Un’opera (quasi) metaletteraria in cui l’autrice invia il conte Carlo Ludovico Aleardo di Grees dei duchi di Estremadura, detto Daddo, l’architetto e compratore di terre (per conto della nobile madre), sull’isola di Ocaña, alla vaga ricerca di «qualcosa di primitario, magari d’anormale» che soddisfi il gusto di un amico editore. Egli s’imbatte in Estrellita, una «bestiola verdissima e alta quanto un bambino, dall’apparente aspetto di una lucertola gigante, ma vestita da donna, con una sottanina scura, un corsetto bianco, palesemente lacero e antico, e un grembialetto fatto di vari colori», di cui irrimediabilmente s’invaghisce.
Creatura enigmatica e irraggiungibile in cui si riflette la giovinezza del mondo, la memoria di una civiltà ancestrale ormai quasi perduta, Estrellita seduce la fantasia del giovane, che muta l’iniziale curiosità e lo sconcerto davanti a questa figura al di là dell’umano, in un sentimento d’amore e nel desiderio di salvarla, quasi redimerla da quella condizione per inserirla nel presente e nella società. Un gioco pericoloso e doloroso, una metamorfosi non voluta, cui la donna si sottrae preferendo restare fedele a se stessa, imprigionata nella sua subalternità come se fosse uno stato di natura, e dunque respingendo gli impulsi filantropici dello straniero avvezzo all’eleganza del bel mondo e raffinatezza della cultura e delle arti.
Una storia arcana d’uomini e “mostri” per la versatile interprete di “Ovunque sei”, “L’amico di famiglia”, “La giusta distanza” e “Il passato è una terra straniera”, fino a “La verità sta in cielo” (Premio David di Donatello per “Benvenuti al Sud”).