Arrivano ulteriori conferme scientifiche che i laghi italiani sono invasi dalle microplastiche. Questa volta però la prova è in un centro senso indiretta perché deriva dall’analisi di prelievi operati da un team di ricercatori commissionati dalla trasmissione RSI per i consumatori Patti chiari ha fatto analizzare i pesci del lago Ceresio. In tutti i campioni è stata riscontrata la presenza di microplastiche. Si tratta delle prime analisi del genere effettuate in Svizzera da un laboratorio specializzato. Queste analisi fanno seguito alla pubblicazione, nel gennaio scorso, di uno studio del Dipartimento del Territorio del Cantone Ticino, che aveva evidenziato quantitativi di microplastiche nel Ceresio pari al doppio della media dei laghi svizzeri. Dopo la pubblicazione di questi dati la trasmissione Patti chiari ha commissionato delle analisi approfondite al Laboratorio dell’Istituto di ingegneria ambientale del Politecnico federale di Losanna (EPFL). In tutti i campioni analizzati è stata riscontrata la presenza di frammenti e fibre provenienti da materie plastiche. Secondo Florian Breider, responsabile del Laboratorio dell’Istituto di ingegneria ambientale dell’EPFL, intervistato nell’ambito del servizio di Patti chiari, queste analisi confermano il legame diretto tra la presenza di microplastiche nelle acque dei laghi e la loro presenza nell’apparato digerente dei pesci. Non è escluso un passaggio di sostanze tossiche legate alle microplastiche dall’apparato digerente alla polpa dei pesci. Gli effetti sulla salute dell’uomo al momento non sono chiari. Analisi di laboratorio effettuate dall’Università di Toronto e mostrate nel servizio di Patti chiari hanno rilevato effetti infiammatori delle microplastiche sul fegato dei pesci. Complessivamente sono stati analizzati 11 esemplari (10 persici e 1 gardon) pescati nel Ceresio il 28 febbraio 2019. A tutti i pesci sono stati estratti l’intestino e lo stomaco, poi immersi in una soluzione liquida per 24 ore per farli sciogliere: quello che non si dissolve, ad esempio le plastiche, si può recuperare. Il liquido è stato poi filtrato in filtri sempre più piccoli. In tutti gli 11 campioni sono state trovate microplastiche, anche se in quantità diverse. Le microplastiche trovate nei pesci non si possono vedere ad occhio nudo: si tratta di frammenti minuscoli che con il tempo diventano ancora più piccoli. Quando parliamo di microplastiche, intendiamo plastiche di taglia fino a 1 millimetro. 1 micron signifca 1 millesimo di millimetro: per capirci è come 1 metro rispetto a 1 chilometro. Le microplastiche cercate sono state suddivise in tre gruppi legati alle rispettive dimensioni: maggiori di 500 micrometri; tra 100 e 500 micrometri; minori di 100 micrometri.Per avere un termine di paragone, un globulo rosso ha un diametro di 8 micrometri. Le fibre che sono state trovate hanno un diametro che è simile al diametro di un capello. Sono state trovate quantità maggiori di fibre e frammenti molto piccoli. Più si va nel piccolo e più ce ne sono. Finora non è stato dimostrato il passaggio di microplastiche dall’apparato digerente dei pesci alla polpa attraverso la parete cellulare dello stomaco. Questa eventualità non può però essere esclusa a priori. Va detto anche, come specifica il professore dell’EPFL intervistato da Patti Chiari, che non è improbabile che in futuro si scopra che delle nanoparticelle di plastica (dunque ancora più piccole) possano essere presenti in altri organi e non solo nello stomaco dei pesci. All’Università di Toronto in Canada sono stati effettuati dei test su piccoli pesci. Un gruppo di pesci è stato “nutrito” con microplastiche, un altro gruppo no: i pesci nutriti con microplastiche hanno sviluppato reazioni infiammatorie nel fegato. Il problema non è per forza legato alla plastica in sé, ma a sostanze tossiche che vengono in qualche modo veicolate dalla plastica stessa.. Circostanza questa che non riduce la preoccupazione circa le concentrazioni, in quanto i dati in questione, non sono difformi da quelli della recente ricerca di Legambiente ed ENEA, l’unica a livello nazionale di questo tipo, che ha evidenziato come nei sei grandi laghi monitorati (Iseo, Maggiore, Garda, Trasimeno, e per la prima volta Como e Bracciano) sono state rinvenute microparticelle di plastica. L’unica differenza che per l’indagine italiana tra i bacini lacustri che presentano più microparticelle al primo posto ci sarebbe quello di Como e il lago Maggiore. Il primo con una densità media di 157mila particelle per chilometro quadrato, nella parte settentrionale, e con un picco di oltre 500mila particelle nel secondo transetto collocato più a nord. Insomma, la presenza di plastiche e microplastiche nei nostri laghi non può essere sottovalutata, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” e può essere oggetto di un’attività preventiva e non solo di cura. È noto, infatti, che le cause sono per lo più dovute alla cattiva gestione dei rifiuti a monte e dall’apporto che deriva dagli scarichi degli impianti di depurazione e da quelli che ancora oggi finiscono nei fiumi e nei laghi senza trattamento alcuno. Per arginare questi fenomeni e ridurre notevolmente la presenza di queste particelle più o meno grandi, occorrono politiche di buona gestione su tutto il bacino idrografico, attività di sensibilizzazione e azioni efficaci di prevenzione da operarsi complessivamente e con la massima urgenza da parte delle autorità nazionali e regionali.
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