Protestano con una sofferenza e un dolore tali, da riuscire a modificare le espressioni dei loro visi che diventano di dolore, quando impotenti, vedono il frutto dei sacrifici di una vita scorrere lungo le strade. Un gesto estremo che ci fa capire quanta stima meritino queste persone, la cui unica richiesta è il rispetto.
Il rispetto per un lavoro che ogni giorno svolgono con passione e devozione, nessuna elemosina, né promesse che non contano niente, ma solo fatti concreti.
Un litro di latte pagato 0,60 centesimi presuppone un guadagno davvero minimo. E’ un’ingiustizia e si lavorerebbe in perdita, non è complicato da comprendere, e allora perché tutta questa ostinazione e insensibilità da parte di chi potrebbe e dovrebbe fare qualcosa?
E’ così difficile provare empatia per queste famiglie che vogliono vivere dignitosamente, far studiare i propri figli infondendo loro fiducia nel futuro ed educandoli all’amore per il mestiere del papà o del nonno?
La protesta del latte è dunque il grido d’aiuto di un’intera isola che scende in piazza accanto ai suoi pastori fiera e determinata. Le lenzuola bianche esposte nei balconi delle case, i bambini con i cartelli in mano “io sto con i pastori sardi” e tanta solidarietà per chi ci sta insegnando come combattere per far valere i propri diritti, e soprattutto come esigere il rispetto per un lavoro portato avanti con sacrificio e dignità.
Circa la metà del latte ovino in Italia è prodotto in Sardegna e questo dovrebbe far capire la necessità di porre rimedio ad una situazione diventata di fondamentale importanza, non solo per i pastori, ma per tutti noi.