La commedia dolceamara incentrata su una partita a poker fra amici in cui affiorano rivalità e tradimenti, sconfitte e antichi debutterà in prima regionale DOMANI (domenica 14 aprile) alle 21 al Teatro Comunale di San Gavino Monreale, per approdare lunedì 15 aprile alle 21 al Teatro Grazia Deledda di Paulilatino, martedì 16 aprile alle 21 al Teatro Comunale di Sassari e infine mercoledì 17 aprile alle 21 all’Auditorium Primo Longobardo de La Maddalena (che segna il ritorno del CeDAC sull’isola per un evento organizzato in collaborazione con La Valigia dell’Attore).
Focus sul gioco (d’azzardo) come specchio e metafora dell’esistenza in “Regalo di Natale” –trasposizione teatrale dell’omonimo film di Pupi Avati che tocca un tema fondamentale come l’amicizia – con le ambiguità e i tradimenti, le rivalità e i fallimenti – in tournée nell’Isola sotto le insegne della Stagione 2018-2019 de La Grande Prosa organizzata dal CeDAC nell’ambito del Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna.
La commedia agrodolce – e attualissima nella riscrittura firmata da Sergio Pierattini – che mette l’accento sulle umane debolezze in una partita a poker che diventa l’occasione per un amaro bilancio dei protagonisti, debutterà in prima regionale DOMANI (domenica 14 aprile) alle 21 al Teatro Comunale di San Gavino Monreale per approdare lunedì 15 aprile alle 21 al Teatro Grazia Deledda di Paulilatino, martedì 16 aprile alle 21 al Teatro Comunale di Sassari e infine mercoledì 17 aprile alle 21 all’Auditorium Primo Longobardo de La Maddalena (per un evento organizzato in collaborazione con La Valigia dell’Attore – che segna il ritorno del CeDAC nell’arcipelago).
Un eccellente cast – che schiera Gigio Alberti (volto noto del grande e del piccolo schermo, da “Kamikazen” e “Mediterraneo”, “Sud”, “Nirvana” e “Quo vadis, Baby?” di Gabriele Salvatores, ai films di Marco Bellocchio, Cristina Comencini, Silvio Soldini e Paolo Virzi, fino a “Assolo” di Laura Morante e al recente “Exitus” oltre all’intensa carriera teatrale – dal successo di “Comedians” a “Art” di Yasmina Reza con Alessandro Haber e Alessio Boni) e Filippo Dini – uno dei più raffinati interpreti della scena italiana contemporanea (Premio Le Maschere del Teatro per “Il discorso del re”) insieme con l’attore e comico Giovanni Esposito (da Pippo Chennedy Show e Mai dire…, al sodalizio con Aldo, Giovanni e Giacomo.), l’attore (e produttore) Valerio Santoro e l’attore e cantante Gennaro Di Biase (Tutti Pazzi per Amore) per una pièce che fotografa il nostro tempo e il declino della civiltà – tra egoismo e indifferenza, insensibilità e spregiudicatezza.
“Regalo di Natale” – nell’allestimento de La Pirandelliana con scenografie di Luigi Ferrigno, costumi di Alessandro Lai e luci di Pasquale Mari – descrive una partita a poker fra amici per trascorrere la sera della vigilia in compagnia di un atteso ospite, il facoltoso avvocato Santelia. I quattro protagonisti si conoscono e frequentano da tempo ma i legami tra loro si son fatti via via più labili, non sono mancati i contrasti e perfino i “tradimenti”, quindi dietro l’apparente familiarità si nascondono vecchi rancori e nodi irrisolti. Il ruolo dell’ospite è chiaro e inequivocabile: è lui la vittima predestinata, il ricco e ignaro finanziatore dei sogni e del riscatto degli altri giocatori, un “pollo” su cui i presenti sperano di far valere la propria abilità e bravura, forse anche un uomo che non soffrirebbe troppo della perdita, disposto a rischiare ingenti somme per puro divertimento.
