Siamo rimasti pazientemente in attesa che tutti i proclama si trasformassero in una realtà concreta e tangibile, fattadi aerei, operativi stabili, sviluppo, lavoro, profitto.
Non si può dire che le condizioni di partenza non fossero vantaggiose:
Il Qatar benefattore si è insediato con un’azienda snellita in maniera selvaggia sia nella quantità (leggasi licenziamenti) sia nella qualità (contratti di lavoro capestro, miseri e sotto costo).
Nonostante ciò e nonostante l’avallo a qualsiasi suo desiderio da parte della politica e delle solite note compagini sindacali, il nuovo attore è rimasto impantanato nelle sue poche e confuse idee che continuano a registrare epic-fail in termini di destinazioni e conseguente sviluppo.
È davvero molto difficile non notare preoccupanti similitudini con la storia recente targata Alitalia/Etihad con l’obbligo, però, di tenere a mente che purtroppo la nostra realtà è sprovvista dell’artificiosa ed artefatta solidità della compagnia di bandiera.
Per defibrillare una compagnia morente non basta un velo di trucco, un’uniforme nuova (ancorché dozzinale per tessuto e manifattura) quattro nuovi capetti a cui attribuite ruoli modesti elevandoli ad un rango inesistente.
Non sono piattini e forchettine a rappresentare l’asset industriale vero alla base del rilancio di un brand.
Tanto per rendere il concetto più chiaro:
Non è agli italiani che vanno insegnati i concetti di bellezza, stile ed accoglienza.
Quello che si chiede ad un partner industriale forte e capace che si presenta come portatore sano di know-how è che implementi strategie di sviluppo, frutto di studi di mercato e non di capricci o desiderata, che abbiano un’unica finalità: far volare aerei pieni con una programmazione a lungo termine ed una capillare organizzazione operativa.
Alla base di questo deve necessariamente esserci un management vero e non improvvisato, ricerche di mercato e posizionamento, vertici in grado di compiere azioni e scelte calibrate su dati e non su tentativi goffi e scomposti da start up di provincia.
I numeri parlano chiaro.
Abbiamo 10 aerei.
Dei programmi iniziali non è rimasto nulla, si aprono rotte “a caso” per poi chiuderle non appena i dati di vendita dimostrano che no, non c’è mercato.
Dati che forse andavano studiati prima, evitando fanfare ed improbabili tagli di nastro.
Quello di cui abbiamo bisogno è di un management con la “M” maiuscola. Un team davvero qualificato che sia in grado di farci operare con ambizioni realistiche in un mercato ultra competitivo come quello europeo prima e mondiale poi.
Per ora il bilancio è il seguente: apertura e chiusura di rotte improduttive, perdita di presidi storici e solidi,dismissioni di aeromobili, salvo prenderne in wet leasing nemmeno ricorrendo a quelli del partner, e cessioni di personale tecnico (piloti) altamente qualificato a competitors diretti.
Tutti indicatori chiari di quanto confuse ed inadeguate siano le idee di chi oggi ha in mano le redini di questa azienda.
Avanti così dunque?
AP – Associazione Piloti