“Valutare un libro è operazione articolata e molto soggettiva. Quello di Lisa Camillo lo considero senza troppi giri di parole, un capolavoro nel suo genere. Un’inchiesta preziosa e pertinente che ogni sardo di coscienza, dovrebbe leggere senza remore. E soffermarsi per riflettere a fondo, pagina dopo pagina, sulle problematiche meticolosamente raccontate, che da sempre avviluppano l’isola con i suoi enigmi che, come sottolinea l’autrice, pongono a repentaglio l’ambiente e la salute dei suoi abitanti.
Lo sento mio questo libro, legittimato a farlo unicamente per l’amore che nutro per quel territorio tanto bistrattato. E avallo l’indignazione crescente nell’animo, così come è successo a Lisa agli arbori del suo progetto, con la concretizzazione del documentario “Balentes – i coraggiosi” prima, con la pubblicazione “Una ferita italiana – i veleni e i segreti delle basi NATO in Sardegna: l’inquinamento radioattivo e l’omertà delle istituzioni”, poi.
Lisa Camillo è regista, scrittrice, produttrice, antropologa e criminologa italo-australiana. Ha lavorato nelle collettività aborigene e ha riscosso diversi premi per i suoi progetti con il Ministero della Salute australiano. Laureata alla Sydney Film School, ha diretto, prodotto e scritto film e cortometraggi che hanno girato il mondo. Tra questi, Live ThroughThis, che ha conseguito vari riconoscimenti ed è stato selezionato fra i finalisti in dieci festival internazionali.
Con questa pubblicazione, Lisa ha affrontato un percorso severo, con una determinazione senza pari, ha combattuto in prima linea per l’isola facendo domande, spesso scomode, per porre in luce le questioni top secret divenendo portabandiera di pace e giustizia per i sardi, anche per quelli che in questi lunghi lustri trascorsi, hanno taciuto per spavento e reticenza, assecondando il “male” per mille ragioni, ben spiegate nel libro.
Ha combattuto Lisa per i militari che hanno perso la vita, moltissimi, colpiti da patologieterribili provocate dall’inquinamento bellico sia in Sardegna che nei campi di battaglia all’estero dovesi sono recati in soccorso dei popoli colpiti dalla guerra.
Tornata dall’Australia, dove ha vissuto per quindici anni, per realizzare un documentario sulla Costa Smeralda, Lisa Camillo, percorrendo la Sardegna ha scoperto luoghi divenuti terra di conquista: coinvolgimenti economici immorali e servitù militari hanno totalmente sconvolto una delle Regioni più belle d’Italia. Poligoni sperimentali, industrie chimiche in un tessuto economico sofferente. Zone interdette, spiagge seviziate dalle bombe, missili distesi sul fondo marino. Storie mormorate di feti deformi, tumori, leucemie, capi di bestiame dalle fattezze mostruose. Il dramma dei militari malati e delle loro famiglie; le patologie dei soldati contaminati dall’uranio impoverito in Bosnia. I processi, l’omertà dei vertici militari, l’assenza dello Stato. Insomma, il delirio.
Lisa ha costruito il suo lavoro anche grazie al prezioso contributo di quei sardi che non capitolano e difendono la propria terra: procuratori, giornalisti, attivisti e semplici cittadini, interpreti di una storia di resistenza ignorata, ma che dura da decenni. L’autrice realizza uno straordinario documentario “Balentes – i Coraggiosi”, distribuito in diversi paesi con ampio riscontro di pubblico e di critica. E’stato girato con maestria e con una fotografia di altissima qualità che presenta uno spaccato dell’isola attraverso il suo sguardo originale e diretto, rivelandone il paradosso riscontrato tra la sua bellezza incontaminata ed i mutamenti tormentati che la stanno insidiando.
