Oggi, 17 giugno, ricorre la 25° Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità.
Istituita dall’ONU, in occasione della Convenzione per la lotta alla desertificazione (UNCCD – United Nations Convention to Combat Desertification, Parigi il 17 giugno 1944), la giornata intende ricordare a tutto il mondo l’importanza del contenimento degli effetti della siccità.
La desertificazione è definita come il “degrado delle terre nelle aree aride, semi-aride e sub-umide secche, attribuibile a varie cause fra le quali variazioni climatiche ed attività umane” (UNCCD art.1.a) con perdita irreversibile o difficilmente reversibile della possibilità di una produzione agricola e forestale economicamente o ecologicamente sostenibile.
Le attività umane imputate a tale degrado sono lo sfruttamento dell’acqua per attività private ed economiche aggravato a causa della dispersione idrica della rete di distribuzione ormai desueta, la crescita della popolazione, l’urbanizzazione e cementificazione della superficie e il surriscaldamento del pianeta a causa dell’inquinamento.
Secondo la Direttiva quadro europea sulle acque del 2000: “La vita umana è incompatibile con la desertificazione del pianeta quindi, proprio per questo motivo, l’acqua è un patrimonio che va protetto e difeso per garantirne l’uso ecosostenibile ed ecocompatibile per una buona qualità dell’acqua e per assicurare la fornitura di acqua potabile alla popolazione”.
Inoltre il diritto all’acqua potabile trova specifico riconoscimento come diritto umano fondamentale nel Commento Generale n. 15 del Comitato internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, istituito a seguito del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali adottato dall’Assemblea Generale delle NU il 16 dicembre 1966 ed entrato in vigore il 3 gennaio 1976, nel quale si riconosce l’esistenza di un autonomo diritto all’acqua, come parte integrante del diritto ad un adeguato standard di vita, e si individua l’obiettivo di proteggere i corsi d’acqua ed i bacini idrici dall’inquinamento e dallo sfruttamento incontrollato al fine di assicurare l’accesso all’acqua anche alle future generazioni.
La desertificazione non ha territori né nazioni interessate perché riguarda tutto il pianeta e quindi anche l’Italia.
Il nostro paese è stato indicato dall’OCSE come paese soggetto a stress idrico medio-alto a causa dell’eccessivo utilizzo delle risorse rinnovabili d’acqua disponibili e come paese ad alto rischio di desertificazione per il 30% del suo territorio, specie al sud.
Secondo l’Atlante Nazionale delle aree a rischio di desertificazione, infatti, la totalità della superficie della Calabria, Campania, Sardegna, Puglia e Sicilia è considerata a rischio di desertificazione.
Lo stato di salute del nostro territorio è monitorato costantemente secondo il Piano di Azione Nazionale per la lotta alla siccità e desertificazione (PAN), adottato dallo Stato Italiano tramite il Comitato Nazionale per la Lotta alla Siccità e alla Desertificazione (CNLSD) e in attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite per la Lotta alla Siccità ed alla Desertificazione (1997), tiene sotto controllo la situazione nazionale al fine di ridurre le perdite di produttività dei suoli causate da cambiamenti climatici e attività antropiche.
Il Coordinamento dei docenti della disciplina dei diritti umani riconosce e promuove la funzione primaria della scuola nella lotta alla desertificazione ed ai cambiamenti climatici.
Infatti educare l’umanità al rispetto dell’ambiente costituisce il requisito indispensabile per la riuscita della missione dell’UNCCD di garantire l’accesso all’acqua ed ai sevizi igienico-sanitari a tutti i popoli della terra per assicurare giustizia sociale, dignità, equità e pace.
La sensibilizzazione verso le abitudini ecosostenibili nelle scuole italiane di ogni ordine e grado è già in atto secondo le “Linee guida per l’educazione ambientale e allo sviluppo sostenibile” redatte dal MIUR e dal Ministero dell’Ambiente e tesa, in rapporto all’età degli allievi e senza una distinzione dei diversi ordini di scuola, alla realizzazione di una didattica per competenze personali e specifiche disciplinari. La didattica ambientale è inoltre incrementata dai progetti del Piano Didattico Nazionale finanziato dai fondi strutturali europei nell’ambito delle competenze di cittadinanza globale.
Il CNDDU propone di incrementare le attività didattiche ambientali già in atto con un progetto di partecipazione attiva dei giovani studenti alla gestione del territorio attraverso l’istituzione di un consiglio studentesco zonale di promozione ambientale.
Al fine di promuovere l’educazione all’urbanizzazione responsabile con coinvolgimento degli alunni delle scuole secondarie di primo e secondo grado, bisognerebbe creare un consiglio zonale composto da rappresentanti degli studenti da far interagire con la pubblica amministrazione nei procedimenti di pianificazione urbanistica.
La sua funzione consultiva-propositiva rappresenterebbe fonte di conoscenza e sensibilizzazione per gli studenti verso una visione ecosostenibile del territorio in cui vivono che, al tempo stesso, dovrà essere fonte d’ispirazione per la classe politica-dirigente alla luce dell’emergenza climatica dichiarata in questi giorni dalle regioni e comuni più virtuosi d’Italia in accoglimento delle richieste del movimento Fridays For Future.