Se potessimo fermarci nel pensare a quel che veramente è importante per noi, in relazione al nostro esistere, rivolgendo l’attenzione a quella collettività con la quale tendiamo ad interfacciarci ancora con distanza, puntualmente smentiti dalle stesse esperienze che facciamo, cambieremmo immediatamente la visione di noi stessi, l’immagine, spesso artificiosa, creata in relazione alle vicissitudini passate che hanno fatto in modo dimenticassimo il senso della condivisione. Infondo, non abbiamo mai desiderato vivere per sola apparenza, ma per la condivisione della nostra verità, le nostre idee, le nostre opinioni, alla ricerca delle nostre origini (il prossimo). Abbiamo sempre pensato essere così importante guardare al “come“, al “perché” di ogni nostra parola, misurandone la quantità e la qualità, al fine di fare quadrare il bilancio, sperando di uscire e, contemporaneamente, aggrappandoci a quelle esperienze nelle quali abbiamo lasciato una parte di noi, sulle nostre aspettative infrante.
Se potessimo guardare alla vita iniziando a considerare il tempo perso quale occasione utile alla progressione verso il presente, provando ad investire in qualcosa che possa, alla lunga, vederci soddisfatti, non perderemmo nemmeno un attimo del tempo a disposizione, apparentemente illimitato. Spendere il tempo secondo una modalità d’approccio così restrittiva, limitante nell’ottica di una vita vissuta pienamente, senza riserve, come un “mistero” impossibile da conoscere, da scoprire anticipatamente, proietta i nostri obiettivi molto in alto e secondo la forza dei nostri desideri. Fare dell’esperienza del mondo qualcosa di cui andare fieri, in ogni istante, significa valorizzare la nostra essenza a fronte di un mondo che, seppur centrato prevalentemente sulla materia, sul consumismo, può continuare a sperare guardando al nostro prezioso contributo, unico ed irripetibile che noi, per primi, possiamo riconoscere.
Al nostro riconoscimento segue la caduta dell’aspettativa dell’altro (centratura nel cuore – dissolvimento delle paure), molto semplice. Altro importato aspetto è l’anteposizione dell’apparenza, il cliché giustificato dalle convenzioni lontane dal riconoscimento dell’Unità, il convenevole “del quale non possiamo quasi fare a meno” (la distanza con l’altro – l’impossibilità per l’altro d’essere se stesso): sembrano propositi così difficili da abbandonare, in realtà molto più semplice di quanto si creda, nel momento in cui realizziamo essere Noi (su richiesta della paura) a riproporre tali consuetudini.
La preziosità del momento presente, quasi sempre vissuta con discreto torpore, distratto, evanescente, va ricercata nell’estrema importanza della gestione del tempo: l’utilizzo improprio del termine gestione come incoraggiamento nell’indirizzare produttivamente le nostre energie, in prima persona. Esperti di risorse umane, amministratori aziendali e life coach, a diverso titolo, parlano di questa possibilità, spesso stagnante, infruttifera. Non sprecare nemmeno un attimo della nostra vita significa beneficiare pienamente di ogni istante realizzandone l’importanza e considerare, contestualmente, le molteplici realtà vissute dall’altro, vicino o lontano, alle quali non vogliamo o non possiamo, per diversi motivi, accostarci: la mancanza di cibo, il mancato accesso all’istruzione, la presenza delle guerre e la logica bellica che, nonostante tutto, dovremmo aver già dimenticato da un pezzo, quale simbolo di una civiltà ormai progredita, sotto tutti gli aspetti.
Realtà interdipendenti le quali, volontariamente o involontariamente, tendiamo a respingere (la disattenzione per gli invisibili mentre camminiamo sul marciapiede), del parallelismo giudicante accompagnato all’inavvedutezza sotto convenzione: non possiamo rapportarci al prossimo mediante l’utilizzo di stratagemmi atti a traslare quell’apparente deferenza disfunzionale alla riscoperta dell’altro – il nostro specchio. Viviamo così un illogico dualismo, improduttivo, impossibile, al fine della nostra esperienza sulla Terra come opportunità per questa splendida convivenza, arricchente, stimolante.
Può essere capitato d’esser stati lasciati dal proprio compagno o dalla propria compagna, aver litigato con l’amico sul quale riponevamo tutta la nostra fiducia: viviamo adesso distanti da queste figure con le quali sembra non esserci più nessun rapporto, nessun interesse in comune ma soltanto divisione ed incomunicabilità. Non immaginiamo quanto andiamo a perdere sul momento nel precluderci la possibilità della trasparenza, un “profondo sentire“, quale migliore occasione di crescita? Abbiamo la possibilità di modificare il corso degli eventi soltanto mettendo da parte l’ego, le convinzioni, le considerazioni (la paura).