“Balentes”, in sardo sono i valorosi, i temerari. Il documentario sociale di speranza e denuncia è un lavoro che ricerca sentenze e pone domande a coloro che sono imputabili delle morti e del disastro ambientale. Un film che ha fatto il giro dei cinema nel mondo ed ha partecipato ai mercati dei festival più importanti, come Berlino e Venezia.
E poi il desiderio di mettere nero su bianco con un cammino flessibile per testimoniare il rientro a casa, in una Sardegna molto diversa da quella della sua infanzia. Il cambio repentino di percorso dai progetti originari si è insinuato rabbiosamente nell’animo sconvolto di Lisa alla scoperta con dispiacere di un’isola per nulla positiva. Si è spezzato l’incantesimo delle reminiscenze di bambina fatte di sogni e colori. Un libro che racconta la Sardegna più intima, fra orgoglio e paura, coraggio e bassezza, verità spaventose e bugie criminali. È la storia di una ferita italiana. Un’offesa che ancora sanguina. Un’inchiesta che incalzerà l’irritazione di tutti attraverso questioni che il solo menzionarle infonde trepidazione: l’uranio impoverito, il torio, le nanoparticelle, i pascoli malati, i mari contaminati, le deformazioni genetiche, le malattie dei militari, i casi nascosti, l’attivismo, l’informazione, la resistenza di cui nessuno parla. E testimonianze, documenti, foto che smascherano le bugie del governo italiano.
Niente è stato tralasciato: il caso infinito sui veleni di Quirra per esempio. Il Poligono Interforze nato nel 1956, a disposizione di tutte le potenze NATO, non solo all’Esercito Italiano. Da subito diviene un punto di riferimento per le prove missilistiche. Nei decenni a Quirra e nella parte ‘a mare’ di Capo San Lorenzo viene brillato di tutto. Cosa, di preciso, non lo sa nessuno. Già nel 2000 l’allora sindaco di Villaputzu, Antonio Pili, denuncia l’insorgenza di tumori e neoplasie nella popolazione in una proporzione fuori dalla norma. L’inchiesta della Procura di Lanusei inizia nel 2011. Una parte del poligono viene sequestrata. Nel 2012 il procuratore Domenico Fiordalisi, in seguito alle risultanze delle analisi svolte, che avevano portato alla luce dati allarmanti sul poligono, indaga 20 persone con l’ipotesi di omicidio plurimo e di omissione di atti d’ufficio per mancati controlli sanitari. Su diverse salme riesumate, viene riscontrata la presenza di torio radioattivo. Oggi l’accusa è per imperizia, si ‘insinua’ cioè i comandanti della base di aver lasciato militari e civili a contatto con sostanze pericolose senza prendere precauzioni.
Il caso della vicina Escalaplano centro di 2.600 abitanti con numerosi bambini nati con gravi malformazioni. Episodi tutti concentrati negli anni Ottanta. Numeri che facevano impazzire le statistiche. Il clima politico in quei mesi era torrido: il “caso Quirra”, con l’impressionante serie di morti per tumori del sistema emolinfatico, aveva acceso i riflettori dell’attenzione nazionale su questo lembo obliato di Sardegna. Le analogie con la “sindrome dei Balcani” portarono a sospettare che la causa delle malattie, l’agente-killer, fosse nascosto all’interno dell’immensa area del poligono interforze. Si cominciò a parlare di armi all’uranio impoverito, di esperimenti misteriosi, di onde elettromagnetiche. La Difesa negava con ostinazione. In questo scenario incandescente, incredibilmente il “caso Escalaplano” venne ignorato e cancellato.
Ma c’è tanto altro nel libro di Lisa Camillo: come il teatro di guerra intorno a Capo Teulada, seconda installazione militare più grande d’Europa e ai suoi attori protagonisti, ovvero i missili Milan. O la storia d’omissioni, bugie intorno all’incidente del 2003 al sottomarino a propulsione nucleare Hartford con l’antica ferita della mancanza di trasparenza sull’attività della base dello Zio Sam nell’arcipelago maddalenino.
