Idee di divisione ed incoscienza dell’altro. L’altro come “diverso” da noi, una persona che non conosciamo e che dobbiamo tenere a debita distanza perché potrebbe nuocerci, nuocere le nostre passioni, i nostri oggetti, le cose a noi più care. In questo senso procediamo immaginando un mondo migliore, quindi cosa andiamo cercando?
Come possiamo ottenere un mondo migliore, amicizia, fraternità, quel che andiamo cercando tutti i giorni della nostra vita, se ancora confidiamo e ci “affidiamo” a pensieri di paura nei confronti dell’altro, profondi o superficiali che siano, dando adito alle voci dei nostri antenati che desiderano trascinarci indietro, verso i loro insegnamenti anche e soprattutto caratterizzati dalla paura, dalla sostanza del terrore, del conformismo-uniformismo basato sulla distanza, espressione di un amore vissuto secondo precise regole. Abbiamo immaginato ed immaginiamo un mondo diverso, dei rapporti d’amicizia e sentimentali diversi da quelli che abbiamo avuto in passato ma reiterando in avanti i nostri vecchi schemi di pensiero. Non a caso una donna lasciata dal marito che la picchiava, avrà ancora paura degli uomini se non avrà coraggio di superare questa prova, rielaborandola affinché non possa più riproporsi nella sua vita. Un ragazzo, vittima di bullismo, non vorrà più andare a scuola perché avrà paura che i compagni di classe possano mettergli le mani addosso, schernirlo, deriderlo e farne oggetto di derisione. La soluzione non è mai stata restituire gli schiaffi, ma nemmeno porre delle regole ferree per fare in modo che le parti non entrassero in contatto fra loro, oppure che entrassero in contatto ma con delle precise limitazioni. Da queste pochezze si è innescato un ciclo di conseguenze che ha prodotto i risultati che vediamo in televisione, gli episodi di bullismo, cyberbullismo.
Qual’è il sottile meccanismo della paura? Quel che abbiamo conosciuto e continuiamo a riproporre nel nostro presente, immaginando che stabilire confini così netti fra noi e gli altri, trovando un escamotage per “aggirare” le vecchie paure possa servire per arrivare a nuove soluzioni. Purtroppo le paure non superate si riproporranno sempre, e quel che facciamo, con i nostri comportamenti, è andare a contribuire alimentando le vecchie con le nuove rinforzando le vecchie. Così si crea un modello di rapporto o un approccio al rapporto al mondo che è già stato sperimentato e nulla di nuovo. Sarebbe insignificante parlare di “generi d’amore” in riferimento all’amore. Come potremmo parlarne?
La differenza fra l’aprirsi all’altro senza paura, ne limitazioni del “dare” la propria essenza, la propria persona, il contributo che siamo qui per dare al mondo è l’assenza stessa di paura che coesiste soltanto nel momento in cui ragioniamo alla vecchia maniera, trovando ancora giustificazioni per arrivare a “coprire” quelle vecchie parti di noi che abbiamo sempre nascosto al mondo, nascondendo noi stessi e la nostra verità. Abbiamo stabilito confini precisi, resistenti al cambiamento che invece necessita di arrivare, per giustificare quelle vecchie paure che nulla hanno più da dirci, non possono contribuire alla creazione di un mondo d’amore. Sono possibilità che ci vengono offerte ogni giorno, come la possibilità di vivere su una terra dedita alla creazione delle nostre stesse esistenze, poiché non fa altro che nutrire i nostri corpi, regalandoci quanto di più bello avremmo potuto desiderare, aiutandoci nel nostro progredire quotidiano, la nostra realizzazione, le nostre massime aspirazioni, quelle che alla mattina ci svegliano, facendoci alzare dal letto, i bei pensieri e le emozioni, positive.
L’amore non ha fondamento nella paura e non conosce alcuna paura, fosse anche soltanto di qualche secondo: il nostro lavoro è contribuire con quanto abbiamo di più prezioso in noi, nella nostra profonda essenza, per poter raggiungere l’altro con questa ricchezza e senza porci d’intralcio in questo processo, senza la resistenza che tende a irrobustire il vecchie frapponendosi all’arrivo del nuovo, quel che sta accadendo in questo momento. Il nuovo può spazzare via il vecchio soltanto se permettiamo questo processo, altrimenti non si manifesterà e troveremo difficoltà.
