Una moderna epopea dei vinti narrata in chiave onirica dallo straordinario affabulatore capace di evocare mondi lontani e fantastici e trasfigurare in poesia il degrado delle periferie metropolitane: l’ideale trilogia iniziata con”Laika” (2015) e proseguita con “Pueblo” (2017) affronta temi delicati e scottanti come le moderne migrazioni e lo sfruttamento dei clandestini, per scoprire la bellezza nascosta nella routine del quotidiano e perfino nella lotta per la sopravvivenza degli ultimi tra gli ultimi, tra slanci di incomprensibile generosità e preziosi e rari gesti di solidarietà.
Focus sulla folla degli “invisibili” che abitano nelle nostre città – dai clochards ai sans-papiers, ma anche i bambini educati alla dura scuola della vita di strada, cresciuti in famiglie disastrate o in istituti a dir poco inadeguati e sugli “zingari” tra pregiudizi e fascino di un’esistenza libera e fuori dalle regole – in una narrazione corale fatta di tante storie che si intrecciano, tra allegria e malinconia, innocenza e crudeltà.
Ascanio Celestini – sulla colonna sonora eseguita dal vivo da Gianluca Casadei – raffigura un variopinto microcosmo “sommerso” e quasi irraggiungibile, perfettamente nascosto sotto la superficie della rasserenante anche se forse un po’ banale – e spesso illusoria – “normalità”, un universo parallelo dove un padre insegna alla figlia a rubare e un altro padre, scomparso o perduto, riaffiora dai sogni, mentre una madre sembra smarrirsi e svanire in una sorta di lontananza oltre il muro delle illusioni. Amare verità messe a nudo con l’ingenua semplicità dei cuccioli della specie e dei puri di cuore, ignari del male, testimoni e vittime della perfidia e della sopraffazione, eppure ancora capaci di indignarsi per un’ingiustizia e di provare empatia verso i propri simili.
L’artista romano restituisce la voce a chi non sa o non può (più) parlare né tanto meno gridare la propria rabbia o la propria delusione, il proprio sconcerto o il proprio dolore, seguendo il filo dei pensieri per offrire l’immagine commovente di un’umanità fragile con tutti i suoi difetti, le sue intemperanze e debolezze, gli errori e gli incidenti di percorso, ma capace di resistere alle peggiori intemperie – reali e metaforiche – con un’irresistibile, perfino contagiosa voglia di vivere.