Tanti i “balentes” che hanno accompagnato la nostra Lisa in questo viaggio e lo hanno fatto procurando informazioni e contribuendo con le loro documentate ricerche. Il libro di Maddalena Brunetti e Carlo Porcedda “Lo sai il vento” proprio incentrato sullo scempio militare e industriale in Sardegna. Non più solo l’isola di spiagge blandissime, alberi millenari e natura selvaggia, ma anche quella dei poligoni militari che hanno portato nel cuore del Mediterraneo l’incubo della contaminazione da polveri di guerra. Un tragitto dal Sarrabus al Campidano, dal Sulcis-Iglesiente sino a Porto Torres e l’arcipelago de La Maddalena, che dà voce a chi contro le guerre simulate e gli abusi industriali ha manifestato una pacifica lotta. Perché il vento gira e ogni tanto spira dalla parte dei vinti, di chi ostinato non vuol dimenticare. O come Massimiliano Mazzotta e il suo documentario-denuncia “Oil”: morte e inquinamento intorno alla Saras della famiglia Moratti, con la complicità dello Stato e del silenzio di televisioni e giornali. La raffineria di Sarroch, sulla costa a Sud-Ovest di Cagliari, è una delle più grandi del Mediterraneo per capacità produttiva (15 milioni di tonnellate all’anno, pari a 300 mila barili al giorno) ed una delle più avanzate per complessità degli impianti.
Mauro Pili ex deputato ed ex Presidente della Regione Sardegna, balentes ad honorem per le sue battaglie quotidiane in difesa principalmente del territorio sardo e dei diritti dei sardi ha ragguagliato Lisa su quanto nel tempo è riuscito a scoprire. Come Domenico Leggiero pilota militare e qualificato Ispettore C.F.E. (Control Force Europe), inserito nei pool internazionali per il controllo degli armamenti, attuazione e rispetto dei trattati internazionali per la riduzione degli stessi. Consulente in tre commissioni parlamentari d’inchiesta sul fenomeno dell’uranio impoverito, dal 2005 continua la battaglia per i militari malati come Responsabile del Comparto Difesa dell’Osservatorio Militare Centro Studi di cui lui stesso fu cofondatore nel 1999.
Un lavoro eccezionale quello di Lisa che ha voluto così raccontare le incognite dell’isola cercando di trovare anche le possibili soluzioni per il futuro. Smembrare un sistema degenerato per dare origine ad uno pulito, insieme al popolo sardo che ottimizzi l’ambiente ossequiando il territorio. Il libro è l’ipotesi genesi per plasmare stimoli alle nuove generazioni che devono rimboccarsi le maniche e creare un domani migliore considerando l’immenso patrimonio culturale, umano, archeologico, eno-gastronimico e tecnologico a disposizione.
La chiusura ci riporta a quanto accadde nel 1969 a Pratobello: esattamente 50 anni fa. Aneddoti sono presenti nel libro di Lisa che riferisce anche di come sia riuscita a coinvolgere nel suo progetto gli abitanti di Orgosolo. Quell’anno fu affisso dalla autorità una comunicazione in cui s’invitavano i pastori, che operavano nella zona, a trasferire il bestiame altrove perché, per due mesi, quell’area sarebbe stata adibita a poligono di tiro e di addestramento dell’Esercito Italiano. Da lì i cittadini di Orgosolo intrapresero la mobilitazione; la popolazione del paese si riunì in piazza e dall’assemblea scaturì la decisione di attuare una forma di protesta nonviolenta occupando pacificamente la località di Pratobello. Dopo alcuni giorni, durante i quali non si verificò alcun episodio di violenza, l’esercito rinunciò alle esercitazioni e si ritirò.
Lo spirito giusto per rimarginare le ferite oggi, per sentirsi tutti insieme balentes domani”