Una nuova riforma delle pensioni in arrivo nel 2020, frutto della decisione del nuovo Governo Pd M5s: i sindacati chiedono un nuovo meccanismo di calcolo per aumentarne gli importi, il Welfare tornerà ad assumere un ruolo centrale, ci sarà un focus sui giovani con basso reddito per l’introduzione di una pensione di garanzia, la cosiddetta opzione donna e molto altro ancora: ecco di seguito quali saranno i cambiamenti cardine della riforma sulle pensioni.
Il 2020 si preannuncia un anno pieno di cambiamenti e di sfide importanti da parte di un Governo che mira a raggiungere obiettivi ambiziosi: così accanto alle politiche a sostegno dei lavoratori, come il taglio del cuneo fiscale che porterà i lavoratori dipendenti con un reddito lordo inferiore ai 26 mila euro ad avere 40 euro in più al mese in busta paga, si affianca una riforma che interesserà il settore delle pensioni.
Sul fronte generico delle pensioni, l’opzione donna, con la quale le lavoratrici che hanno maturato 35 anni di contributi previdenziali possono andare in pensione a 58 anni se dipendenti e a 59 se autonome, rimarrà in vigore, così come l’opzione quota 100, che sarà eliminata in un secondo momento: per le pensioni anticipate non sono previsti dunque cambiamenti, che arriveranno dal 1° gennaio 2022.
Nessuna modifica neanche alla pensione di cittadinanza, a quelle di invalidità e all’Ape Social. La novità più significativa sarà rappresentata dalla pensione di garanzia destinata ai giovani. Vediamo quali sono tutti i cambiamenti che ci saranno con la riforma pensioni del 2020.
Riforma delle pensioni: il meccanismo di rivalutazione
Quali sono le questioni calde che bollono in questo momento nel calderone della riforma? Tra le sfide più grandi dei sindacati c’è quella di tentare di ottenere la rivalutazione degli importi delle pensioni, nella speranza di un possibile aumento degli importi mensili, reso vano dal precedente Governo con l’introduzione di un nuovo meccanismo di calcolo.
L’entrata in vigore del meccanismo di rivalutazione, che permette di adeguare le prestazioni social all’aumento del costo della vita indicato dall’ISTAT, era prevista per il 1° gennaio 2019. Vediamo nel dettaglio quali sono le fasce di rivalutazione, che sono pari a tre e cosa è successo con l’introduzione di tale rivalutazione.
Il sopracitato meccanismo di rivalutazione prevede tre diverse tipologie di fasce:
- la prima è per le pensioni che hanno un importo inferiore a tre volte il trattamento minimo, che è di 507,42 euro al mese, e consiste in una rivalutazione del 100%;
- per le pensioni di importo compreso fra le tre e le cinque volte il trattamento minimo, la rivalutazione è del 90%;
- gli assegni 5 volte superiori al trattamento minimo hanno, invece, una rivalutazione del 75%.
Il meccanismo di rivalutazione introdotto lo scorso anno, però, è andato a penalizzare gli assegni con importo superiore alle tre volte il trattamento minimo, cioè 1.522,26 euro. In questo modo, in pratica, le pensioni sono più basse: di pochi euro coloro i quali rientrano nelle fasce inferiori e di una decina di euro per i redditi più elevati.
Lo Stato, dal suo lato, è riuscito a recuperare 253 milioni di euro e potrebbe ancora risparmiarne 742 nel 2020 e 1,2 miliardi nel 2021. Questa decisione non è stata particolarmente apprezzata né dai sindacati né dai pensionati, che chiedono di fare un passo indietro rispetto a tale meccanismo.
Passiamo di seguire a elencare, con un focus su cosa cambierà e cosa resterà immutato, le principali novità a proposito di:
- pensione di garanzia;
- pensione di vecchiaia:
- pensione anticipata;
- quota 41 e quota 100;
- opzione donna e Ape social.
Riforma pensioni 2020: cos’è la pensione di garanzia
Uno degli obiettivi principali del Governo giallorosso per quel che riguarda la riforma delle pensioni prevista per il 2020 ha a che fare con la pensione di garanzia per i giovani. Di cosa si tratta? Di uno strumento a sostegno dei giovani che hanno carriere discontinue, che ha lo scopo di assicurare loro una giusta copertura previdenziale.
La pensione di garanzia mira a rendere cumulabili i trattamenti che saranno maturati tra circa 20-30 anni dai giovani nati dagli anni ’70 in poi attraverso assegni sociali o strumenti a sostegno delle fasce con più basso reddito. Nella bozza sulla pensione di garanzia era stato previsto che i lavoratori con carriere discontinue avrebbero potuto avere accesso alla pensione con maggiore flessibilità, in modo tale da evitare di dover posticipare il pensionamento troppo a lungo dopo i 70 anni.
Riforma pensioni 2020: cosa cambia per la pensione di vecchiaia
Già a partire dallo scorso anno, i requisiti per l’accesso alla pensione sono cambiati, in virtù dell’adeguamento INPS previsto dalla riforma Fornero, con il quale anno dopo anno aumentano gli anni necessari per poter andare in pensione, sia in anticipo sia per quella di vecchiaia.
- 67 anni nel 2020;
- 67 anni e 3 mesi nel 2021 e nel 2022;
- 67 anni e 4 mesi nel 2023 e nel 2024;
- 68 anni dal 2031 a seguire.
