Con dispiacere e sorpresa ho dovuto constatare, mio malgrado, l’ingiustificata e strumentale querelle sollevata nel blog dell’avv. Andrea Pubusa e poi proseguita sulla carta stampata con le dichiarazioni del collega Gianni Marilotti nei confronti della sottoscritta.
Se posso comprendere che la mia scelta personale di costituirmi nel ricorso possa aver suscitato, ad una prima e superficiale lettura, le perplessità da più parti manifestate non posso, tuttavia, condividere la posizione assunta nei miei confronti poiché frutto, evidentemente, di una istintiva, sommaria e non ragionata analisi, giuridica e politica, della vicenda nella quale umanamente, prima ancora che professionalmente, sono stata, e non certo per mia scelta, coinvolta.
Ritengo utile chiarire, in un clima che auspico più sereno e di reciproca disponibilità all’ascolto delle altrui ragioni, le motivazioni giuridiche che sono state alla base della mia scelta personale, come libera cittadina e come professionista che si occupa di legge, di resistere al ricorso sulla pretesa incostituzionalità della legge elettorale per i motivi ivi dedotti.
Preliminarmente, preciso di non aver rinunciato alla memoria di costituzione avverso il ricorso davanti al T.A.R. e che il post diffuso dai miei colleghi del gruppo consiliare M5S, sebbene scritto in modo da ingenerare dubbi interpretativi (così come, infatti, accaduto), voleva significare che il mio costituirmi era da intendersi come persona fisica e non come esponente e/o rappresentante politico del M5S.
Ciò premesso, significo, che una volta citata in giudizio dall’avv. Pubusa, ribadisco, come persona fisica e non come esponente del M5S, ho conferito mandato al mio avvocato affinché valutasse, dal punto di vista giuridico, l’opportunità del costituirsi sia perché ero del tutto disinteressata all’esito del ricorso per i motivi che appresso illustrerò, sia per il non avere tempo di seguirlo direttamente in prima persona.
ANTEFATTO:
La genesi dei fatti è da ascriversi a quando ricevetti una telefonata da parte del collega Marilotti il quale mi chiese il mio indirizzo di residenza poiché l’Avv. Andrea Pubusa, aveva piacere di inviarmi le sue proposte per la riforma della legge elettorale regionale affinché potessi metterle a disposizione del gruppo consiliare per poi presentarla in seno al Consiglio regionale.
Da subito, rappresentai la mia disponibilità a ricevere il contenuto offerto, precisando, tuttavia, che avrebbe potuto inviarmelo via email; ma, il collega Marilotti, invece, insistette affinché gli fornissi l’indirizzo della mia residenza, poiché, a suo dire l’avv. Pubusa così preferiva. Mi chiedeva pure un altro indirizzo di residenza di una collega sempre del gruppo consiliare regionale a cui inviare il detto plico informativo.
A quel punto esplicitai al collega Marilotti che quando un avvocato chiede un indirizzo di residenza per invio di documenti, come lui asseriva, in genere lo fa per notificare un atto giuridico provocando, quindi, la costituzione in giudizio del destinatario. Pertanto, fermamente dissi che non procedesse a notificarmi alcunché perchè non ero interessata ad essere parte del giudizio amministrativo e che, quindi, qualora avessi ricevuto un atto notificato lo avrei direttamente consegnato al mio avvocato perché valutasse il da farsi.
Ricevetti le rassicurazioni di Marilotti che l’invio riguardava documenti e non notifica di atti e, quindi, in totale buona fede, gli diedi il mio indirizzo di residenza.
Dopo tempo, invece, ricevetti la notifica del ricorso col quale venivo citata in giudizio come contro interessata e telefonai subito al collega Marilotti per rappresentargli il mio disappunto per la ricevuta notifica, procedendo a consegnare il ricorso al mio avvocato a cui firmai la procura speciale alle liti, lasciandogli totale libertà di valutazione circa l’opportunità di costituirsi e di svolgere le difese istruttorie che ritenesse necessarie e più idonee.
Tutta la strumentalizzazione politica che ne è derivata ha ingenerato una serie di reazioni a catena infondate, diffamanti e scomposte oltre che nella carta stampata, perfino nei social network davvero insostenibile e degna di censura.
In realtà, la vicenda deve essere affrontata sotto un duplice profilo: uno meramente tecnico giuridico e l’altro strettamente politico.
1) PROFILO GIURIDICO:
Il ricorso mi è stato notificato come persona fisica privata e non come esponente del M5S; quindi, il costituirmi resistendo nel giudizio, a mezzo patrocinio di difensore di fiducia è semplicemente l’esercizio di un diritto inviolabile, costituzionalmente garantito, come previsto dal combinato disposto di cui agli artt. 2 e 24 della Costituzione italiana, riconosciuto a tutti, non censurabile e/o coartabile da chicchessia e, tanto meno, per motivazioni politiche non concordate.
Il diritto di agire ed il diritto di resistere a tutela dei propri diritti è da annoverare tra i “principi supremi dell’ordinamento costituzionale” laddove l’art. 2 della Costituzione prevede che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.
2) PROFILO POLITICO
Il ricorso del 2019 è pressoché uguale a quello già presentato nel 2014, sempre a firma dell’avv. Pubusa, e continua a porre questioni di legittimità costituzionale già vagliate dal TAR con sentenza n.944 del 2014 e dal Consiglio di Stato con sentenza n.3614 del 2015 relativamente alla precedente legislatura.
