Giornata internazionale degli insegnanti: la storia
Dal 1994, quindi, ogni 5 ottobre vengono commemorate le organizzazioni di insegnanti di tutto il mondo. Tale giornata permette di riflettere sul ruolo importante e difficile degli insegnanti e sulle tante sfide che quotidianamente essi, oggi, si trovano ad affrontare.
È opportuno ricordare che le Nazioni Unite, tra gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, riconoscono gli insegnanti come soggetti chiave per favorire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva.
Tra gli obiettivi comuni che i 193 Paesi membri dell’ONU si sono impegnati a raggiungere entro il 2030, un posto di rilievo è occupato dalla funzione educativa dei docenti i quali sono investiti, tra le altre cose, della responsabilità di portare in classe i valori dell’Agenda 2030. Si tratta di un compito singolare che dovrebbe solo accrescere l’importanza che da sempre ha avuto questo mestiere, il nostro.
In tutte le epoche, indipendentemente dai metodi pacifici o violenti adoperati, non mancava mai il rispetto e a volte la venerazione verso la figura dell’insegnante, di colui che aveva la responsabilità di istruire coloro che all’interno della nostra società rappresentavano il futuro, la frontiera del domani.
La figura del maestro è sempre stata profondamente rispettata perché rispecchiava la sincera esigenza di apprendere da coloro che erano ritenuti saggi. L’insegnante era importante perché tramandava ai posteri una solida e indispensabile conoscenza e trasmetteva ai più giovani la passione per lo studio.
L’insegnamento quindi era un lavoro, un mestiere, una professione, un’arte. Un’arte forse per pochi, che richiedeva talento, competenza, inventiva. L’insegnante era uno specialista del sapere perennemente impegnato nell’avventura intellettuale. Nessuno doveva subirlo, perché insegnava certamente ciò che nei libri non si poteva trovare, insegnava in primis la sua specialità e poi qualche altra straordinaria cosa. Insegnava l’onestà, il desiderio di sapere, il coraggio di riflettere. Ed educava insegnando.
Quello dell’insegnamento è sempre stato uno lavoro straordinario e difficile. Negli ultimi tempi, almeno per quanto riguarda la situazione del nostro Paese, l’insegnamento è diventato un lavoro usurante, frustrante e sempre più povero di soddisfazioni. Probabilmente questo è dovuto all’irrimediabile conseguenza dei continui tagli che negli anni ha subito la scuola pubblica. Ciò ha portato a stipendi sempre più bassi per maestri e professori e soprattutto a un numero di cattedre ridotto al minimo (con conseguente aumento del precariato)
La cronaca, inoltre, ci consegna troppo spesso l’immagine di una scuola che arranca, di una scuola sofferente dove insegnanti, alunni e genitori, faticano a realizzare quell’alleanza educativa indispensabile per la formazione dei giovani. Eppure gli insegnanti ce la mettono tutta. Ce la mettono tutta anche se mancano le risorse, anche se c’è poco personale, anche se le classi sono troppo numerose, anche se la burocrazia è sempre maggiore e i corsi di aggiornamento sempre di più e i compensi, almeno nel nostro Paese, tra i più bassi in Europa. Gli insegnanti ce la mettono tutta perché amano il loro lavoro.
Il CNDDU, alla vigilia di una giornata così importante per chi opera nel campo della formazione e dell’insegnamento, ci tiene ad affermare senza polemica alcuna e con spirito critico che molto spesso i docenti sono solo il capro espiatorio dei mali della società, anche se purtroppo appaiono come i colpevoli nel degrado dei comportamenti dei più giovani e della mancanza di competenze di questi ultimi.
Siamo fortemente convinti, e lo ribadiamo ancora, che non ci si può improvvisare insegnanti, perché ci vuole tanto studio e una preparazione che non è solo competenza tecnica sull’argomento, quella è data per scontato. Bisogna acquisire una capacità comunicativa per diventare affidabili e validi agli occhi dei nostri studenti, i quali devono poter scommettere su di noi e vincere questa scommessa. Spesso chiediamo ai ragazzi curiosità, e ripetiamo loro che se manca quest’ultima manca tutto. Ma noi siamo abbastanza curiosi di loro? Siamo ironici? Parliamo la loro stessa lingua o saliamo sulla cattedra per segnare distanze, perderli e non ritrovarli più?
Le incombenze scolastiche sono tante, i pacchi di compiti da correggere anche. E c’è sempre un nuovo progetto da buttar giù. Noi del CNDDU lo sappiamo bene, siamo anche noi docenti e la scuola è casa nostra. Solo che a volte questa casa è caotica e stressante. Ma non molliamo!
Non facciamoci prendere dallo sconforto, miglioriamo noi stessi, se vogliamo migliorare loro. E poco importa se quella collega somiglia alla maestrina dalla penna rossa o se quel collega invece ricorda gli austeri maestri del tempo che fu. Magari i nostri studenti hanno bisogno di entrambi e da entrambi possono imparare qualcosa. Del resto, la scuola insegna che c’è posto per tutti al mondo!
Buon proseguimento, cari colleghi! E buona meritata festa!
Prof.ssa Rosa Manco
Coordinamento Nazionale Docenti della Disciplina dei Diritti Umani