Un passato vissuto all’insegna del pregiudizio, prima ancora del giudizio, dell’altro, della possibilità che potrebbe farci del male, nuocere ai nostri effetti, ai nostri “possedimenti” per concludere, infondo, che l’unica vera possibilità sarebbe quella di vestire i suoi panni, quel che ancora non abbiamo imparato a fare. Viste le numerose condanne, le assoluzioni, le verità apparentemente confessate sulle quali intessiamo incredibili, quanto banali, giochi di potere tesi al sotterramento delle nostre paure, come possiamo invertire l’ordine di progressione? Tempo dedicato alla ricerca di una comunicazione efficace, rallentata dalla ristrettezza della convenzione, che possa spingere lontano quelle forme di negligenza che tutti desidereremmo sormontare senza mettere in discussione noi, la nostra posizione, la nostra carriera, le nostre aspirazioni (l’infinito contraddittorio fondato sulla paura – paura dell’altro, dell’ignoto), rallentando così un processo che richiederebbe la collaborazione di ognuno: abbiamo “parecchio tempo” da investire nel coraggio, quale proclamazione di una verità che merita d’essere urlata ai quattro venti, di sottofondo ad un altra ben più grande: la Libertà.
Questo è un punto interessante per il nostro argomento che, infondo, converge al desiderio di riuscita nel poter essere liberamente se stessi guardando agli impegni quotidiani in maniera sempre più leggera e non oppressiva. Libertà d’espressione che parte dal princìpio primo del nostro stare al mondo e contribuire al processo di evoluzione senza sbarramenti nell’incontro con l’altro, in assenza di barriere tese alla preclusione di un intervento, di la da quella barricata che sappiamo bene essere così superflua all’accoglimento del vero messaggio che tutti desidereremmo vedere scritto sulle bandiere di tutto il mondo.
Nel momento in cui guardiamo più all’efficacia del conosciuto, alla comprovata validità dei condizionamenti che ancorano le nostre certezze al passato, le convinzioni sviluppate che tendono all’inflessibilità dialettica, un vero limite alla nostra ed altrui espansione, non cogliamo la verità del presente e perdiamo l’opportunità di comprensione dell’eterna possibilità al cambiamento.
Non c’è un inizio e non c’è una fine, soltanto tante persone che desiderano dare la loro opinione, ritornare a quel messaggio originario che vede tutti al servizio di tutti, nella più completa apertura di cuore e senza alcuna limitazione all’espressione delle proprie idee, in assenza di un ripiego che possa escludere anche soltanto una persona dal nostro stare insieme, dal condividere. Come impieghi il tuo tempo quando sembri essere disinteressato all’attività del mondo, alle persone attorno, alle proposte che ti vengono fatte? Come potresti rendere il tuo tempo più prezioso? Cosa significa per te Vivere? Guardare al tempo che passa avendone compreso l’importanza è significativo dell’aver compreso l’importanza della Vita.
L’importanza del riuscire a mettersi in discussione, sotto ogni aspetto, per non cadere più nella provvisorietà della resistenza alla paura: affrontare il tempo che passa come atto di coraggio per la risoluzione delle proprie paure, il proprio passato – riconoscere l’importanza del tempo significa recepire la preziosità anche di un solo istante della nostra giornata, spesso vissuta al minimo delle possibilità. Aggiungere quel poco che, nelle nostre giornate, potrebbe fare la differenza, come cambiare strada per andare a lavoro, invertire un pensiero da negativo a positivo, guardare all’altro come nostro amico di sempre, stabilendo così una connessione apparentemente inesistente: sono semplici modi per riscoprire quell’essenzialità che stavamo andando a perdere nell’inseguimento insensato del nostro riflesso, un cerchio che non può chiudersi. Quali sono stati i momenti in cui ti sei sentito veramente libero e come vorresti vivere, adesso, quest’esperienza? Se potessi accelerare il passare del tempo, cosa vorresti vedere compiuto da qui a poco? Sei soddisfatto delle tue attività in relazione agli impegni presi?
Farci domande è molto importante, soprattutto nel momento in cui sentiamo la certezza delle risposte altrui non essere più funzionale al nostro vero benessere. Iniziamo a rispondere noi.
Daniele Fronteddu