Per coloro i quali non hanno versato i contributi prima del 1996, sui quali viene applicato il solo calcolo contributivo, c’è un’altra condizione da soddisfare per andare in pensione, ovvero che l’assegno pensionistico sia 1,5 superiore rispetto all’importo dell’assegno sociale.
Riforma pensione 2020: a proposito di pensione anticipata
Cosa accadrà il prossimo anno per quanto riguarda la pensione anticipata? Intanto, non è prevista un’età per poterne godere, ma si deve possedere un requisito contributivo minimo che è parti a 42 anni e 10 mesi per gli uomini, e 41 anni e 10 mesi per le donne.
Per la pensione anticipata Quota 41 il requisito contributivo è di 41 anni per coloro i quali:
- a 19 anni avevano già maturato 12 mesi di contributi;
- si sono iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 1996;
- sono disoccupati, ma senza indennità di disoccupazione, da almeno 3 mesi;
- hanno un’invalidità al 74%;
- si occupano da almeno 6 mesi di un membro della famiglia con un grave handicap, che abbia un livello di parentela almeno di 2° grado;
- si sono occupati, nel corso della vita, di lavoro molto usurante per il fisico.
Riforma pensioni 2020: cosa succede a Quota 100
La pensione Quota 100 è stata una delle riforme introdotte dal Governo Lega-M5S, con le quali è iniziato il lento e lungo processo di superamento della legge Fornero. Questa forma di pensione, in vigore fino al 31 dicembre 2021, dà la possibilità ai lavoratori interessati di rinunciare alla pensione per vecchiaia e ritirarsi dal lavoro in anticipo se la somma fra la loro età anagrafica e gli anni di contributi versati raggiunge il 100.
La quota 100 si può richiedere con un’età minima di 62 anni e 38 di contributi versati. Come si può facilmente intuire, la pensione a quota 100 comporta un taglio rispetto alla pensione di vecchiaia, che è pari almeno all’8%. Nella riforma pensioni promossa dal nuovo Governo per il 2020 la Quota 100 non è stata nominata, quindi è possibile che sia mantenuta in vigore fino alla sua conclusione, per poi essere eliminata. Sono emerse alcune ipotesi secondo le quali ci potrebbe essere una possibile riduzione della platea delle persone che ne godono, dato che all’INPS in pochi ne hanno fatto domanda. Rispetto a quelle che erano le previsioni iniziali, c’è stata una riduzione del 30%.
Riforma pensioni 2020: cosa ne sarà di Quota 41?
La pensione Quota 41 è quella attraverso la quale i lavoratori possono smettere di lavorare una volta raggiunti i 41 anni e mezzo di contributi, indipendentemente dalla loro età. Prima della Quota 41, la pensione anticipata si poteva raggiungere con 40 anni di contributi, che con la riforma Fornero sono poi diventati 43. La pensione quota 41 sarà pertanto eliminata.
Riforma pensioni 2020: a proposito di Opzione donna e Ape social
Il prossimo anno sarà invece mantenuta l’Opzione donna, attraverso la quale le donne lavoratrici, a prescindere dal fatto che siano dipendenti o autonome, possono andare in pensione anticipata se in possesso di determinati requisiti retributivi. Nello specifico, si tratta di:
- donne dipendenti che hanno raggiunto l’età anagrafica di 58 anni;
- lavoratrici autonome che hanno raggiunto i 59 anni di età.
Per quanto riguarda, invece, il requisito retributivo, corrisponde a 35 anni. Quindi, a conti fatti, l’opzione donna che sarà rinnovata nel 2020 spetterebbe alle richiedenti nate nel 1961 se lavoratrici dipendenti e 1960 se autonome.
A proposito di rinnovi previsti per il prossimo anno, è molto probabile che venga mantenuto anche il cosiddetto Ape Social, che è l’abbreviazione di Anticipo Pensionistico Social. In pratica si tratta di una misura, che al momento è stata prorogata fino al 31 dicembre 2019, la quale si prefigge di agevolare l’uscita anticipata dei lavoratori. Il requisito per ottenerla previsto dalla legge prevede che si debbano avere 63 anni di età e non essere titolari di pensione.
Riforma pensioni 2020: ricapitolando
La riforma delle pensioni 2020 sta cercando di mettere a punto una strategia che, reduce delle esperienze negative del passato, possa trasformare in opportunità alcune proposte avventate che sono state introdotte negli anni precedenti. Se da un lato c’è il tentativo da parte dei sindacalisti di muoversi verso l’innalzamento delle pensioni già a partire dal 2020, dall’altro c’è la volontà da parte del Governo di riuscire a trovare una quadra.
Nel 2020, dal punto di vista pensionistico, saranno mantenute:
- la pensione anticipata, con il requisito minimo quota 41;
- l’opzione donna, per favorire il pensionamento anticipato alle donne con almeno 35 anni di contributi e determinati requisiti legati all’età;
- l’Ape Social.
Per quanto riguarda la pensione di vecchiaia, cambieranno di anno in anno i requisiti minimi di età da rispettare per legge, che passeranno dai 67 anni del 2020 ai 68 che si dovranno avere per andare in pensione nel 2031. Sarà invece eliminati dalla riforma delle pensioni 2020 la quota 100, in virtù della scarsa propensione da parte dei lavoratori a richiederla in quanto si va incontro a una riduzione considerevole della pensione mensile. Tra le novità più rilevanti ci sarà, invece, la pensione di garanzia, uno strumento ideato per garantire un sostegno economico ai giovani che nel corso degli anni non hanno lavorato in modo continuativo, che è stato fortemente voluto dal Governo giallorosso.
Fonte: https://www.sostariffe.it/