Comprare la pasta e tutti i derivati del grano duro sardo e made in Italy è di fondamentale importanza, sia economica, ambientale, paesaggistica e sociale.
Per questo Campagna Amica questo fine settimana promuove nei propri mercati in tutte le regioni la festa del grano. In Sardegna si terrà domani, sabato, a Sassari, nel mercato coperto di Luna e sole, a Nuoro nel mercato coperto dell’Exmè, a Monserrato in via del Redentore e domenica a Selargius davanti al centro commerciale I Mulini.
In collaborazione con le aziende agricole ci saranno dei laboratori esperienziali in cui si ripercorreranno le tappe che portano dalla terra alla tavola, con delle degustazioni.
Una giornata di promozione di un prodotto che ci ha visto tra i leader nella produzione, tanto da essere ricordati con l’appellativo di Granaio di Roma, ma che con gli anni stiamo perdendo poichè stiamo rischiando di vedere scomparire i cerealicoltori. Tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 la Sardegna era la seconda regione dopo la Sicilia in cui si coltivava più frumento duro in Italia: 158.000 ettari su 1,29 milioni totali (dato Laore). Dai dati del 2016 è scesa al decimo posto con soli 36.399 ettari su un totale nazionale pressoché simile (1,3 milioni).
A distanza di due anni gli ettari coltivati sono scesi ancora di circa il 40%: dai dati Istat elaborati da Coldiretti Sardegna risultano coltivati a grano nel 2018 20.684 ettari mentre quelli nazionali sono sempre intorno a 1,3milioni.
Negli ultimi 20 anni si sono più che dimezzati anche i cerealicoltori.
Complice una remunerazione sotto i costi di produzione dovuta alla concorrenza sleale di materie prime importate delle quali non conosciamo i metodi di produzione e quindi non abbiamo garantita neppure la nostra salute.
Da cinque anni il prezzo ha imboccato una lunga discesa. Dai 30 euro del 2014 ha cominciato a calare, 27 euro l’anno successivo per poi crollare a 21 nel 2016 (0,21 centesimi al kg) pagati al produttore. Lo scorso anno il prezzo è partito sempre da 21 euro ma in alcuni casi è sceso anche di 6 euro (15-16 euro) per un peso specifico basso a causa delle continue piogge. Mentre i costi di produzione sono di circa 24 euro al quintale. Il grano era remunerato meglio 40 anni fa (nel 1976): 48 mila lire al quintale.
Un grande passo in avanti si è fatto con l’etichetta di origine nella pasta, dove dal febbraio del 2018 deve essere indicato il paese di origine del grano e della semola.
“Occorre maggiore attenzione nel fare gli acquisti – suggerisce Coldiretti Sardegna -. Occorre leggere attentamente l’etichetta e acquistare consapevolmente la pasta prodotta con grano italiano e possibilmente sardo”.
“Tutti possiamo dare il nostro contributo – sostiene il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu – acquistando prodotti locali. Lo diamo dal punto di vista economico, ma anche ambientale e sociale. Ma siamo anche sicuri di mangiare prodotti che non fanno male alla salute. Gli agricoltori, infatti, cosi come gli allevatori garantiscono il presidio del territorio e l’invasione delle cavallette nei 2500 ettari del nuorese ne sono un ulteriore prova. Come Coldiretti, inoltre, stiamo promuovendo i prodotti locali ed in questo caso la pasta nelle mense scolastiche, abbiamo già degli accordi che stanno funzionando”.
L’agricoltura italiana è al vertice della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,5%), quota inferiore di 3,2 volte alla media UE (1,7%) e ben 12 volte a quella dei Paesi terzi (5,6%)”.
“Nel settore c’è comunque molto fermento – afferma il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba – sono diverse le aziende che ultimamente stanno intraprendendo la strada della trasformazione e vendita diretta dei propri prodotti: pasta, pane e semola. I nostri mercati di Campagna amica sono per molti di loro la spazio per vendere e promuoversi”.
Coldiretti per difendere il made in Italy e garantire ai consumatori gli strumenti per una spesa consapevole sta coordinando, insieme ad altre organizzazioni in tutta Europa, la petizione stop cibo anonimo per chiedere alla Commissione europea di estendere a tutti i prodotti alimentari l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti i prodotti alimentari.