Conseguentemente, il mio legale di fiducia valutò la necessità di non tralasciare l’inidoneità a perseguire lo scopo del ricorso notificatomi, considerando la mia duplice veste di cittadina e anche di avvocato.
Ci tengo a precisare di avere tenuto il medesimo atteggiamento processuale dell’altro consigliere regionale del M5S che, diversamente da me, qualora il ricorso notificatogli (che chiede anche una ripartizione dei seggi erroneamente attribuiti), fosse accolto, gli farebbe perdere il seggio in regione essendo entrato coi resti e non a quoziente pieno come me.
In considerazione delle ingiuste accuse infondate sul fatto che il mio intento fosse di salvare il mio seggio, deve essere chiarito che un accoglimento del ricorso da parte del TAR con conseguente rimessione degli atti alla Corte Costituzionale e l’eventuale pronuncia di incostituzionalità da parte del giudice della legge non comporterebbe, in ogni caso, l’annullamento delle elezioni regionali già svoltesi.
In quanto, come è noto, e soprattutto in materia elettorale, le pronunce di incostituzionalità valgono per le situazioni giuridiche future e non per quelle già definite come nel caso di specie (Corte Cost. Sent. n.1 del 13/01/2014: ….”la decisione che si assume, di annullamento delle norme censurate, avendo modificato in parte qua la normativa che disciplina le elezioni per la Camera e per il Senato, produrrà i suoi effetti esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale, consultazione che si dovrà effettuare o secondo le regole contenute nella normativa che resta in vigore a seguito della presente decisione, ovvero secondo la nuova normativa elettorale eventualmente adottata dalle Camere.
Essa, pertanto, non tocca in alcun modo gli atti posti in essere in conseguenza di quanto stabilito durante il vigore delle norme annullate, compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal parlamento eletto. Vale appena ricordare che il principio secondo il quale gli effetti delle sentenze di accoglimento di questa Corte, alla stregua dell’art.136 Cost. E dell’art. 30 della legge n.87 del 1953, risalgono fino al momento di entrata in vigore della norma annullata, principio che suole essere enunciato col ricorso alla formula della c.d. Retroattività di dette sentenze, vale però soltanto per i rapporti tuttora pendenti, con conseguente esclusione di quelli esauriti, i quali rimangono regolati dalla legge dichiarata invalida (sent. n.139 del 1984). Le elezioni che si sono svolte in applicazione anche delle norme elettorali dichiarate costituzionalmente illegittime costituiscono, in definitiva, e con ogni evidenza, un fatto concluso, posto che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti”….
Pertanto, l’ingiustificata e gratuita insinuazione malevola del voler difendere il mio seggio non trova fondamento alcuno nella normativa vigente.
In realtà, nonostante la strumentale insinuazione circa la finalità per cui mi sarei costituita, sarebbe comunque invariata la mia posizione in seno al Consiglio regionale ed il mio seggio non verrebbe, comunque, travolto; così come accadde in campo nazionale per il Porcellum nel 2013 che, sebbene dichiarato incostituzionale, i parlamentari eletti restarono, ugualmente, in carica e non si tornò, certamente, alle urne.
Non si può sottacere, che lo strumento utilizzato dall’avv. Pubusa risulta essere inappropriato per il conseguimento della riforma della legge elettorale giacchè la sede idonea per modificarla è il Consiglio regionale. Ed è perciò che il primo atto protocollato in consiglio con l’intero gruppo consiliare M5S, che porta pure la mia firma, è stata proprio la proposta di legge di riforma elettorale in data 16 aprile 2019 N.2/STAT.
Dalla disamina dei motivi dedotti nel contenuto del ricorso dell’avv. Pubusa non emergono nuovi profili di incostituzionalità rispetto a quanto già rilevato col ricorso del 2014.
Il M5S non si presta a queste strumentalizzazioni politiche perchè le battaglie devono essere fatte nelle sedi appropriate affinché si producano risultati concreti ed efficaci nel parlamento regionale, sede deputata, quale organo legislativo, e non davanti al TAR.
Non si può per motivi politici coartare le libertà fondamentali dei cittadini.
Il M5S fa della legalità uno dei suoi principi fondamentali politici, cioè il rispetto della legge e delle sentenze.
Con la mia costituzione in giudizio, ho solo evidenziato che il ricorso era inappropriato per conseguire effettivamente la modifica della legge elettorale.
Infatti, se in apparenza poteva sembrare un ricorso anche in tutela del M5S, in realtà, non è così poiché, quegli aspetti di costituzionalità erano già stati affrontati e respinti dal T.A.R. con sentenza n.944/2014 e dal Consiglio Di Stato con sentenza n.3624/2015.
Vero è che Desogus non è potuto entrare in Consiglio regionale non per il mancato raggiungimento del quoziente, bensì, perché l’art. 7 della legge statutaria sancisce che colui che si candida alla carica di Presidente della regione non possa candidarsi al seggio di consigliere regionale; articolo, tuttavia, non esaminato e, quindi, censurato dalla difesa spiegata dall’avv. Pubusa nel suo ricorso.
Peraltro, eccepire un profilo di incostituzionalità della legge elettorale, solo all’esito delle elezioni, quando il M5S non ha mai sollevato prima politicamente la questione ed anzi ha accettato di parteciparvi ben sapendo con quale legge concorreva, si rivelerebbe del tutto contraddittorio anche sotto l’aspetto squisitamente politico.