Le dure “leggi di mercato” ci fanno capire che il Porto di Cagliari non è più strategico per lo smistamento dei containers e, purtroppo, tutti dobbiamo farcene una ragione. Ma ciò non vuol dire che si debba accettare passivamente il cinico atteggiamento della Società di gestione del Porto Canale. Società che nel “programma operativo pluriennale 2017/2020” prevede lo stesso livello di movimentazione del 2016 (675.000 Teus), per poi non rispettare lo stesso programma sin dal 2017.
Oggi i containers non sbarcano più a Cagliari e, verosibilmente, non ne arriveranno più, se non quei pochi destinati al solo mercato sardo, con gravi ripercussioni sul fronte occupazionale per i lavoratori della C.I.C.T. S.p.A.
Da questo punto di vista, l’accordo raggiunto al Ministero dello Sviluppo Economico, sull’avvio della richiesta della Cassa Integrazione per quelle maestranze, porta un po di serenità nelle famiglie dei dipendenti della CICT, ma di certo non risolve il problema della prospettiva futura.
Se analizziamo l’intera vicenda in chiave prettamente economica e poilitica, si evince che siamo di fronte all’ennesimo schiaffo dato all’Isola da uno di quei soggetti che hanno usato la Sardegna come Terra di conquista. Dopo le Multinazionali di Stato (Eni e sue consociate in primis), che hanno sfuttato all’osso e inquinato le nostre aree industriali, compromesso irrimediabilmente l’ambiente e lasciato a casa qualche migliaio di operai, ora è il turno del Gruppo Contship che ha:
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realizzato utili sfruttando, dal 2003 ad oggi, 1.500 metri di banchine e 400.000 mq di piazzali costruiti con denaro pubblico;
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disatteso gli impegni assunti in sede di programma operativo 2017/2020;
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beneficiato di bonus, come tasse d’ancoraggio e altro.
Il tutto senza mai aver fatto investimenti per migliorare la competitività del Porto Canale, anche al fine di garantirsi un minimo di continuità delle loro operazioni imprenditoriali.
Ma è mai possible che per questo genere di aziende esistano solo diritti e mai doveri? È mai possible che gli enti pubblici, quando affidano in concessione spazi che sono costati milioni di Uuro, non pretendano garanzie su un ritorno sociale prolungato nel tempo?
È di questi giorni la notizia che il Gruppo Contship, dopo aver abbandonato i porti di Cagliari e Gioia Tauro, stia investendo 200 milioni di Euro nel porto di La Spezia, al fine di migliorare l’efficienza del terminal container del porto ligure e valorizzare sempre più il “modello La Spezia”, che è fondato su una forte integrazione dei servizi offerti alla nave in banchina e al sistema del trasporto terreste.
L’Associazione degli Agenti Raccomandatari Marittimi della Sardegna è fortemente preocupata per la perdita di traffici marittimi nel Porto di Cagliari, determinata dalla fuga del Gruppo Conship dalle banchine del Porto Canale, ma, allo stesso tempo, plaude alla recente iniziativa della SARAS S.p.A., che ha avviato la nuova attività di “bunker low sulphur” (combustibili a basso tenore di zolfo).
Siamo fermamente convinti che, con questa innovativa intrapresa, la Saras darà nuovo impulso ai traffici marittimi nal Golfo degli Angeli, oltre ai significativi benefici ambientali che ne derivano dall’utilizzo di combustibili sempre più green.
Un ulteriore vantaggio dell’iniziativa del Gruppo Moratti è dato dalla zona di bunkheraggio, che è in prossimità della stessa raffineria. Tutto questo abbatte notevolmete i costi della logistica, rendendo la Saras e il porto di Cagliari estremamente competitivi rispetto ad altre realtà concorrenziali presenti nel Mediterraneo.
È evidente, però, che la sola neo-attività della Saras non è sufficiente a rilanciare l’intero Sistema Portuale del Capoluogo della Sardegna. Per far ciò occorre mettere mano ad una nuova pianificazione che preveda una riconversione e razionalizzazione di tutti gli spazi portuali. Oltre ad un serio progetto di riqualificazione del personale, in previsione dell’evoluzione delle attività portuali che si andranno a determinare.
Una città a grande vocazione turistica deve poter contare su un Waterfront e su banchine che valorizzino l’importante e preziosa offerta turistica della città. A tal fine, la nostra idea è quella di proporre lo spostamento, dal Porto Vecchio al Porto Canale, del traffico merci e delle navi ro-ro e ro-ro/pax, e di destinare gli spazi acquei del Molo Rinascita e Molo Sabaudo ai soli taffici delle navi da crociere, passeggeri e mega yacht.
Questo consentirebbe di realizzare nel Porto Canale il “Porto Multipurpose”, ove concentrarvi gli spazi destinati alle merci, ai containers ed alla logistica. Insediandovi, inoltre, tutte quelle attività legate alla cantieristica navale e suoi derivati.
Cagliari è pronta a fare il salto di qualità in chiave di accoglienza turistica. Il Vecchio Porto è l’oasi naturale per il diporto di grandi dimensioni; gli spazi a disposizione esistono già, i fondali per l’ormeggio dei grandi yacht, anche. È sufficiente credervi e iniziare a progettare le opere e i servizi che occorrono, dall’hub crocieristico alle aree parcheggio e oltre.
Un progetto così ambizioso si regge, chiaramente, se supportato da un moderno piano della viabilità. Piano che avvicini il Porto Canale agli assi viari strategici della Città Metropolitana (aeroporto e stazione ferroviaria compresi) e che integri le due realtà portuali in un unico sistema della portualità cagliaritana.
Ultima citazione, ma non certamente come livello d’importanza, va ricordato che il rilancio dell’economia dell’intero territorio passa attraverso il decollo della Zona Franca. Provvedimento atteso da anni, ma di cui ancora non si vedono gli effetti.
Il Presidente
Gian Carlo Acciaro