Il cardo nella tradizione sarda
Il cardo selvatico (in sardo detto gureu aresti o carduleu de sartu) è un’erba spontanea che rientra di diritto nelle tradizioni culinarie sarde, insieme ad altre piante più celebri come il rinomato carciofo spinoso DOP e il mirto.
È molto comune, infatti, come antipasto o contorno dei piatti di carne, con olio extravergine d’oliva, aceto e aromi – strategia che rende più saporito il tutto, permettendo di usare meno sale, nocivo per il cuore.
In Sardegna, tuttavia, di quest’erba si fa anche un uso curativo, in quanto è considerata utile contro la gastrite e altri disturbi gastrointestinali.
Ma questi usi popolari sono giustificati? L’Università di Cagliari ha cercato di fare un po’ di chiarezza al riguardo. Approfondiamo la questione!
Lo studio di Unica sul cardo selvatico come gastroprotettore
Come già anticipato, l’obiettivo di questa ricerca, era quello di valutare se gli impieghi del cardo selvatico fossero giustificati in caso di gastrite, cioè l’infiammazione dello stomaco.
A tale scopo, gli autori hanno raccolto 8 specie di cardo selvatico in varie zone dell’Isola, le hanno essiccate e sottoposte a estrazione alcolica.
Gli estratti, dunque, sono stati esaminati con una tecnica detta HPLC, per identificarne la composizione, e poi sottoposti alle simulazioni in provetta, per valutarne gli effetti antinfiammatori.
Queste prove, in particolare, consistevano nel trattare le cellule gastriche con il TNF-α (una sostanza capace di provocare l’infiammazione) e poi nel farle incubare con gli estratti alcolici di cardo selvatico.
Ma cosa è emerso dalla ricerca?
Dai test è emerso che gli estratti riducono (in modo dipendente dalla dose) le sostanze infiammatorie quali l’Interleuchina 8 (IL-8), grazie alla capacità di riprogrammare le cellule, “dialogando” con il loro DNA.
Solo due estratti di cardo, tuttavia, sono risultati attivi:
- Onopordum horridum, proveniente dal Gennargentu;
- Onopordum illyricum, raccolto nel Monte dei Sette Fratelli.
In entrambi i casi, gli effetti sembrano essere dovuti ai derivati dell’acido caffeico, in particolare all’acido 3,5-dicaffeilchinico.
È di notevole importanza, inoltre, il fatto che gli estratti abbiano esplicato i loro effetti a basse concentrazioni (≤ 10 μg/mL), perché ciò permetterebbe di ottenere gli stessi benefici, consumando il cardo in quantità moderate.
In conclusione…
Lo studio, dunque, evidenzia le potenzialità del cardo selvatico, sia nella prevenzione, sia nella terapia complementare della gastrite, grazie ai suoi effetti antinfiammatori.
Gli autori, in particolare, richiamano l’attenzione sulle gastriti causate da Helicobacter pylori, un batterio che può infettare lo stomaco, in seguito al consumo di cibi e bevande contaminati.
Nel loro sviluppo, infatti, svolge un ruolo cruciale l’IL-8 – la cui produzione viene ridotta sia dagli estratti, sia dall’acido 3,5-dicaffeilchinico isolato – ed è pertanto auspicabile il loro uso in supporto ai farmaci.
Staremo a vedere se, le ricerche future, ne confermeranno l’efficacia anche sull’uomo. Noi, intanto, ci accontentiamo di gustare il cardo a tavola!
Jessica Zanza