trasgressioni nel mondo dell’amore a pagamento sullo sfondo delle solitudini metropolitane in “Sex Machine”, con i racconti delle professioniste e dei loro clienti che disegnano un curioso, tenero e feroce affresco del Belpaese tra la rigorosa salvaguardia dell’istituzione della famiglia e le avventure per lo più notturne, ma anche i singolari ménage, le confessioni, i desideri segreti, le stravaganze di una folla di uomini inquieti.
“Tanti Saluti” rivela l’importanza di un approccio consapevole e sereno – per quanto possibile – a un evento naturale ed ineludibile attraverso le testimonianze dei protagonisti e suscita degli interrogativi su questioni morali e deontologiche, politiche e giudiziarie che vedono al centro l’antico dilemma tra fede e ragione, sull’obbligo di cura e sul rispetto della volontà dei pazienti e dei loro familiari. Tre clowns per una rappresentazione simbolica della morte, una pièce di teatro civile per esorcizzare la paura di trovarsi a un passo dall’ignoto e per riappropriarsi della lucida coscienza della necessità della fine, imparare ad affrontare ed elaborare il lutto ma anche accompagnare il cammino di chi si avvia a lasciare questo mondo – oltre alla scoperta delle incongruenze del sistema, l’empatia verso i sofferenti e la vulnerabilità dietro le apparenze, tra echi della vanità del tutto (dall’ansia per il proprio aspetto al potere del denaro), nel segno della poesia.
INFO & PREZZI
Nuoro
biglietti: intero 15 € – ridotto 12 €
Apertura botteghino ore 19:00
è possibile acquistare i biglietti anche online: https://www.ciaotickets.com/evento/tanti-saluti
Macomer
biglietti: intero € 16 – ridotto € 14 – studenti € 5
Info: cell. 347 8777538
Olbia
biglietti: posto unico 16 euro
Info: tel. 0789 28773 – cell. 328 2397198 – [email protected]
La Corte Ospitale
Tanti Saluti
di Giuliana Musso
con Gianluigi Meggiorin, Giuliana Musso, Marcela Serli
direttore tecnico Claudio Parrino
organizzazione Miriam Paschini
regia Giuliana Musso
con la collaborazione di Massimo Somaglino e Maril Van Den Broek
produzione La Corte Ospitale
in collaborazione con Opera Estate Festival di Bassano del Grappa (VI),
Fondazione Teatro Civico di Schio (VI), Echidna Associazione Culturale di Dolo (VE)
“Contenere la morte all’interno del cerchio della vita, dare valore alla cura dei morenti, imparare ad accompagnare al congedo i nostri cari, a partecipare, ad esserci come individui e come società d’uomini, è un progetto che porterà benessere a tutti.
Un progetto di felicità.”
Raffaele Mantegazza, Pedagogia della morte
“Tanti Saluti” porta in scena il tema del morire ai nostri tempi. Sei brevi monologhi mettono al centro l’esperienza diretta e la sua autentica forza poetica. Attraverso una ricerca di stampo sociologico sono state raccolte le voci dei principali testimoni dell’evento: medici, infermieri, familiari. Abbiamo visitato i teatri del morire: ospizi, ospedali, hospice, case. Indagato le sue nuove declinazioni: cure palliative, accanimento terapeutico, protocolli di rianimazione, eutanasia. E abbiamo anche ascoltato chi è stato così vicino al punto della morte da non averne più alcun timore.
“Tanti Saluti” porta in scena anche tre clown e a loro consegna il non dicibile: il racconto delle nostre paure, degli smarrimenti e delle soluzioni paradossali che mettiamo in atto di fronte alla morte. Unici oggetti di scena: tre nasi rossi e una buffa cassa da morto.
Alcuni cenni sull’indagine teatrale
Nascere, morire. La morte, così come la nascita, è stata, nel corso del nostro recente processo di civilizzazione, progressivamente allontanata dalle pratiche della vita comune. Abbiamo depositato nelle mani guantate di lattice dei professionisti gli attimi supremi della nostra esistenza, quegli attimi che forse ci possono far intravedere il mistero che siamo, il senso che cerchiamo. Non possiamo però ignorare che il sistema medico legale ha maglie molto strette, non riesce a contemplare la variabile umana, davanti alla morte spesso non ha gesti o parole, non ha protocolli di com-prensione, com-passione. Inquadrati nel ruolo dei familiari, all’interno dell’istituto nosocomiale, a noi vivi è consentito solo di continuare a nutrire la speranza nella guarigione per non dover mai considerare, vivendolo, il senso del congedo.
