Due ambulanze del 118, partite dal domicilio del paziente, sono arrivate di prima mattina davanti all’ingresso di Malattie infettive. A bordo operatori sanitari, gli addetti alla sanificazione e, soprattutto, il paziente a rischio biologico, posizionato su una barella isolata dall’esterno. Deve essere portato al terzo piano del reparto dove si trovano le camere di isolamento.
Il personale coordinato dalla Direzione medica di presidio, dal Servizio Gestione del rischio, dal Servizio di Prevenzione e sicurezza, dal Dipartimento infermieristico e dall’Ufficio tecnico dell’Aou, intanto, ha già sgomberato le stanze del terzo piano e isolato l’intero percorso sino alle camere di isolamento.
All’ingresso dell’edificio, il personale di vigilanza ha predisposto un cordone sanitario per consentire l’accesso al solo personale di servizio e il passaggio delle ambulanze scortate da una pattuglia in motocicletta della polizia locale del Comune di Sassari. All’ingresso di Malattie infettive il percorso è stato tracciato, così da consentire il rapido spostamento, senza sbagli, sino alla stanza d’isolamento. Il paziente viene adagiato sul letto, viene prelevato del sangue e le fiale inserite in contenitori speciali per essere inviati al Laboratorio analisi di via Monte Grappa e spediti al centro di riferimento nazionale. C’è, infatti, un volo dell’Aeronautica militare pronto a partire, allertato dalla Prefettura di Sassari. Gli operatori seguono le procedure per l’uscita dalla stanza del paziente. I medici e gli infermieri del reparto si svestono all’uscita della stanza dove vengono anche sottoposti a sanificazione, quelli del 118 raggiungono l’area della svestizione, dove si sottopongono a sanificazione. La barella, vuota, segue il percorso inverso e, dopo essere stata caricata sull’ambulanza, raggiunge il luogo predisposto per la sanificazione, a San Camillo. È qui che il test si conclude.
«Siamo molto contenti di questa esercitazione – afferma il professor Sergio Babudieri, direttore della struttura complessa di Malattie infettive – perché il significato era quello di fare emergere eventuali criticità e disallineamenti tra le tre aziende. Non è facile mettere assieme diversi protocolli e un numero consistente di operatori. Chi opera sul paziente sono, ogni volta, un medico e un infermiere ma il numero di persone che vengono coinvolte in tutta l’organizzazione è cospicuo. Pur avendo studiato nelle riunioni i diversi protocolli, oggi abbiamo avuto la possibilità di valutare con precisione gli ulteriori correttivi da apportare alla nostra operatività». C’è soddisfazione quindi nelle parole del direttore della struttura il quale ricorda che «due volte al mese le nostre equipe si esercitano nella vestizione, svestizione e ingresso nelle camere ad alto biocontenimento, perché è rischioso quando si è in presenza di malattie infettive in cui, per contatto, si può essere contagiati», conclude Sergio Babudieri.
«Le esercitazioni sono sempre utili e devono essere ripetute più volte – afferma il direttore sanitario dell’Areus Piero Delogu –. Questa di oggi, fatta in collaborazione con l’Igiene pubblica dell’Ats Sardegna e le Malattie infettive dell’Aou e il nostro servizio 118, ha testato le problematiche nella gestione dei pazienti ad alto rischio infettivo. L’esercitazione è andata bene, emergono sempre delle criticità che servono a farci crescere e migliorare, così da trovare la condizione ottimale, la qualità e la perfezione che servono qualora dovesse avvenire un evento di questo tipo».
«Abbiamo scelto di fare questa esercitazione, con un ipotetico caso di Ebola, perché recentemente – afferma Marco Mannazzu dirigente medico di Malattie infettive – c’è stato un allerta ministeriale per una nuova epidemia che si è sviluppata in Congo. Dall’assessorato regionale e dalla nostra azienda abbiamo ricevuto un impulso a essere pronti. A Sassari, nella scorsa epidemia del 2014-2015 abbiamo ospitato uno dei 4 casi al mondo di infezione da virus Ebola diagnosticata nelle zone di epidemia e poi manifestata nei territori di ritorno degli operatori sanitari. In quella occasione siamo riusciti a rispondere a un’emergenza così importante. Dopo una lunga preparazione, come Malattie infettive abbiamo chiesto di avere tutto quello che serve per essere pronti a fronteggiare emergenze di tipo infettivologico. L’esercitazione di oggi è un primo passo e una prima risposta».
Il caso registrato a Sassari, come si può verificare dai report dell’Oms, è quello che ha determinato il minor numero di contatti senza trasmissione dell’infezione: soltanto 19 e molti di questi, per altro, legati al personale tecnico e ai familiari. I 19 casi sono stati monitorati per il tempo necessario dall’ufficio dell’Igiene pubblica. «Il fatto che siano stati soltanto 19 – conclude Marco Mannazzu – evidenzia la buona organizzazione nella gestione del paziente, senza rischiare contatti inutili e pericolosi per la popolazione».
Il caso Ebola a Sassari
Un caso di Ebola era stato registrato anche a Sassari nel maggio 2015, con immediata notifica all‘Organizzazione mondiale della Sanità dopo la conferma da parte dei laboratori specializzati e centro di riferimento dello “Spallanzani” di Roma.
