Viene meno così definitivamente l’autonomia della disciplina, prima consacrata in un apparato di norme formalmente autonome. Parallelamente alla unificazione dei due codici viene meno anche la specialità dal punto di vista giurisdizionale, con l’abolizione dei tribunali del commercio.
Le scelte compiute dal legislatore del codice civile del 1942 potrebbe indurre a pensare erroneamente che dietro questa scelta fosse sottesa la volontà di rompere radicalmente col passato.
La disciplina commerciale italiana a partire dal 1942 presenta elementi di originalità del nuovo codice, tra i quali spicca la nozione di imprenditore all’articolo 2082. Sebbene rubricata in modo soggettivo, a ben vedere la norma è incentrata sulla attività imprenditoriale, che si qualifica per essere esercitata professionalmente, organizzata ed economica. Sia pure sotto mutate spoglie, la materia continua, pur nella formale discontinuità, ad avere il medesimo ambito di applicazione.
Nella nozione del 2082 rientrano l’attività dell’agricoltore e dell’artigiano, tradizionalmente esclusi dal novero degli atti di commercio. Nonostante ciò, il legislatore del 1942 per quelle materie continua a prevedere un’area di esenzione. Pur qualificando quei soggetti come imprenditore – imprenditore agricolo e imprenditore commerciale – quelle nozioni hanno una valenza sottrattiva, servono cioè a enucleare delle aree di esenzione, di disapplicazione della disciplina.
Il diritto commerciale è una materia orientata ancora in chiave oggettiva, perché l’accento della norma chiave, del perno della disciplina, resta il dato fattuale, dell’esercizio dell’attività.