Paolo Maninchedda: trovo che la sinistra e la destra italiane discutano di gasdotto come lo fanno i ricchi del mondo, cioè come se si trattasse di un semplice affare e non di una questione di diritto.
Il Testo Unico delle disposizioni della regolazione della qualità e delle tariffe dei servizi di distribuzione e misura del gas per il periodo di regolazione 2014-2019 dice di fatto che la vecchia Cassa conguagli può intervenire appunto a conguagliare tariffe troppo basse rispetto all’esigenza di equilibrio tra costi e ricavi, nelle sole zone a fallimento di mercato, purché la rete di quelle zone sia connessa alla rete nazionale italiana.Le zone a fallimento di mercato rappresentano in Sardegna il 70% del territorio dell’isola, in alcune aree gli utenti sarebbero talmente pochi da non mettere i equilibrio il rapporto tra costi e ricavi determinando così una tariffa molto alta. Ciò non determinerebbe quella riduzione di circa il 30% di tariffa che con il metano potremo ottenere rispetto al GPL, con un risparmio per i Sardi di circa 200 milioni di euro.
Se partiamo dalle tariffe, cioè dalle tasche dei sardi, anziché dall’affarone o del tubo o dei rigassificatori, la prospettiva cambia.
E si scopre che anche con i rigassificatori il problema della tariffa in Sardegna sarebbe drammatico. Sarebbe bassa e sostenibile nelle zone ad alta densità demografica (Cagliari, Sassari-Porto Torres, forse Olbia), alta e insostenibile nelle zone a bassa densità demografica, cioè nei paesi.
Se parliamo di diritti e non di miraggi, la prospettiva cambia, e si scopre che o si ha il potere di dichiarare per legge la Sardegna connessa con la rete nazionale italiana (e dunque tale da godere dei contrappesi ai fallimenti di mercato) o si deve avere il potere di dichiarare il sistema sardo un sistema unitario che è regolato dalla Regione Sardegna.
Insomma, per avere il diritto a costi energetici sostenibili, occorre avere nuovi poteri efficaci.
Ma a tutti piace dire Sì o No al tubo, perché è semplice, è facile tanto quanto drammaticamente inutile.
Paolo Maninchedda