La situazione degli altri quattro non è per nulla serena: Franco è un imprenditore i cui affari nel settore delle multisale cinematografiche non godono al momento di troppa fortuna; Lele è un critico teatrale non esattamente affermato che vive all’ombra dell’amico; Ugo lavora in televisione e ha alle spalle un matrimonio fallito e Stefano, il più idealista, almeno a modo suo, tira a campare con piccoli traffici. Sul piatto non c’è soltanto la porta in denaro ma anche e soprattutto un’analisi e una valutazione soggettiva dei propri successi e fallimenti, un calcolo dei guadagni e delle perdite nel corso degli anni, tra le conseguenze di azioni e scelte non sempre felici, con l’affiorare di sentimenti ambivalenti – dalla simpatia all’odio. Il passato riemerge insieme alle delusioni, ai raggiri e agli (auto)inganni e una “semplice” partita a carte si tramuta in resa dei conti, in particolare per Ugo e Franco – tra i quali c’è la ferita ancora aperta del tradimento, a causa di una donna, la moglie dell’uno invaghitasi dell’altro, in un rapporto simile alla strana gelosia di Iago per Otello, con un sotterraneo tormento che avvelena i pensieri e esige vendetta. La partita rappresenta l’occasione per un incontro e forse una (temporanea) rappacificazione tra i due antagonisti, in vista di un’ipotetica vincita con cui l’imprenditore potrebbe se non risolvere i problemi almeno evitare il fallimento.
In un susseguirsi di rivelazioni anche imbarazzanti e coups de théâtre la storia grottesca e caratterizzata da una buona dose di humour nero volge all’epilogo, lasciando dietro di sé una sorta di nostalgia per i valori e i principi trascurati o dimenticati, per gli ideali della giovinezza e l’illusione di un mondo migliore – o almeno di essere persone migliori per scoprire insieme ai protagonisti un senso di smarrimento, quasi una vertigine davanti alla coscienza della verità, tra amarezza e disincanto.
Nelle sue note Marcello Cotugno cita il sociologo Roger Callois, che nel saggio “I giochi e gli uomini” identifica «quattro categorie: agon o competizione, alea o caso, mimicry o maschera ilinx o vertigine». Il regista sottolinea che: «Il poker, secondo molti, si avvicina all’idea del gioco perfetto, poiché racchiude in sé tutte e quattro queste anime. “Nulla come il gioco del poker vi rivela – sostengono il filosofo Rovatti e il sociologo Dal Lago – la persona morale di chi vi sta di fronte (e la vostra a loro)”. Il poker è anche un nobilissimo gioco tra gentiluomini, un rito moderno in cui mostrarsi per quello che non si è, proprio come in una rappresentazione teatrale: quanto più la maschera è forte e impenetrabile, tanto più sarà difficile comprendere i nostri punti».
Per Cotugno: «Con la sua stringente contemporaneità e la sua universalità fuori dal tempo, la parabola di “Regalo di Natale” è allora il trionfo del singolo sul collettivo, è la metafora del successo di uno conquistato a spese di tutti, è il simbolo di una teatralità doppia e meschina, è un’amara riflessione su come stiamo diventando. O su come forse siamo già diventati».
«Se il poker è lo specchio della vita» – conclude il regista – «il teatro è il luogo dove attori e spettatori si possono rispecchiare gli uni negli altri. E due specchi messi uno di fronte all’altro generano immagini. Infinite.
La Pirandelliana
Regalo di Natale
di Pupi Avati
adattamento teatrale Sergio Pierattini
con Gigio Alberti, Filippo Dini, Giovanni Esposito, Valerio Santoro, Gennaro Di Biase
scenografie Luigi Ferrigno
costumi Alessandro Lai
luci Pasquale Mari
regia Marcello Cotugno
Quattro amici di vecchia data, Lele, Ugo, Stefano e Franco, si ritrovano la notte di Natale per giocare una partita di poker. Con loro vi è anche il misterioso avvocato Santelia, un ricco industriale contattato da Ugo per partecipare alla partita.
Franco è proprietario di un importante cinema di Milano ed è il più ricco dei quattro, l’unico ad avere le risorse economiche per poter battere l’avvocato, il quale tra l’altro è noto nel giro per le sue ingenti perdite. Tra Franco e Ugo però, i rapporti sono tesi; la loro amicizia, infatti, è compromessa da anni, al punto tale che Franco, indispettito dalla presenza dell’ormai ex amico, quasi decide di tornarsene a casa. La sola prospettiva di vincere la somma necessaria alla ristrutturazione del cinema lo fa desistere dall’idea.
