In antichità il princìpio di sussidiarietà era parallelo, simmetrico a quello di solidarietà. Sussidiarietà come dovere, in seno alle istituzioni politiche, di sostegno, supporto, riconoscimento e valorizzazione dei diritti del singolo e della comunità, attraverso opere atte allo sviluppo degli stessi, degli ideali di libertà ed uguaglianza.“Dal mattino comincia a dire a te stesso: incontrerò gente vana, ingrata, violenta, fraudolenta, invidiosa, asociale; tutto ciò capita a costoro per l’ignoranza del bene e del male. Io, invece, che ho capito, avendo meditato sulla natura del bene, che esso è bello, e sulla natura del male che esso è turpe e sulla natura di chi sbaglia che egli è mio parente, non perché si sia del medesimo sangue e seme, ma perché egli è, come me, provvisto di mente e partecipe del divino, e che non posso essere danneggiato da alcuno di loro, perché nessuno mi potrà coinvolgere nella sua turpitudine, ebbene, io non posso né adirarmi con un mio parente né provare odio per lui. Siamo, infatti, nati per la cooperazione, come i piedi, le mani, le palpebre, i denti in fila sopra e sotto. L’agire gli uni contro gli altri è dunque contro natura, ed è agire siffatto lo scontrarsi e il detestarsi”
Marco Aurelio
Questa definizione assume un più ampio respiro nel quadro di riferimento dell’Unione Europea che opera formalmente secondo l’unitarietà di intenti a legittimazione dei princìpi di fondazione (n. 211/2011, 268/2012, 517/2013, 887/2013 e 142/2013/UE), così come enunciato specificamente nelle disposizioni comuni del Trattato di Maastricht (n. 191/1992). Il termine sussidiarietà, legato alla storia antica, deriva dal latino “subsidium” ed identificava le truppe sussidiarie o ausiliarie romane che stavano dietro al fronte ed intervenivano in caso di necessità. Un importante ed imprescindibile necessità umana, sganciata da logiche militaristico-strategiche, soprattutto riscontrabile nell’odierna società consumistico-capitalistica.
“Dobbiamo cercare di aver fiducia l’uno nell’altro. Stare insieme e cooperare”
Jomo Kenyatta
Introduciamo in questo modo l’importanza del termine mutualità e cooperazione così come sancito dall’art. 45 della Carta Costituzionale che reca “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata” e “la legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità” in seno al princìpio universale della condivisione e della cooperazione pura, trattata in questa sede, facilmente desumibile da una prima interpretazione del contenuto. All’art. 17 della Costituzione viene altresì specificato che “i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi“, atto a sottolineare il carattere aggregativo dell’incontro, di riunione, comunità.
Le organizzazioni non governative, italiane e non, operano spesso in scenari di guerra, carestie e difficoltà economico-sociali rilevanti nell’intento di ricostituire un paese, una lingua, una cultura in ottica di convergenza, ri-comunione, ri-conciliazione di tutte quelle politico-religiose atte soltanto a separare. Riconosciamo nella spinta motivazionale al lavoro delle Ong dell’Unione Europea, come in tutte le altre, un approccio di tipo solidaristico-umanitario basato sulla giustizia sociale, sull’equità e sul rispetto dei diritti umani, nonché sulla cooperazione allo sviluppo.
Hellen Keller, autrice dell’ottocento scriveva: “L’idea di fratellanza risorge sul mondo con un significato più ampio della mera associazione di membri in una setta o in un credo. E i pensatori dalla grande anima come Lessing provocano il mondo chiedendo cosa sia più divino, se l’odio e la lotta all’ultimo sangue fra le religioni o l’armonia e la cooperazione. Gli antichi pregiudizi dell’uomo contro i suoi fratelli tentennano e si ritirano di fronte alla radiosità di un più generoso sentimento, che non sacrifica l’uomo alla forma o lo deruba della serenità e della forza che esso trova nel suo credo. L’eresia di un’era diventa l’ortodossia dell’era seguente. La mera tolleranza ha lasciato il posto ad un sentimento di fratellanza fra uomini sinceri di tutte le confessioni“. E sarebbe auspicabile anche soltanto il riconoscimento e la valorizzazione del termine fratellanza, il mantenimento di linee politiche programmatiche che prevedano sempre la sensibilizzazione e lo sviluppo della società a tematiche umanitarie applicative, per dare un senso concreto al carattere di mutualità e cooperazione contenute nell’articolo 45 della Costituzione.
Come sempre rimango stupito dalla bellezza, dalla ricchezza e dalla brevità sistematica, concisa e coerente della nostra Costituzione, documento spesso oggetto di inique partiture, disconoscenze politiche transitorie intemperanti atte a screditarla e svalorizzarla.
Daniele Fronteddu