Il progetto “Cuore mio”
Il 21 Settembre, sulla montagna di Ulassai, è prevista l’inaugurazione di un’opera site-specific di carattere permanente, che entrerà a far parte della collezione del Museo a Cielo Aperto Maria Lai.
L’installazione sarà seguita da una performance che, a partire dal tramonto e fino a tarda sera, coinvolgerà la comunità di Ulassai per le strade del paese e nella centrale piazza Barigau.
Queste azioni costituiscono il progetto “Cuore mio“, concepito dall’artista Marcello Maloberti, curato da Davide Mariani, direttore del museo dedicato a Maria Lai.
Il progetto è promosso dalla Fondazione di Sardegna con la Fondazione Stazione dell’Arte, nell’ambito dell’ormai consolidato percorso di produzione di opere e progetti d’arte contemporanea, sul territorio regionale coordinati dalla piattaforma “AR/S – Arte Condivisa in Sardegna”: una sempre più ampia rete di enti e istituzioni pubbliche e private che ha nella Fondazione di Sardegna il suo centro propulsore e che, in questa occasione, abbraccia anche il Comune di Ulassai, Sentieri Contemporanei e l’ARST – Azienda Regionale Sarda Trasporti.
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L’anteprima: Ulassai a Roma
Il progetto è stato preceduto da un’anteprima che si è tenuta tra il 18 e il 19 giugno presso il Museo MAXXI di Roma, in occasione dell’inaugurazione della mostra che il Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo ha dedicato a Maria Lai. Le due giornate hanno visto la presenza, all’entrata del museo, di due addetti alla sicurezza intenti a sorreggere il cartello stradale di Ulassai.
Ad accogliere i visitatori è stata dunque una “scultura vivente” che, grazie a una serie di rimandi e riferimenti concettuali, ha dato vita a una vera e propria “sbandata geografica”. Attraverso il cartello stradale, Marcello Maloberti ha collegato idealmente due luoghi distanti ma emblematici della biografia e del percorso di Maria Lai: Ulassai e Roma.
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L’opera a cielo aperto
Il 21 settembre a Ulassai, Maloberti vuole riprendere metaforicamente quel famoso nastro celeste che, nel 1981, ha unito tutte le case del piccolo borgo dell’Ogliastra alla montagna. Sarà lì, tra i maestosi Tacchi, che ora, a distanza di quasi quarant’anni da “Legarsi alla montagna”, il cartello stradale verrà collocato in verticale, come una bandiera, quasi a indicare l’inizio di un altro paese sospeso tra cielo e terra.
E proprio una bandiera a scacchi, che allude al celebre lavoro di Maloberti, “La vertigine della signora Emilia” (1992), in cui la madre e la nonna dell’artista sono vestite con una tovaglia da pizzeria a quadretti rossi e bianchi, in un’atmosfera a metà tra de Chirico, le contadine russe di Malevič e le gemelline inquietanti del film Shining di Kubrick, accompagnerà il corteo sulla montagna, come un dragone da Capodanno cinese, per l’inaugurazione dell’installazione permanete “Cuore mio” che, da quel momento, entrerà a far parte della collezione di opere pubbliche del Museo a cielo aperto Maria Lai.
La performance
A seguire, al centro dell’abitato di Ulassai, Maloberti darà vita ad un’altra azione “partecipata”, questa volta in Piazza Barigau, già teatro di un’altra opera di Maria Lai, “Il volo del gioco dell’oca” (2003). La dimensione ludica dell’intervento dell’artista sarda, ispirato al tradizionale “gioco dell’oca”, ben si presta a fungere da cornice ideale per la messa in scena di “Circus” (2003-in corso), campeggio itinerante realizzato da Maloberti, a partire dal 2003, in diverse città italiane ed europee, come Imola, Mestre, Palermo, Vitry/Parigi e alla Biennale di Thessaloniki.
In “Circus” ho rifatto l’immagine che ho visto un giorno a Roma – dichiara Maloberti –, un tendone di un venditore ambulante di occhiali indiano. C’era uno specchietto appeso che brillava al sole, io ho rifatto il gesto, l’immagine duecento volte. Duecento specchietti che dondolavano nell’aria riflettevano i fari accesi di quattro auto posteggiate intorno, con le autoradio accese, brillando nella notte. L’atmosfera era molto felliniana.
Come una festa abusiva, una lampada di Aladino, un faro cittadino, “Circus” è un’istallazione collettiva temporanea che dura un giorno solo. Gli specchi riflettono l’architettura circostante e, grazie alle luci delle quattro macchine disposte agli angoli del tendone, creano una sorta di disco-ball che dà luogo ad un’atmosfera sognante, per l’occasione, animata dal duo di musiciste sarde Lilies On Mars.
