Cresce l’ottimismo per superare dopo 8 anni le restrizioni sulle esportazioni dovute alla peste suina. Lo hanno detto ieri a Cagliari durante il convegno promosso da Coldiretti Sardegna “L’ultimo miglio – sconfiggere definitivamente la peste suina e costruire una nuova filiera”, sia il direttore dell’Istituto Zooprofilattico Alberto Laddomada che Francesco Sgarangella, Coordinatore unico servizio veterinari pubblici, che dati alla mano hanno mostrato i passi da gigante che sono stati fatti per debellare la Psa che affligge la Sardegna da 41 anni.
Dopo la visita degli ispettori della Commissione Ue della scorsa settimana ci si attende, per il prossimo autunno, la fine dell’embargo, come auspica anche l’assessore all’Agricoltura Gabriella Murgia presente ieri al convegno.
I due tecnici hanno mostrato il percorso che fra uno o due anni dovrebbe portare alla sconfitta della peste suina. Un via libera, tra l’altro che arriverebbe, come ha spiegato il professore di Agraria Gianni Battacone, in un momento favorevolissimo perché cresce nel mondo la richiesta di carne suina, mentre altre nazioni, in primis il colosso Cina, dove ogni anno si macellano 700milioni di maiali, sono in difficoltà per il diffondersi della peste suina ed in un momento in cui il prezzo della carne di suino è alta come non mai in Europa (come detto dall’allevatore Alessandro Mamusa). Dopo 40 anni, quindi, proprio la peste suina potrebbe giocare a favore degli allevatori sardi.
La Psa in 40 anni ha quasi cancellato il comparto suinicolo sardo. Solo negli ultimi 8 anni, da quando cioè l’11 novembre 2011, la Comunità Europea ha nuovamente istituito il divieto assoluto di far varcare i confini isolani di qualsiasi prodotto a base di carne suina sarda, nell’Isola si allevano la metà dei maiali (-48,5), -14,6% tra il 2017 e il 2018.
Nel 2010, infatti, il numero di capi allevati era di 232.120 sceso a 119.445 nel 2018, con una perdita di 112.675 suini. Il minimo storico per il comparto annientato dalla peste suina e dalle restrizioni della Commissione Europea.
Dati Istat elaborazione Anas – Coldiretti Sardegna
Tutto questo ha come conseguenza che l’80% delle carni e dei prodotti di origine suini consumati in Sardegna è importata dalla penisola o dall’estero, a fronte di un mercato mondiale in espansione che potrebbe invece rappresentare una opportunità per la Sardegna, che può vantare carni (suinetto da latte) e prodotti di salumeria tradizionali di eccellente qualità.
“Eppure – afferma il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu – in Sardegna in questi anni ci sono comunque stati allevatori che hanno saputo rinnovarsi, migliorarsi e sono divenuti esempi virtuosi a livello europeo, collaborando con i maggiori esperti che studiano l’efficienza produttiva, il benessere animale e la biosicurezza”.
Nel 2015, prima in deroga a giugno per l’expo, e successivamente a dicembre ovunque, è arrivato il via libera per la vendita fuori dalla Sardegna del maialetto termizzato. Una piccola nicchia e molto innovativa che sicuramente non poteva incidere nel mercato ma che comunque è stato da esempio dimostrando la serietà e la credibilità del comparto e per il futuro rappresenterà uno strumento che rafforza le potenzialità e i target commerciali del nostro prodotto.
“Siamo ad un punto cruciale e manca davvero l’ultimo miglio per ottenere finalmente il via libera definitivo per le esportazioni delle carni e dei trasformati a lunga stagionatura – continua Battista Cualbu -. La Sardegna, anche se non bisogna abbassare la guardia, ha raggiunto la maturità e lo sta dimostrando. Adesso dobbiamo essere pronti per ripartire e si dovrebbe pensare ad un marchio che identifichi i nostri prodotti di qualità”.
Oggi si scontano 40 anni di peste suina per questo la Sardegna è ancora categorizzata come la zona d’Europa a più alto rischio (la situazione della malattia è molto peggiore in altre paesi/zone della UE come per esempio Polonia, Romania) con misure molto più restrittive di quelle adottate nei confronti degli altri Stati Europei dove la Psa si è diffusa in questi ultimi cinque anni (oggi è il principale problema veterinario sia in Europa che a livello mondiale, con il settore suinicolo di Russia e Cina in forte crisi).
“Abbiamo tutte le carte in regola per superare queste restrizioni, ricostruire il settore ed essere competitivi nel mercato con prodotti riconosciuti e di alta qualità – rimarca il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba -. Del resto gli spazi nel mercato sono ancora maggiori visti i livelli di allevamento raggiunti e le difficoltà che stanno riscontrando in altri Paesi per il diffondersi della Psa. Dobbiamo ricostruire la filiera ripartendo da chi in questi anni con grande coraggio ha continuato a credere in questo settore”.
Coldiretti Sardegna da anni ha anche presentato, con la collaborazione dell’Università di Sassari, una proposta indirizzata a tutto il settore suinicolo ed in particolare ai giovani. Un progetto modello, replicabile per il quale era stato chiesto anche una linea dedicata del Psr.
Un progetto, che ieri è stato presentato da Alfonso Orefice, funzionario di Coldiretti Sardegna, in cui si è studiato un percorso, compreso il numero di capi utile per il sostegno di una unità lavorativa, che prevede il supporto dei tecnici e dell’Università e la creazione di una rete per la vendita dei prodotti.
LE TAPPE DI 40 ANNI DI PESTE SUINA
LA STORIA DELLA PESTE SUINA. Il primo caso di peste suina in Sardegna viene riscontrato nel 1978. A marzo dell’anno successivo risale il divieto assoluto imposto dalla Comunità Europea di esportare suini vivi, carne fresche e salumi prodotti in Sardegna. L’11 novembre 2011, dopo una breve parentesi nella quale era stata autorizzata l’esportazione delle sole carni macellate e dei salumi, la Comunità Europea ha nuovamente istituito il divieto assoluto di far varcare i confini isolani di qualsiasi prodotto a base di carne suina sarda. Con prorogata di ulteriori quattro anni del divieto di spedizione firmato l’11 ottobre del 2014.
DEROGA. Il 13 aprile del 2015 il Ministero alla Salute e la Regione Sardegna firmano un Protocollo di intesa. Il documento prevede l’invio dei maialini precotti per l’esposizione o la degustazione esclusivamente nell’ambito della manifestazione milanese. Inoltre i lotti eventualmente non consumati all’interno del perimetro della manifestazione, dovranno essere smaltiti in loco o rispediti in Sardegna secondo procedure stabilite.
PARTE IL PRIMO PORCETTO. Il 21 aprile 2015, dopo 1248 giorni di embargo, la Coldiretti fa partire dall’aeroporto di Cagliari il primo maialetto termizzato.
EXPO. Solo nel padiglione Coldiretti il porcetto sardo termizzato è stato preparato e servito in tavola a migliaia di visitatori provenienti da tutto il mondo.
11 DICEMBRE 2015. Arriva l’ufficialità per la commercializzazione del porcetto termizzato oltre i confini sardi previa costituzione di un accordo di filiera e la dotazione di autocertificazione con veterinari aziendali.
2019. ?