Ma in un mondo in continua evoluzione, guardando al sentimento d’unità e la ricerca di questa unità da parte di tutti, viene da pensare che tutti siamo protesi a questo unico ed indistinguibile sentimento universale che ci spinge in avanti, portando la verità al mondo senza rimandare oltre. Sono verità che conosciamo da sempre e che vorremmo i bambini imparassero, ma le sanno già, come hanno già la soluzione da fornire alle nostre infinite domande che, fermandoci, ci rendiamo conto essere sempre le stesse. Nei casi di cronaca che preferiremmo non trattare, nemmeno vedere in televisione, si verificano più o meno le stesse cose ogni giorno, morti in mare, esseri umani, spesso bambini, che finiscono per lasciare il corpo per un messaggio che ancora non è stato compreso, sulla negligenza di un messaggio che ancora non è stato accettato, una verità che sembra irraggiungibile quando, in realtà, non lo è affatto. Abbiamo così tanti angeli attorno, vestiti di carne, che dedicano la propria vita ogni giorno a portare quel vecchio quanto nuovo messaggio, sempre lo stesso, al mondo che desidera riceverlo. Ma quel mondo siamo noi.
Se quel mondo siamo noi come mai immaginiamo, nel nostro piccolo, di poter ricevere così poco, poter ricevere quel “poco” che serve per condurre una vita di gioia, pace, prosperità, abbondanza anche economica, per quel che può importare realmente. Ma anche questa è felicità, perché fatta di queste cose. Sentire l’altro passa dal sentire noi stessi, guardare fuori non è quindi funzionale al progresso in un mondo desiderato e desiderabile. Il progresso non è mai arrivato dall’esterno, in tutti i campi che desideriamo trattare. C’è stato sempre qualcuno che ha desiderato fortemente raggiungere l’obiettivo e l’ha fatto, spesso lottando con le proprie solo forze per ottenerlo, come per diversi personaggi passati è successo, da chi ha scoperto la luce a chi ha fatto sì che nell’Africa finisse l’Apartheid.
“Mettersi a disposizione” è una bellissima frase che sembra andare in disuso, guardando ai contesti apparentemente restrittivi, delimitati dalle stesse limitazioni concettuali che hanno caratterizzato il nostro passato: in una società che sta cambiando. La paura è quindi disfunzionale a tutto, e la soluzione più ovvia sembra affrontare queste stesse paure, per non incappare più nella trappola della devianza, del finto sorriso che a nessuno piace perché vano, evanescente, arrivando a “perdere” l’idea di diventare qualcosa che già non siamo, ed apparire diversi da quel che siamo, completando in profondità un quadro che è già stato completato, fin dall’inizio. “Fiducia” è una parola che non abbiamo mai letto nelle aule di Tribunale. Un ragazzo sarà condizionato al punto da non poter fare le proprie scelte, ne conoscere le proprie potenzialità perché condizionato dai genitori, dai parenti che ne impediscono l’espressione, impedendo il venir fuori di quella verità che soltanto lui, in profondità, sa di avere. Quel contributo che neghiamo immaginando la prevenzione terziaria (arresto per possesso di sostanze stupefacenti), a scapito di quella primaria (vere campagne di sensibilizzazione all’Ascolto da parte di familiari, parenti, amici, associazioni). Parlare di “campagne di sensibilizzazione contro la droga” e “campagne per la legalità”, quando a mancare è la propensione ad un nuovo modo di pensare, un ragionamento che non sia troppo “ragionamento” e la spinta ad un mondo che non sia “limitazione” basata sulla paura, perché non aiuta nessuno, non ha mai funzionato. Tutte le proposte dovrebbero arrivare da un unione di intenti basata sulla possibilità d’apertura all’altro, escludendo così tutte le vecchie concezioni sulla persona, sulle verità che immaginavamo conoscere ma che il tempo, com’era prevedibile, sta scardinando inevitabilmente.
E’ un messaggio così tanto semplice, che continuiamo a negare a noi stessi, che immaginiamo essere così “rischioso” da contemplare, come rischioso potrebbe essere esporsi all’altro per paura che possa farci del male, immaginando ancora che un mondo migliore possa essere quello in cui tutti ancora guardano all’amore pur avendone paura. Era disfunzionale ieri, è disfunzionale oggi.
L’Amore non è paura.
Daniele Fronteddu