La partita si rivela ben presto tutt’altro che amichevole. Sul piatto, oltre a un bel po’ di soldi, c’è il bilancio della vita di ognuno: i fallimenti, le sconfitte, i tradimenti, le menzogne, gli inganni. È uno tra i più bei film di Avati, lucido, amaro, avvincente.
Con la sua stringente contemporaneità e la sua universalità fuori dal tempo, la parabola di Regalo di Natale di Pupi Avati racconta il trionfo del singolo sul collettivo, il simbolo di un’esistenza spesso doppia e meschina, un’amara riflessione su come stiamo diventando. O su come forse siamo già diventati.
Durata : 2 ore – con intervallo
Note di Regia
Ethos andropo daimon (Il carattere di un uomo è il suo destino)
Eraclito
Nel suo saggio I giochi e gli uomini, il sociologo Roger Caillois suddivide i giochi in quattro categorie: agon o competizione, alea o caso, mimicry o maschera ilinx o vertigine. Il poker, secondo molti, si avvicina all’idea del gioco perfetto, poiché racchiude in sé tutte e quattro queste anime. “Nulla come il gioco del poker vi rivela – sostengono il filosofo Rovatti e il sociologo Dal Lago – la persona morale di chi vi sta di fronte (e la vostra a loro)”. Il poker è anche un nobilissimo gioco tra gentiluomini, un rito moderno in cui mostrarsi per quello che non si è, proprio come in una rappresentazione teatrale: quanto più la maschera è forte e impenetrabile, tanto più sarà difficile comprendere i nostri punti.
Ci troviamo in una villa, la notte di Natale. Quattro amici, Franco, Ugo, Lele e Stefano, che non si vedono da dieci anni, incontrano quello che è designato ad essere il “pollo” da spennare: l’avvocato Sant’Elia, un uomo sulla sessantina, ricco e ingenuo, che sembra addirittura trovare consolazione nel perdere. In realtà è il presunto “pollo” a trovarsi di fronte quattro uomini che nella vita hanno giocato col destino e che, in un modo o nell’altro, hanno perso.
Originariamente ambientato negli anni ‘80, il testo è stato trasposto nel 2008, anno in cui la crisi economica globale si è abbattuta sull’Europa segnando profondamente la società italiana. In risposta a recessione e precariato, il gioco d’azzardo vive una stagione di fulminante ascesa, e – dalle slot che affollano i bar e al boom del poker texano – si moltiplicano i luoghi e le modalità in cui viene praticato.
I soldi facili sono la chimera inseguita anche dai nostri protagonisti, in un crescendo di tensione che ci rivela mano dopo mano come, al tavolo verde, questi uomini si stiano giocando ben più di una manciata di fiches.
Cinque attori di grande livello, Gigio Alberti, Filippo Dini, Giovanni Esposito, Valerio Santoro e Gennaro Di Biase, si calano in una partita che probabilmente lascerà i loro personaggi tutti sconfitti, a dimostrazione di come alcuni valori fondamentali delle relazioni umane – amicizia, lealtà e consapevolezza di sé – stiano dolorosamente tramontando dal nostro orizzonte. D’altro canto, già Aristotele, tra i primi filosofi a riconoscere il valore dell’amicizia (“l’amicizia è una virtù indispensabile all’uomo: nessuno sceglierebbe di vivere senza amici”), metteva in guardia gli uomini nello scegliere bene i propri amici, poiché interessi materiali possono facilmente prendere il sopravvento sul sentimento.
Con la sua stringente contemporaneità e la sua universalità fuori dal tempo, la parabola di Regalo di Natale è allora il trionfo del singolo sul collettivo, è la metafora del successo di uno conquistato a spese di tutti, è il simbolo di una teatralità doppia e meschina, è un’amara riflessione su come stiamo diventando. O su come forse siamo già diventati.
Se il poker è lo specchio della vita, il teatro è il luogo dove attori e spettatori si possono rispecchiare gli uni negli altri. E due specchi messi uno di fronte all’altro generano immagini. Infinite.
Marcello Cotugno
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