Tre toghe al femminile hanno ritenuto opportuno valutare l’aspetto fisico della vittima per giudicare uno stupro. Dunque, se sei troppo brutta non puoi essere violentata, ma se sei troppo bella sei tu a provocare, se poi ti uccide è sull’onda dell’emotività. Continuando di questo passo la legge non potrà più tutelarci, poiché ci sarà sempre una giustificazione plausibile per ogni reato.
Siamo ad Ancona nel 2015, una ragazza di 22 anni si reca in ospedale accompagnata dalla madre per denunciare uno stupro, i medici constatano lesioni conciliabili con una violenza sessuale, scatta un’indagine e nel 2016 i due ragazzi accusati vengono condannati.
Nel 2017 (quindi sempre nel XXI secolo) la sentenza viene ribaltata, la ragazza è troppo brutta per poter piacere al presunto violentatore. Anche se tale assurdità è stata annullata e ci sarà un nuovo processo di Appello, rimane il fatto che una giovane donna dopo aver subito una violenza sessuale, ha chiesto aiuto alla legge, poiché vittima di un grave reato contro la persona. Ha trovato tre giudici, donne proprio come lei, che hanno assolto i presunti colpevoli per via della sua scarsa avvenenza: “sei brutta, non sei credibile”, questo in sostanza il senso della sentenza.
Credo che nessuno possa comprendere fino in fondo il dolore di questa indifesa ragazza, violentata e umiliata una seconda volta, se possibile in modo ancora più crudo, da chi avrebbe dovuto difendere e tutelare i suoi diritti di essere umano. Abbiamo toccato il fondo, non ci sono parole.
“La violenza sessuale è un reato contro la persona disciplinato dagli articoli 609 bis e seguenti del codice penale.
“Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe qualcuno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.”
Tranne….
Sabrina Cau