“È evidente che non c’è idea – per quanto strana essa possa essere- che gli uomini non siano disposti ad accettare con gioia, se soltanto riesce a distoglierli anche in minima misura dalla coscienza della loro finitezza, se soltanto alimenta la speranza in una qualche forma d’immortalità”.
Norbert Elias, La solitudine del morente
Se è vero che di fronte alla morte abbracciamo la vita a quali smarrimenti ci porterà il narcisistico delirio di immortalità di questa nostra epoca? “Life is now”. Ed eccoci in un tempo libero dall’idea della morte e di conseguenza anche dal senso del limite. Abbiamo lasciato una valle di lacrime assediata dal pensiero nero dell’inferno per trasferirci nella valle della cosmesi collettiva dove “io valgo” se sono giovane, forte e vincente. Nella terra dell’ottimismo noi non invecchiamo, non ci ammaliamo e non moriamo mai. Ecco perché siamo disposti a tutto pur di non intersecare la prova evidente della nostra vulnerabilità e finitezza.
“Che sentimento ha costui di ciò che fa, se può cantare mentre scava una tomba?”
William Shakespeare, Amleto, atto V, scena I
Chi ci può condurre attraverso le sabbie mobili di queste contraddizioni e paradossi se non un clown? Chi può rappresentare le nostre paure senza terrorizzarci e proporci un sano “memento mori” senza trasformarci tutti in monaci trappisti? Ridere di questi argomenti è necessario, utile, illuminante. Non è forse ridicola fino alle lacrime la nostra stupida pretesa d’immortalità? Si può ridere della nostra paura della morte per non finire nella trappola del horror vacui, per stemperare il nichilista “tanto si deve morire” che toglie senso alla vita stessa, per infondere alla nostra esperienza di vita e di morte una leggerezza densa e liberatrice.
Infine: ridere perché l’opera artistica possa, di fronte al mistero della morte, balbettare senza vergogna.
Giuliana Musso, classe 1970, vicentina d’origine e udinese d’adozione.
Attrice, ricercatrice, autrice, Premio della Critica 2005, Premio Cassino Off 2017 e Premio Hystrio 2017 per la drammaturgia, è tra le maggiori esponenti del teatro di narrazione e d’indagine: un teatro che si colloca al confine con il giornalismo d’inchiesta, tra l’indagine e la poesia, la denuncia e la comicità. Una poetica che caratterizza tutti i suoi lavori: una prima trilogia sui “fondamentali” della vita, Nati in casa, Sexmachine e Tanti Saluti (nascita, sesso e morte), e poi un impegnativo viaggio nella distruttività del sistema patriarcale con La città ha fondamenta sopra un misfatto (ispirato a Medea.Voci di Christa Wolf), La Fabbrica dei preti (sulla vita e la formazione nei seminari italiani prima del Concilio Vat. II) e Mio Eroe (la guerra contemporanea nelle voci di madri di militari caduti in Afghanistan). Dal 2008 la sua “casa” artistica è La Corte Ospitale, Rubiera (RE).
Diplomata presso la Civica scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi” di Milano. Durante gli anni della sua formazione predilige lo studio dell’improvvisazione comica, della maschera e della narrazione. In qualità di attrice lavora in diverse produzioni di prosa contemporanea e di Commedia dell’Arte. Dal 2001 si dedica esclusivamente a progetti di teatro d’Indagine, firmando tutti i testi che porta in scena.
NATI IN CASA (2001), scritto con Massimo Somaglino, sulla nascita di ieri e di oggi. Il monologo, ospitato nel 2004 nella trasmissione Rai Report, è stato pubblicato da L’Unità nella collana di dvd “Teatro in-civile” (2005) e nell’antologia di teatro contemporaneo “Senza Corpo” Ed. Minimum Fax a cura di Deborah Pietrobono (2009). Nel 2010 “Nati in casa” è uno dei testi del programma Face à Face – Parole d’Italia per le scene di Francia- e viene rappresentato in forma di lettura presso il Théâtre de la Ville di Parigi.
SEXMACHINE (2005), monologo per più personaggi maschili sulla sessualità commerciale. Musiche in scena di Gianluigi Meggiorin.
Nel 2005 riceve il Premio della Critica dell’ANCT.
TANTI SALUTI (2008), spettacolo di teatro clownesco e teatro d’indagine sul tema della morte. Con Beatrice Schiros e Gianluigi Meggiorin. Tanti saluti è stato pubblicato nel cofanetto dvd “Storie Necessarie” (2010) edito da Rai Cinema e Argot Produzioni.
