Un viaggio sul filo delle emozioni con la cifra immaginifica dello scrittore nuorese che traccia un vivido affresco della Sardegna – e dell’Italia – tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento mettendo in risalto il contrasto fra la cultura arcaica dell’antica civiltà agro-pastorale e l’irrompere della modernità, tra la ferocia della guerra e la dolcezza dell’amore, per indagare le origini sociali e in certo qual modo politiche di un fenomeno come il Banditismo.
Una pièce costruita sull’intrecciarsi di parole e note – con la voce recitante di Anna Brotzu e la colonna sonora creata ed eseguita dal vivo da Andrea Congia (chitarra e synth) – per riscoprire le atmosfere di un recente passato in cui valori come la solidarietà erano ancora fortemente sentiti e attuali una “trasgressione” alle regole non scritte dell’ospitalità e del reciproco aiuto significava “capovolgere il mondo”.
Il romanzo racconta la storia del protagonista dall’infanzia e dalla prima adolescenza, addirittura dai segni premonitori – «Quel bambino ha il cuore a forma di testa di lupo… ha il cuore spigoloso come quello degli assassini» – dice Annica Tola ad Antioca, la madre di Samuele, dopo aver incontrato nello sguardo del bambino un dolore antico di secoli – per poi seguirlo sul fronte in Tripolitania e in Cirenaica, e di nuovo sul Carso dove il giovane ogliastrino dà prova di un insospettabile talento per il gioco delle armi.
In guerra impara l’arte di uccidere e in patria si rivela un “balente” insomma ribelle quel tanto che basta da non sopportare le angherie dei potenti, un temperamento non facile e per nulla remissivo che lo spinge a infrangere le leggi, e poi verso la latitanza per sfuggire alla prigione. Marcello Fois si confronta con l’enigma di un uomo coraggioso, perfino temerario, divenuto capace di azioni efferate e cerca una ragione, forse, nella follia, nata dalla disperazione e dalla solitudine: all’origine di tutto, però, prima ancora di una beffa degenerata in tragedia e causa di una “inimicizia terribile” – un gesto minimo, insignificante ma emblematico: “un bicchiere d’acqua negato”.
La metamorfosi di quel giovane reduce, soldato decorato e “innamorato”, congedato con il grado di sergente, nel terrore d’Ogliastra diviene la risposta – l’unica possibile forse – a un sistema fondato sull’ingiustizia e sulla sopraffazione in cui i più deboli son destinati a subire e soccombere, e se scelgono di combattere si ritrovano irrimediabilmente dalla parte del torto. Samuele Stoc(c)hino – con due c come sottolinea l’autore – coincide solo in parte con il personaggio storico, è l’eroe tra luci e ombre di una singolare epopea in cui le stragi sembrano avere l’obiettivo di ricomporre un ordine stravolto, di riaffermare sia pure in modo sommario una qualche forma di “giustizia”.
La prosa evocativa di Marcello Fois sottolinea il fascino e la sensualità delle notti d’Ogliastra tra paesaggi lunari e una natura aspra e selvaggia densa di aromi, in cui il protagonista, fanciullo prima poi adolescente e infine adulto – prima del tempo – scopre l’amara verità su un mondo dove vige la legge del più forte. La perdita dell’innocenza è il passaggio cruciale, intorno a cui si dipana una vicenda intessuta di verità storiche e documentate e fantastiche fino a raggiungere quella coscienza di sé e della realtà che è anche “memoria del vuoto”.
Una trama avvincente per una serata da trascorrere nell’atmosfera convivale caratteristica di “Suoni nel Segno” – la rassegna ideata e diretta dall’attore e regista Stefano Ledda – per cui la compagnia cagliaritana Teatro del Segno apre la sua “casa” nel quartiere di Villanova per ospitare performances, spettacoli, concerti, mostre e installazioni tra i riflessi delle fiamme di un camino (se fa freddo) e un calice di vino