Stop allo strapotere di banche e assicurazioni nei contratti di assicurazione sui finanziamenti: è sostanzialmente questo l’esito di un giudizio innanzi al Giudice di Pace di Lecce di un consumatore contro un primario istituto bancario, nella fattispecie Unicredit (già FINECO) ed una società di recupero crediti, cessionaria di un’assicurazione stipulata a garanzia di un finanziamento in caso di perdita di lavoro o invalidità. Con la sentenza 2299/2019 depositata lo scorso 10 maggio, nella persona del giudice onorario avvocato Anna Maria Cosi, infatti, è stata stabilita la nullità e vessatorietà e quindi l’inapplicabilità delle clausole che consentono la surroga dell’assicurazione sottoscritta a garanzia di un mutuo per il significativo squilibrio posto in capo al consumatore posto che, nonostante il pagamento del premio assicurativo, si verrebbe a trovare, in via di regresso, privo della reale copertura assicurativa e chiamato a corrispondere anche quella parte di mutuo per cui aveva versato il premio assicurativo stesso. Ed inoltre, non vi è prova che le clausole siano state oggetto di trattativa individuale perché redatte su moduli prestampati, poco leggibili per caratteri di stampa e contenuto. La vicenda approdata innanzi al Giudice di Pace di Lecce e che è comune a migliaia di utenti bancari trovatisi in analoghe situazioni, trae origine da un decreto ingiuntivo ottenuto da una società di recupero crediti per conto di un’assicurazione a garanzia di un finanziamento erogato da FINECO, poi UNICREDIT nei confronti di una signora che sebbene avesse pagato anticipatamente oltre 1.500,00 euro all’erogazione del prestito a titolo di premio in caso d’invalidità e di perdita dal lavoro, nel corso del rapporto bancario di restituzione dei ratei del prestito, era stata licenziata. La banca, in qualità di indicata beneficiaria della polizza, aveva così inteso azionarla e si era vista rimborsare l’importo residuo del finanziamento. L’assicurazione, in ragione di una clausola contenuta nel contratto di mutuo aveva così agito a titolo di rivalsa nei confronti del consumatore richiedendo le somme erogate alla banca a mezzo del detto decreto ingiuntivo. La signora si era così rivolta allo “Sportello dei Diritti” rilevando l’assurdità di tale richiesta e si era opposta all’ingiunzione assistita dall’avvocato Emanuela Toscano. In tale sede, il giudice di Pace adito ha accolto in toto le tesi difensive dell’utente che aveva rilevato la nullità e vessatorietà delle clausole del finanziamento che consentivano la surroga. In particolare, il magistrato onorario ha rilevato che: «Dal tenore del contratto di mutuo e dalle assai scarne clausole di quel1o di assicurazione è certo che quest’ ultimo contratto è stato stipulato dalla odierna opponente dietro pagamento di premio non modesto (€1.577,03 anticipatamente versato) a copertura del rischio, tra gli altri, della perdita dell’occupazione. È certo, quindi, che l’odierna opponente sobbarcandosi tale suddetto premio abbia inteso, pacificamente, assicurarsi in caso di perdita dell’occupazione. È infatti inammissibile considerare che a fronte del pagamento del premio, il contraente (opponente) si vedrebbe privare della garanzia per i rischi che ha voluto assicurare. Né vale indicare, come sostiene parte opposta, che il beneficiario della polizza è l’istituto erogante. Va osservato, infatti, che sebbene in ultima analisi i1 beneficiario è proprio l’istituto, il pagamento del premio e, quindi, l’assolvimento della obbligazione principale è stato effettuato dalla opponente che deve ritenersi la vera titolare del contratto assicurativo. Né, nel caso di specie, appare applicabile la normativa codicistica (art. 1916cc) che prevede la surrogazione solamente nei diritti dell’assicurato verso i responsabili del danno. Ugualmente fondata è l’eccezione relativa alle clausole del contratto che hanno stabilito in tal senso. Preliminarmente deve essere osservato che l’odierna opponente riveste indubbiamente la qualifica di consumatore e, pertanto, deve farsi riferimento alla natura delle clausole vessatorie stabilita dal codice del consumo. Nel caso di specie il contratto è stato prestampato e compilato in ogni sua parte dal Fineco e le clausole sono poco leggibili per caratteri di stampa e contenuto. È assolutamente assente qualunque prova in ordine alla trattativa individua le poiché vi è solo un generico riferimento al documento di sintesi ed una altrettanto generica approvazione delle clausole n. 7-8-9 e 10 del contratto. Non vi è alcun riferimento alle clausole a4) e 6).» Ma v’è di più, sottolinea il giudice di pace: «È noto che le clausole si intendono vessatorie quando pongono la parte proponente, in questo caso FINECO, in posizione di assoluta preminenza economica nei confronti del consumatore che, nonostante la buona fede è posto in significativo squilibrio dei diritti ed obblighi derivanti dal contratto. Nel caso di specie tale squilibrio è del tutto evidente posto che l’opponente, nonostante il pagamento del premio assicurativo, si verrebbe a trovare, in via di surroga, privo della reale copertura assicurativa e chiamato a corrispondere anche quella parte di mutuo per cui aveva versato il premio assicurativo stesso…». La conseguenza di tali considerazioni, è stata la revoca del decreto ingiuntivo e la condanna alle spese delle controparti, in una causa che Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ritiene di particolare importanza perché costituisce un precedente adattabile a migliaia di utenti che si trovano in identiche situazioni per la prassi di molti istituti bancari di concedere finanziamenti e mutui a patto di sottoscrivere onerose assicurazioni che si rivelano, nella sostanza, in tutta la loro natura beffarda.