L’arte della danza non può esimersi dall’interpretare i cambiamenti sociali, laddove culture ed etnie diverse si incontrano e si aprono all’accoglienza di nuove fisicità, e a nuove sensibilità nel percepire il movimento.
Lo spettacolo: “Minority party”
Nasce così “Minority party” di Ariella Vidach, il racconto coreutico di un momento epocale della storia del mondo, dove si abbattono le frontiere dando vita a nuovi scenari artistici. Un lavoro presentato martedì sera di fronte a un pubblico inaspettato nella Sala Concerti del Teatro Verdi, per il festival “Corpi in movimento” di Danzeventi, a conclusione di una serata memorabile inaugurata con “Ascent” e “Hunger and Grace” della prestigiosa Spellbound Contemporary Ballet.
[foto id=”288877″]“Minority Party” ha portato in scena quattro danzatrici di origini giapponesi, venezuelane, avoriane e ucraine.
È importante che il segnale dell’integrazione tra i popoli venga raccolto, elaborato e compreso anche da un punto di vista tersicoreo – ha spiegato Vidach. – Penso che l’artista debba avere il compito di dare una visione di ciò che accade nella società.
Negli intenti dell’autrice, la danza contemporanea è un’arte di ricerca del momento, esplorazione delle questioni del presente. Quindi “Minority party” rappresenta non tanto lo studio di una nuova forma d’arte, ma soprattutto di un corpo che nel mondo occidentale sta prendendo nuove forme e gestualità, e non è più esclusivamente bianco.
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Le danzatrici hanno interpretato inoltre un canto del Burkina Faso, tratto da narrazioni pragmatiche di donne richiedenti asilo, con le quali la stessa Vidach ha lavorato per comprendere il loro vissuto. A dare un tocco di magia in più all’applauditissimo lavoro, è stato non a caso l’ambiente non convenzionale della Sala concerti, dove la prima parte della serata ha goduto delle due sensuali composizioni della Spellbound Contemporary Ballet, compagnia romana seguitissima e tra le più gettonate in Europa.
In una dimensione scenografica di chiaroscuri, condensati in un contesto illuminotecnico semplice ed essenziale, i movimenti leggiadri dei due danzatori hanno ricamato le trame coreografiche di Mauro Astolfi, sulle note nel primo caso di Nils Frahm e nel secondo di Fryderyk Chopin. Uno spettacolo dalle tinte suggestive dove la separazione scena-platea si è in qualche modo annullata all’interno di un’atmosfera più intima e partecipata.
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