Caratterizzata dall’assenza di gerarchie, grazie al ruolo dell’artista che cede il passo nella regia, “Circus” è uno spazio aperto dove l’architettura e l’uomo convergono in modo paritario. Sono infatti le relazioni il vero fulcro dell’opera che, in questo caso, è concepita come un congegno volto a innescarle:
È una sorta di lavoro in tour che cambia leggermente secondo lo spirito della città che lo ospita – prosegue Maloberti –, un dispositivo da vivere la vita che si svolge all’interno del lavoro, è forma tra le forme, dove l’interazione del pubblico nasce in modo naturale. Mi piace fare e disfare e reinventare “Circus” come un luogo nomadico neorealista un poco magico; come quando da piccolo, in provincia, portavano in piazza attrazioni temporanee tipo la balena più grande del mondo in un camion o le mongolfiere. Nelle performance mi piace perdere il controllo della regia, mi piace il corpo collettivo, sentirne l’energia.
La comunità
Maloberti ha scelto di intitolare la sua azione “Cuore mio” prendendo ispirazione da un racconto di Salvatore Cambosu (Miele Amaro, 1954), amico e mentore della Lai, la cui protagonista, Maria Pietra, si trasforma in pietra per salvare il suo amato bambino, Cuore Mio, da un’eterna condanna.
Da questa ispirazione nasce anche la fotografia scelta per rappresentare l’intera operazione – dichiara Davide Mariani, curatore del progetto e direttore della Stazione dell’Arte – in cui trenta cittadini di Ulassai sono disposti attorno a un masso della montagna con le braccia protese verso l’alto, desiderosi di poterla raggiungere e al contempo sostenere. È l’immagine di una comunità che oggi non guarda più con sospetto all’arte di Maria Lai ma è lì, insieme a lei, per testimoniare il profondo legame tra l’artista e le sue radici, in una sorta di dichiarazione d’amore.
L’artista: Marcello Maloberti
Marcello Maloberti (Codogno, 1966) vive e lavora a Milano.
La sua ricerca trae ispirazione da aspetti legati alle realtà urbane più marginali, con particolare attenzione all’informità e alla precarietà del vissuto. La sua osservazione va oltre l’immediata evidenza del familiare nel quotidiano, con uno sguardo di carattere neorealista ma straniante e onirico.
Le performance e le grandi installazioni sonore e luminose vengono realizzate, in spazi sia privati sia pubblici, con un forte impatto teatrale e di interazione con il pubblico. Le performance funzionano come narrazioni contratte, sono atmosfere da vivere ed esperire, temperature emotive da attraversare.
Il corpo performativo è quello degli altri, della collettività, capace di produrre un dialogo tra la performance stessa e il suo pubblico. L’immagine conclusiva della performance è la somma delle energie dei corpi partecipanti, la combinazione di esperienza collettiva e casualità degli eventi.
Ha esposto in numerose istituzioni pubbliche e private, come: Museo MAXXI, Roma (2019), Galleria Raffaella Cortese, Milano (2018, 2014, 2007, 2004, 1999), Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato (2018, 2000), GAMeC-Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Bergamo (2018, 2009), MOCAK – Museum of contemporary art, Krakow (2017) Museo Ettore Fico, Torino (2017), Quadriennale di Roma (2016), Triennale di Milano (2016, 2015, 2012), Castello di Rivoli, Museo Marino Marini, Firenze, MUCEM, Marsiglia (2014), Padiglione Italia 55a Biennale di Venezia (2013), Macro – Museo d’arte contemporanea Roma (2012), Mac/VAL, Vitry/Paris (2012), Copenaghen Art Festival (2012), Frankfurter Kunstverein Francoforte (2012), Royal Academy of Arts, London (2011), Galleria Zero, Milano, Galleria Giò Marconi, Milano (2012), 29th Biennial of Graphic Arts Lubiana (2011), Nuit Blanche Parigi in collaborazione con CAC Bretigny (2011), Generali Foundation Vienna (2010), Performa, New York (2009), la Rotonda della Besana, Milano (2008), Deutsche Bank Collection, Milano (2007), Villa Manin – Centro d’Arte Contemporanea, Codroipo (UD), Museion – Museo d’Arte Moderna e Contemporanea, Bolzano (2015), Collection Lambert, Avignon e De Appel, Amsterdam (2005), Palazzo Strozzi, Firenze (20015), il PAC-Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano (2003), Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia (2002), Galleria d’Arte Moderna, Bologna (2002), SESC Pompéia, São Paulo (2000).