Quando si palesano i controlli i dati restano abnormi. A Bologna su 15 accertamenti sulle cooperative 12 di queste risultano con delle irregolarità. A Modena tutto il sistema delle coop gira attorno al comparto delle carni del Comune di Castelnuovo Rangone e della logistica, con meccanismi di irregolarità così diffuse e giornaliere da essere un’eccezione il contrario. A Ferrara-Rovigo, l’Ispettorato ha portato a termine 8 accertamenti ed ha trovato in ognuno di questi delle irregolarità. Stessa musica a Piacenza con 4 cooperative ispezionate che sono risultate tutte irregolari, dato anche il ricorso diffuso a lavoro “nero”. A Rimini su 9 cooperative ispezionate 6 sono risultate sotto qualche aspetto irregolari e sono stati trovati anche 27 lavoratori irregolari o “in nero”. A Forlì – Cesena invece l’unica cooperativa ispezionata risulta aver avviato un tirocinio formativo in assenza dei requisiti stabiliti dalla legge regionale.
“E’ un sistema talmente dilagante”, spiega ad Affaritaliani Alessandro Millo, direttore dell’Ispettorato del lavoro di Bologna, “che non si può pensare di fermarlo solo con la repressione. Ci vuole un cambio di mentalità. Chi fa queste operazioni pensa di poter prendere in appalto il personale, affittarlo, cosa che non si può fare, e allo scopo di trarci un vantaggio economico. L’unico obiettivo è fornire manodopera a basso costo”.
Ciro Donnarumma, componente della Segreteria regionale della Cisl, sui giornali locali ha analizzato i dati diffusi dall’Ispettorato del Lavoro. A livello regionale, ben 1.438 lavoratori sono risultati irregolari, di cui 44 in nero totale. Le ispezioni avrebbero consentito di recuperare più di 3 milioni di euro di contributi evasi.
Ma è solo la punta di un iceberg di un sistema più diffuso e brutale. I lavoratori acquisiti da queste coop poi finiscono a fare da manovalanza nella Gdo, nei sistemi di controllo agli scaffali, in condizioni di lavoro schiavistiche e con paghe da fame. Ma così avviene anche tantissimi altri settori, come negli Ospedali, nel Asl, nella logistica, nei trasporti, nei servizi, nella cura alla persona o nelle attività creative.
Altro che attività mutualistiche. Il nome cooperativa serve essenzialmente a pagare poche tasse o a non pagarne affatto. La particolare condizioni societaria viene utilizzata per contenere i costi ed esercitare un’attività di dumping salariale sulle normali società. Guarda anche qui
Si calcola che per ogni lavoratore in regola in una cooperativa ce ne siano altri due esternalizzati che sono affittati da un’altra coop che lavorano in condizioni improprie o nell’invisibilità: il 25% delle attività lavorative del Nord Italia.
Fonte: www.affaritaliani.it