La Rivoluzione francese segna il definitivo tramonto del diritto commerciale come diritto di classe. Il dato storico più importante è la perdita di autonomia di questa branca del diritto.
Si assiste a un radicale rovesciamento di prospettiva, dal momento che le istanze egualitarie di libertà, propugnate dalla Rivoluzione francese, si propagano a tutta Europa. Viene messa al bando ogni opzione politica che si ponga in termini di privilegio, di monopolio, di esclusività. Si afferma anche in ambito economico il principio di libertà, che segna il radicale travolgimento dell’idea di diritto commerciale come diritto di classe.
Si afferma pertanto in questa fase l’idea che l’attività economica non sia più appannaggio soltanto di alcuni, ma che sia fruibile da parte di chiunque. Un diritto di tutti, senza limiti.
Questa è dunque la fase che segna il culmine della evoluzione del diritto commerciale.
Questa definitiva ulteriore perdita di autonomia non travolge anche l’ultimo tratto caratteristico, che accompagnava il diritto commerciale sin dalla fase comunale. Infatti si atteggia ancora come uno ius singulare, esprime ciononostante istanze di deroga. Almeno dal punto di vista sostanziale detta principi e regole diverse, che disciplinano diversamente le relazioni commerciali dalle relazioni extracommerciali.
Ancora una volta l’esperienza significativa – come nel caso di Colbert e la codificazione – è quella francese. Infatti accanto al Code civile si affianca uno specifico Codice di commercio, che si pone in una logica di specialità rispetto al primo.
Ultimo elemento di continuità rispetto al passato è che permane un doppio canale anche nel sistema giurisdizionale: accanto ai tribunali civili, che applicano il codice civile, continuano ad essere previsti i tribunali di commercio.