Un obbligo esteso dalla giurisprudenza civile anche all’etilometro, che dunque deve valere anche nel penale, pena una distonia nel sistema. Non vi è dubbio che tocchi al pubblico ministero dover dimostrare i fatti costitutivi del reato, che nel caso di quello ex articolo 186 Cds è il superamento del tasso alcolemico nel sangue del guidatore previsto come soglia di rilevanza penale. Nella fattispecie, è stato accolto il ricorso di un’automobilista condannato in primo e secondo grado. In particolare, viene ritenuto fondato il motivo secondo cui l’etilometro nella specie risulta solo omologato mentre soltanto la revisione periodica prevista dal regolamento di esecuzione Cds garantisce precisione dello strumento e attendibilità del risultato.
E invoca l’assimilazione al principio affermato dalla Consulta sugli autovelox. La sentenza costituzionale 113/15 enuncia un canone di razionalità pratica: qualsiasi apparecchio, specie se elettronico, è soggetto a obsolescenza e non sottoporlo a manutenzione appare «intrinsecamente irragionevole» specialmente in un settore di particolare rilevanza sociale come la circolazione stradale. Insomma: non basta la prova dell’omologazione ma bisogna anche dimostrare che l’apparecchio è stato revisionato. Vi è da specificare che l’orientamento sinora applicato dalla giurisprudenza che riteneva sufficiente l’omologazione onerava i presunti trasgressori di dimostrare in sede sia civile sia penale che l’apparecchio di misurazione non funzionava quando risultava positivo alla presenza di alcol; un compito tanto più gravoso se si considera che l’apparecchio è nella disponibilità dell’amministrazione. Ma la sentenza della Consulta ha chiarito definitivamente la necessità dell’obbligo di revisione e taratura periodica.
Obbligo che è stato esteso dalla giurisprudenza civile all’etilometro: ma per i giudici di piazza Cavour non c’è ragione di non riconoscerlo anche nel penale. Altrimenti si rischiano effetti paradossali: l’onere della prova del funzionamento dell’etilometro sarebbe a carico dell’amministrazione nel civile e dell’imputato nel penale. E una stessa fattispecie potrebbe costituire soltanto illecito penale e non amministrativo, mentre il primo deve essere solo l’extrema ratio in base al principio di sussidiarietà.
All’imputato spetta unicamente la sola prova contraria dopo che l’accusa dimostra le verifiche periodiche compiute sullo strumento. Insomma, per Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, una decisione che in un certo senso rivoluziona la delicata materia degli accertamenti con l’alcoltest e che rende più certi gli obblighi per gli accertatori e le garanzie per migliaia d’indagati e imputati.