LA FABBRICA DEI PRETI (2012), sull’educazione impartita nei seminari italiani degli anni ’50 e ’60. Produzione La Corte Ospitale. Nel novembre 2013 l’audio integrale viene trasmesso nel programma Tutto esaurito! Di Rai Radio 3.
WONDER WOMAN (2015), scritto e interpretato con Marta Cuscunà e Antonella Questa. Wonder Woman è una drammaturgia originale che intreccia dati statistici, racconti biografici e schetch satirici sull’economia al femminile.
MIO EROE (2016), monologo.Il tema generale è la guerra contemporanea, il soggetto è ispirato alla biografia di alcuni dei 53 militari italiani caduti in Afghanistan durante la missione ISAF (2001- 2014), la voce è quella delle loro madri. Vincitore del Premio Cassino Off 2017.
Altri progetti e scritture:
INDEMONIATE (2007), testo di Carlo Tolazzi e Giuliana Musso, ispirato ad un episodio di isteria collettiva femminile avvenuto alla fine dell’800, produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e Teatro Club Udine, regia M. Somaglino
MEDEA. LA CITTA’ HA FONDAMENTO SU UN MISFATTO. (2010) libero adattamento da Medea. Voci di Christa Wolf, presentato in forma di lettura presso Università Ca’ Foscari, Venezia. Nel 2013 è oggetto di studio in residenza artistiche promosse da Progetti Carpe Diem, Cagliari ed Echidna Cultura, Mirano (VE).
LA BASE (2011) Esito di laboratorio sul Teatro d’Indagine per il Progetto Giovani a Teatro, Fondazione Venezia. Tema: la costruzione della contestata base militare U.S.A. “Ederle 2” di Vicenza,
DREAMS (2011) Con Silvia Gribaudi. Performance di teatro-danza civile sulle nuove povertà e il fenomeno dell’eccessivo indebitamento. Indagine e drammaturgia di Giuliana Musso. Con la collaborazione di Mag-Venezia.
nel 2017 vince il premio Hystrio 2017 per la Drammaturgia
(la motivazione)
Con una serie di creazioni, centrate su ciò che più vicino è al sentire della gente, in questi ultimi quindici anni Giuliana Musso si è imposta tra le autrici-perfomer più intense della scena italiana. La nascita, la morte, la fede, il sesso, la guerra: temi che toccano fino in fondo le donne e gli uomini contemporanei sono stati da lei esplorati con strumenti affini al giornalismo d’inchiesta e poi traslati in una drammaturgia limpida, portata in scena il più delle volte in forma di monologo, coinvolgente e sempre consapevole di ciò che il corpo del performer racconta a chi guarda. Spettacoli come Nati in casa (2001), Tanti saluti (2008), Sexmachine (2005), La fabbrica dei preti (2012), Mio eroe (2016), La base (2011) e Dreams (2011) sono esempi dell’efficace “giornalismo teatrale” a cui si è dedicata, ottenendo l’attenzione viva, spesso commossa, del pubblico. Artista della consapevolezza civile, Giuliana Musso registra dati, comportamenti, opinioni nei territori dove compie le proprie indagini (il Nordest italiano, soprattutto), ma non rinuncia all’empatia con lo spettatore, sia nei frequenti slanci comici sia nell’avvicinarsi, con pudore e partecipazione, a eventi altamente drammatici. Maria Spazzi Formatasi all’Accademia di Belle Arti di Brera, Maria Spazzi è la mente ideatrice dello spazio scenico degli spettacoli della Compagnia Atir, di cui è tra i fondatori. Ha firmato numerose scenografie per spettacoli di prosa e di lirica, la maggior parte per le regie di Serena Sinigaglia: da Romeo e Giulietta (1996) a Troiane (2004), da Donne in Parlamento (2007) a La Cimice (2009) fino a Nozze di sangue (2010), Italia anni 10 (2014), Utoya (2015) e Tre alberghi (2016). Se con esigue risorse ha saputo dimostrare un fine ingegno, trovando in pochi elementi la forza minimale ed espressiva per definire la scena, ha confermato con coerenza e decisione le sue capacità anche nelle produzioni più importanti, mettendo a punto progetti più complessi ma mai superflui. Il suo lavoro, è esempio di un brillante artigianato teatrale e di un’inventiva che lavora sulla riduzione e sull’individuazione di segni, rivelando sempre una forte identità creativa. In modo mai banale e con soluzioni ingegnose nella loro semplicità, la sua scrittura scenica è infatti non solo funzionale ma anche di forte impatto visivo ed emotivo. A lei va il premio Hystrio-Altre Muse, riaffermando la centralità creativa di un ruolo, quello dello scenografo, troppo spesso trascurato nel complesso mosaico delle professioni del teatro.