In Sardegna ci sono 345 medici tra i 30 e i 45 anni, che mandano avanti la sanità isolana, nonostante non siano in possesso di formazione specialistica o di medicina di base. La causa principale è che l’attuale governo, ha “chiuso i rubinetti” alla formazione, peraltro necessaria per poter lavorare nel Sistema Sanitario Nazionale.
La stragrande maggioranza dei media, sottolineano la carenza di medici, ma i medici ci sono e solo nell’isola sono 345, in attesa che la Regione Sardegna, trovi i fondi per il completamento della loro formazione, con la conseguenza che tutti si lamentano delle lunghe liste d’attesa, e della carenza di medici di base e di pediatri. Questo rappresenta chiaramente un disservizio verso i cittadini e un’ingiustizia nei confronti dei medici che aspettano un’adeguata formazione. Il controsenso è che in alcuni ospedali italiani, stanno richiamando medici in pensione, perché i nosocomi sono sotto organico, e in Sardegna si spostano i camici bianchi da un ospedale all’altro, perché sono a corto di personale. La pensata del ministro Grillo, è stata quella di apprestarsi a proporre di togliere il numero chiuso all’ingresso nelle Facoltà di Medicina, probabilmente ignorando che la soluzione non è incrementare il numero dei medici, ma di garantire la formazione post laurea a tutti coloro che sono incappati nell’imbuto formativo bloccato. Certamente nell’immaginario collettivo, creatosi con le serie televisive che dipingono i medici come giovani rampanti, belli, benestanti e titolari di una posizione e di un futuro sicuro e lontano dagli affanni e dalle preoccupazioni che attanagliano il resto della popolazione, ha portato fuori strada chi vive nella realtà odierna. Forse tale assunto, poteva essere veritiero sino ad una ventina di anni fa, ma oggi – purtroppo – la categoria dei giovani medici, è segregata nel limbo del precariato e delle carenti tutele a livello contrattuale e sindacale.
I dirigenti dell’Associazione Mèigos, che raggruppa oltre 600 medici sardi, hanno deciso di rendere pubblica la situazione sanitaria, scrivendo una lettera alle autorità e all’utenza del SSN: “Chi sono i giovani medici di oggi? – si chiedono i rappresentanti di Mèigos – Generalmente sono ragazzi che dopo aver passato una selezione di ingresso, e con un corso a ciclo unico, equivalente a una laurea specialistica con 6 anni di università, e dopo aver superato un prova scritta divisa in due aree tematiche: Clinica e Pre-clinica e tre prove pratiche ciascuna, della durata di un mese lavorativo di Chirurgica Medica e di Medicina Generale, sono stati abilitati all’esercizio della professione di Medico Chirurgo e possono iscriversi all’albo professionale per poter lavorare. Nonostante ancora disoccupato, il giovane medico deve affrontare un discreto esborso economico tra tassa per l’iscrizione all’ordine e assicurazione, e ha davanti a sé solo queste opportunità: 1) Vincere un’ulteriore selezione per accedere alle scuole di specializzazione, alla quale ogni anno concorrono circa 16000 medici, numero destinato ad aumentare finché permane questo “imbuto formativo” che lascia molti di loro fuori dalla specializzazione, tutto nella speranza di accaparrarsi una delle 6000 borse/contratti che vengono messe a disposizione a livello nazionale; 2) Vincere la selezione per il corso di Medicina generale della durata di tre anni, che conferisce il titolo valido per poter lavorare come medico di famiglia. Il concorso regionale: quest’anno era di 40 posti per 500 candidati; 3) Cercare di lavorare, ma quest’ultima opzione è pressoché inesistente, in quanto senza titolo specialistico, a livello europeo è illegale lavorare nel SSN. Pertanto, nel Sistema Sanitario, sia a livello regionale, sia nazionale, si verificano delle criticità che sono sotto gli occhi di tutti, dovute soprattutto alla mancanza di una programmazione basata sulle necessità del territorio. Nello specifico, si parla già da tempo della carenza di medici specialisti e di medici di famiglia. A causa dei pensionamenti previsti nei prossimi anni, del mancato turnover e della mancanza di assunzioni di giovani medici che rimpiazzino quelli andati in pensione, la situazione peggiorerà ulteriormente. In Sardegna, i soli medici di famiglia che andranno in pensione, secondo FINMG, saranno oltre 500 nei prossimi cinque anni, e 33392 a livello nazionale. La mancanza di medici, per coprire i posti lasciati vacanti, inevitabilmente si rifletteranno nel peggioramento della qualità dell’assistenza alla popolazione, che necessita di un Sistema Sanitario efficiente, la cui gratuità deve essere garantita, e in cui vadano ridotte le troppo lunghe liste d’attesa che, purtroppo, sempre più spesso si verificano nei reparti ospedalieri e nei pronto soccorso, ormai al collasso. Un fatto che non viene sottolineato come merita, è che nel 2018, in Sardegna solo il 40% circa dei medici abilitati alla professione, ha avuto accesso alla formazione post-laurea. Oltre ai disagi dei cittadini che ben conosciamo, come l’assenza della figura del pediatra in molti paesi della Sardegna, questa situazione, costringe i medici sardi ad emigrare all’estero in cerca di occupazione, con perdita di figure professionali e delle risorse investite per la loro formazione nella nostra Isola. Per fronteggiare questo quadro non roseo, molti medici sardi, impossibilitati al completamento della formazione, hanno deciso di unirsi per chiedere una programmazione adeguata delle borse finanziate dalla Regione Sardegna, per la Medicina generale e per le scuole di specializzazione. Infine, è paradossale che le borse stanziate e pagate dalla Regione, in pratica dal contribuente sardo, a causa di criteri restrittivi poco sostanziali, spesso vadano assegnate a specialisti di oltre mare, che in alcune situazioni rinunciano al contratto durante la formazione specialistica, “bruciando” quindi le risorse stanziate, oppure tornando nella propria regione, dopo aver conseguito il titolo di specialista, rendendo di fatto indisponibile la figura professionale, per la quale la Regione Sardegna aveva speso dei soldi destinati alla formazione dei medici isolani. Questo, costringe i Sardi a dover ricorrere al cosiddetto “turismo sanitario”, con viaggi in altre regioni, per ricevere cure adeguate. Negli ultimi 6 anni, la spesa per le prestazioni extra regione, è aumentata del 50% circa. Tutto questo, per vedere assicurato il proprio diritto alla salute, peraltro sancito dalla Costituzione, a causa della mancanza di medici e di specialisti nell’Isola. Ai circa 345 medici che quest’anno sono rimasti fuori dalla formazione in Sardegna, bisognerà aggiungere gli altri 200 laureati ai test del 2019, così ripartiti: 127 a Sassari; 172 a Cagliari; 33 a Nuoro; 13 a Oristano. Per evitare la drastica riduzione di medici in Sardegna – conclude la lettera dell’Associazione Mèigos – bisogna aumentare le borse per la Medicina generale e per la specializzazione, rivedendo anche i criteri di assegnazione: con un sesto dei 285 milioni, che lo Stato deve alla Sardegna, si formerebbero tutti i medici dell’Isola, venendo di fatto assicurato il completo ricambio delle figure mediche del Sistema Sanitario Regionale”.
Rosy Massa