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“La sordità è una disabilità invisibile e per questo forse ancora più difficile da conoscere e affrontare – ha spiegato Alessandra Campedelli, coach della Nazionale Italiana femminile sorde -. L’attività sportiva può aiutare ad andare oltre i propri limiti, a essere più autonomi nella vita di tuti i giorni. C’è chi, grazie allo sport, ha imparato a crescere grazie alle nuove relazioni, chi per la prima volta ha imparato a viaggiare da solo”.
“La disabilità invisibile” è stata proprio il tema del convegno organizzato, nell’ambito di Oristano Città europea dello sport, dalla Gymland Oristano in collaborazione con l’Assessorato comunale allo Sport, il Liceo scientifico, l’Istituto comprensivo 3 Sacro Cuore, il Comitato territoriale centro Sardegna Fipav e il patrocinio del Miur – Ufficio Scolastico Regionale Sardegna.
L’incontro, aperto dall’inno di Mameli interpretato dalle due nazionali e dagli studenti attraverso il linguaggio dei sordi, ha inaugurato la ricca giornata dedicata a sport e sociale, scuola e inclusione. A raccontare la sua esperienza, insieme ad Alessandra Campedelli, anche Angelino Frigoni che, dopo aver affiancato Julio Velasco alla guida della nazionale maschile pluricampione del mondo e d‘Europa, ha offerto la sua esperienza sportiva nella nazionale sorde.
Rispondendo alle tante domande degli studenti i due tecnici azzurri hanno svelato tecniche di allenamento e di comunicazione: “L’impossibilità di servirsi di feedback vocali durante le azioni crea difficoltà non indifferenti. In ogni allenamento, in ogni momento in cui siamo insieme dobbiamo cercare degli espedienti per comunicare senza la voce – ha spiegato Alessandra Campedelli -. Iniziative come questa di Oristano sono fondamentali per abbattere i muri. Noi riusciamo a farci conoscere e a far capire che abbiamo tante risorse e noi stessi possiamo essere una risorsa per gli altri”.
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“Il messaggio che oggi parte da Oristano, come dice il titolo dell’iniziativa, è riuscire ad andare oltre i limiti grazie allo sport, grazie alle buone pratiche, all’impegno e agli insegnamenti che derivano dalla pratica sportiva – hanno detto il Sindaco Andrea Lutzu e l’Assessore allo Sport Francesco Pinna -.
Oristano è Città europea dello sport non solo per organizzare gare e competizioni, ma anche per proporre iniziative e modelli capaci di contribuire a una sana crescita sociale, all’integrazione degli individui e al superamento delle barriere. Abbiamo l’onore di avere le squadre nazionali e i loro allenatori che ci hanno aiutato tantissimo in questa direzione. Il loro incontro con gli studenti del Liceo scientifico è stato straordinario per capire cosa significa veramente fare sport, lontano dai riflettori, cercando di includere tutti, superando le disabilità. Gli atleti sordi che stiamo vedendo all’opera oggi sono un esempio: di serietà, di comportamento, di disciplina e di bravura”.
“Lo sport è uno strumento privilegiato per l’inclusione – ha osservato Francesco Feliziani Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale -. Nelle nostre scuole è un’esperienza che facciamo ogni giorno. Il sistema italiano è un modello da questo punto di vista.
Tutti hanno il diritto di accedere alla scuola e di avere pari opportunità di apprendimento, grazie anche alla presenza di figure specializzate come gli insegnanti di sostegno. C’è sempre la necessità di fare in modo che tutti gli insegnanti siano portati a confrontarsi sul terreno dell’insegnamento anche a favore dei disabili e dei bisogni educativi speciali. Lo sport poi fa la sua parte: è trasmissione di valori e di rispetto, è darsi una mano all’interno della squadra. Oggi abbiamo un bell’esempio di cosa vogliano dire i valori sportivi”.
“Attraverso questa giornata vogliamo dimostrare che lo sport è uno spazio aperto, in cui ognuno può sentirsi accolto, valorizzato, guidato nel suo percorso di sviluppo, educazione e salute – spiega il Presidente della Gymland Roberto Porcheddu -. La presenza delle nazionali sordi, maschile e femminile, ci permette di presentare un modello positivo, un esempio. Gli atleti disabili vivono lo sport non come fisioterapia. Lo fanno nella pienezza delle caratteristiche ludico agonistiche dell’attività sportiva. Vivono le competizioni per realizzarsi, per vincere i propri limiti e i risultati sono spesso notevoli perché il desiderio di riscatto è molto forte”.