Si era trattato di un operatore sanitario volontario tornato in Italia dalla Sierra Leone il 7 maggio. Il paziente aveva sviluppato i sintomi il 10 maggio ed era stato trasportato l’11 maggio nel reparto di Malattie infettive dell’Aou di Sassari. L’anaIisi dei campioni clinici aveva confermato la malattia da virus Ebola e il 12 maggio il paziente era stato trasferito in sicurezza all’Istituto nazionale di malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma. Nel report stilato il 24 giugno 2015 dall’Oms, e disponibile sul sito web dell’Organizzazione, si legge che sono stati 19 i soggetti (3 parenti e 16 operatori sanitari) entrati a contatto con il paziente, i quali hanno completato un follow-up di 21 giorni. Il paziente è stato considerato guarito dall’infezione da virus Ebola il 9 giugno.
La situazione recente
(fonte Organizzazione mondiale della sanità – www.who.int)
A luglio scorso, il ministero della Salute in una circolare ha affermato che per Ebola «il rischio si mantiene basso a livello globale. L’Oms, interpellato dalla Commissione europea, ha confermato che per i paesi europei il rischio rimane basso».
Nel risk assessment pubblicato il 19 luglio 2019 dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie si legge, inoltre, che «la probabilità per un cittadino europeo (che si rechi nelle aree colpite dall’epidemia) contragga l’infezione è bassa, sempre che vengano applicate alcune norme di precauzione di base (per esempio: evitare contatti con pazienti sintomatici, con i loro fluidi corporei e con persone decedute; non mangiare carne di selvaggina ed evitare i contatti con animali selvatici vivi o morti; lavare e sbucciare frutta e verdura prima di consumarla; lavare frequentemente le mani con acqua e sapone o con prodotti antisettici; avere rapporti sessuali protetti)».
Dopo i casi in Sierra Leone, Guinea e la Liberia, dal 2018 il virus Ebola sta martoriando la Repubblica democratica del Congo. Per il ministero della Salute italiano si tratta della più grande epidemia mai documentata nella Repubblica democratica del Congo e la seconda mai descritta dopo l’epidemia del 2014-2016 in Africa occidentale. Dall’11 maggio 2018 al 16 luglio 2019, il ministero della Salute della Repubblica democratica del Congo ha notificato 2522 casi, tra cui 2428 casi confermati nelle provincie di North Kivu e Ituri. Centotrentasei casi si sono verificati in operatori sanitari, di cui 41 sono deceduti. Casi provenienti dalla Repubblica democratica del Congo sono stati notificati in Uganda e in una zona sanitaria della Repubblica democratica del Congo confinante con Uganda e Sud Sudan (giugno 2019). Nel mese di luglio 2019, per la prima volta casi di Ebola sono stati notificati a Goma, una città di circa 2 milioni di abitanti nel distretto di North Kivu, importante centro di scambi commerciali con il Ruanda.
Malattia da virus Ebola: aspetti principali
(fonte Organizzazione mondiale della sanità – www.who.int)
La malattia da virus Ebola (EVD), precedentemente nota come febbre emorragica da Ebola, è una malattia rara ma grave, spesso fatale nell’uomo.
- Il virus viene trasmesso alle persone dagli animali selvatici e si diffonde nella popolazione umana attraverso la trasmissione da uomo a uomo.
- Il tasso medio di mortalità del caso malattia da virus Ebola è di circa il 50%. I tassi di mortalità per caso sono variati dal 25% al 90% nei focolai passati.
- L’impegno della comunità è la chiave per controllare con successo i focolai.
- Un buon controllo delle epidemie si basa sull’applicazione di un pacchetto di interventi, in particolare la gestione dei casi, le pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni, la sorveglianza e la ricerca dei contatti, un buon servizio di laboratorio, sepolture sicure e dignitose e mobilitazione sociale.
- I vaccini per la protezione contro l’Ebola sono in fase di sviluppo e sono stati utilizzati per aiutare a controllare la diffusione degli scoppi di Ebola in Guinea e nella Repubblica Democratica del Congo (RDC).
- Terapia di supporto precoce con reidratazione, trattamento sintomatico migliora la sopravvivenza. Non esiste un trattamento autorizzato per neutralizzare il virus ma sono in fase di sviluppo una serie di terapie del sangue, immunologiche e farmacologiche.
L’ebola si diffonde quindi attraverso la trasmissione da uomo a uomo con il contatto diretto (attraverso la pelle o le mucose) con:
- sangue o fluidi corporei di una persona che è malata o è morta di Ebola
- oggetti che sono stati contaminati con fluidi corporei (come sangue, feci, vomito) da una persona malata di Ebola o dal corpo di una persona morta di Ebola.
Sintomi
(fonte Organizzazione mondiale della sanità – www.who.int)
Il periodo di incubazione, ovvero l’intervallo di tempo dall’infezione con il virus all’insorgenza dei sintomi, va dai 2 ai 21 giorni. Una persona infetta da Ebola non può diffondere la malattia fino a quando non sviluppano sintomi.
I sintomi della malattia da virus Ebola possono essere improvvisi e includono febbre, fatica, dolore muscolare, mal di testa, gola infiammata.
Questo è seguito da vomito, diarrea, eruzione cutanea, sintomi di funzionalità renale ed epatica compromessa, in alcuni casi, sanguinamento sia interno che esterno (ad esempio, trasudando dalle gengive o sangue nelle feci). I risultati di laboratorio includono un basso numero di globuli bianchi e piastrine ed elevati enzimi epatici.