L’obiettivo dell’incontro è sensibilizzare e informare l’opinione pubblica su queste patologie e sul loro impatto nella vita dei pazienti, ma anche fornire un messaggio positivo ai pazienti dell’isola, tra questi molti giovani, che ne sono colpiti. Convivere con la Malattia di Crohn e la Colite Ulcerosa è possibile, anche senza rinunciare ai propri sogni. Ma per farlo, occorre riconoscere tempestivamente i sintomi per arrivare a una diagnosi precoce e alla giusta terapia. Oggi la ricerca scientifica ha fatto dei progressi straordinari e, nonostante non ci sia ancora, una cura risolutiva sono disponibili terapie innovative che riescono a ridurre i sintomi e portare alla remissione. Un appuntamento focalizzato non solo sulla cura farmacologica, ma anche sulla nutrizione e sul benessere psico-fisico, con l’intervento di specialisti gastroenterologi e professionisti del settore.
COSA SONO LE MALATTIE INFIAMMATORIE CRONICHE INTESTINALI (MICI)- Sono 250mila gli italiani stimati che soffrono di MICI, malattie infiammatorie croniche intestinali (conosciute anche come IBD – Inflammatory Bowel Diseases, secondo l’acronimo anglosassone). Si tratta di patologie tipiche dell’età giovanile, perché, in generale, il picco di esordio è generalmente compreso nella fascia tra i 15 e i 30 anni. Queste malattie, caratterizzate nel loro decorso dall’alternarsi di fasi di riacutizzazione e di remissione, con danno intestinale progressivo, si distinguono in due tipi principali: la Malattia di Crohn (MC) e la Colite Ulcerosa (CU). Il 20% di tali patologie esordisce addirittura in età pediatrica, provocando una condizione che spesso non permette di svolgere le normali attività quotidiane, nonché sintomi che si preferisce nascondere, e spesso anche l’isolamento dei soggetti malati.
SIMONE, IL TESTIMONIAL, UN CAMPIONE CHE SFIDA IL TEMPO – Simone, 23 anni, ha scoperto la sua condizione nel 2016. Per cinque mesi, prima della corretta diagnosi, non ha potuto programmare non solo i suoi impegni sportivi, ma neanche quelli scolastici e ludici. Eppure, nonostante la malattia, è riuscito a diventare, con sacrificio e dedizione, un campione mondiale, una delle punte di diamante della nazionale italiana a livello internazionale. Nel suo palmares si contano già otto medaglie d’oro, nove d’argento, sette di bronzo, tra campionati italiani, europei e mondiali. È per questo che ha scelto di essere il testimonial della nuova campagna promossa da IG-IBD, Gruppo Italiano per le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali.
La sua testimonianza è di grande esempio e significato, di chi ha saputo raggiungere gli obiettivi di successo, senza rinunciare ai propri sogni può essere un esempio positivo per tutti. Simone è in cura per la colite ulcerosa con IG-IBD. Già da molti mesi Sabbioni ha prestato il suo volto e la sua immagine per la campagna in favore dei pazienti, raccontando la sua esperienza sin da giovanissimo e l’esperienza di vita quotidiana di un ragazzo oggi in cura che “non si sente più un semplice malato”con un racconto spontaneo e di grande esempio per tutti i suoi coetanei di un giovane ricco di sogni da voler realizzare e di traguardi sportivi da voler raggiungere. Una sfida che non è solo in vasca contro il tempo, ma anche contro la malattia per poterla gestire grazie ad un rapporto costante con lo specialista IG-IBD.
“OBIETTIVO MONDIALI” – “A causa di un infortunio alla spalla – spiega Simone – sono rimasto bloccato per due mesi, tra gennaio e febbraio, non riuscendo a disputare gli Italiani Assoluti a Riccione, e non sono riuscito quindi a qualificarmi per i Mondiali. Ora mi sto preparando duramente per il Settecolli, che si terranno a Roma a giugno. Se tutto dovesse andare bene, come spero, allora punterò ai Mondiali. In alternativa disputerò una tappa di Coppa del Mondo a Tokyo in agosto. Ma il mio grande sogno da realizzare sono le Olimpiadi: ce la metterò tutta”.
LE URGENZE ITALIANE – “In Italia – spiega il Prof. Alessandro Armuzzi -Segretario generale IG-IBD – manca ancora un registro nazionale, quindi le cifre non sono certificate. Si può però stimare che il 40% di questi 250mila casi sia affetto dalla malattia di Crohn, mentre il restante 60% da colite ulcerosa. Le malattie infiammatorie croniche intestinali hanno il picco di incidenza tra i 20 e i 30 anni di età. Nel 20% della popolazione italiana le malattie infiammatorie croniche intestinali esordiscono in età pediatrica, provocando un decorso più aggressivo. La gestione di questi casi richiede un’attenzione notevole: i bambini affetti potrebbero rischiare di incorrere in un ritardo di crescita, ma anche in ricoveri ospedalieri ed interventi chirurgici, come accade spesso per i pazienti più adulti”.
LA TESTIMONIANZA DEI PAZIENTI – “La storia di Simone ci insegna quanto sia importante diagnosticare precocemente queste patologie – dichiara Salvo Leone, Direttore Generale di AMICI Onlus – Sappiamo che in media c’è un ritardo diagnostico di circa 2 anni tra l’insorgenza dei sintomi e la diagnosi, che determina una malattia più aggressiva che richiede frequenti ricoveri, ricorso alla chirurgia e che richiede l’utilizzo di farmaci più costosi, i farmaci biotecnologici per intenderci. Ma ci sono anche costi a carico dei pazienti che spesso non vengono considerati e che sono stati evidenziati bene in uno studio commissionato da AMICI. Si tratta di una ricerca condotta in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma che ha stimato per la prima volta il costo annuo a carico di un paziente affetto da Crohn o colite ulcerosa in circa 750 euro.
L’indagine nasce dall’osservazione del fatto che le MICI, in quanto malattie croniche, condizionano l’intera vita dei pazienti dal momento della diagnosi e parte dalla constatazione che, oltre ai costi per le visite mediche specialistiche, i ricoveri, le ospedalizzazioni, gli interventi chirurgici e i farmaci, un consistente carico economico ricade sui pazienti ma anche sulla spesa sociale derivante dalle assenze dal lavoro e dalle perdite di produttività. Il 58,2% dei pazienti intervistati è attualmente occupato e di questi il 79,12% ha dichiarato di aver perso fino a 27 giornate lavorative all’anno a causa della propria condizione. Il 69,67% dei pazienti ha dichiarato di essere stata accompagnata da altre persone alle visite e agli esami e il 62,92% di questi caregivers ha dovuto assentarsi dal proprio posto di lavoro per 11 giorni all’anno.
Infine – conclude Leone – riteniamo utile sottolineare l’importanza di adottare percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (PDTA) sia a livello territoriale che ospedaliero e percorsi integrati ospedale – territorio per evitare lo spostamento dei pazienti da una Regione all’altra alla ricerca dell’offerta sanitaria migliore con uno spreco di risorse del Sistema Sanitario Regionale. A tal proposito, ci rendiamo disponibili con le Istituzioni Regionali per la convocazione di un tavolo tecnico che applichi il PDTA sulle MICI sottoscritto dalla Conferenza Stato Regioni nel 2015 e mai applicato in Sardegna. Standardizzare i percorsi di cura, applicare a livello regionale i PDTA approvati dalla Conferenza Stato-Regioni può servire a ridurre questi costi ed a liberare risorse da investire in innovazione e LEA”.