Il 25 novembre ricorre la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne: un’iniziativa volta a sensibilizzare ogni essere umano sulle violenze fisiche e psicologiche che milioni di donne, in ogni parte del mondo, soffrono dentro e fuori le mura domestiche. L’ASSL di Lanusei, che è impegnata da diversi anni nel promuovere e sostenere iniziative di prevenzione e contrasto alla violenza di genere, quest’anno ha voluto aderire alla Giornata Internazionale, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica ogliastrina su un fenomeno per lo più sommerso e garantirne, in tal modo, il suo tempestivo riconoscimento.
Quest’anno la Direzione Sanitaria del Presidio Ospedaliero Nostra Signora della Mercede di Lanusei ha voluto supportare la realizzazione del progetto “non solo il 25 novembre: mai più silenzio, mai più violenza”, proposto dai tre volontari del Servizio Civile Universale Liliana Stella Deiana, Ilaria Murgia e Fabio Collari, che stanno lavorando per l’umanizzazione del presidio nell’ambito del progetto “Teniamoci per mano”.
I tre giovani sono partiti dal principio che è fondamentale “conoscere per riconoscere”, e hanno realizzato un murale per ribadire il loro no alla violenza, ma soprattutto per riaffermare che la giornata mondiale contro la violenza alle donne non si esaurisce in un giorno.
Hanno lavorato mettendoci creatività, impegno e tanto cuore, felici di poter lasciare un messaggio di riflessione per tutti i cittadini, ma anche essere da stimolo per gli operatori sanitari, aiutandoli così a prendere consapevolezza del fatto che bisogna approfondire la conoscenza del fenomeno, aumentando la capacità di ascolto e di accompagnamento della vittima che accede in ospedale.
Il murale giganteggia in una parete all’ingresso dell’ospedale, in via Giuseppe Pilia, usando delle immagini e delle frasi efficaci, per ribadire che, partendo da una data simbolica, sicuramente importante, non bisogna ignorare le violenze, i femminicidi di cui sono piene le cronache, purtroppo anche nel nostro territorio. Hanno voluto ribadire che, per contrastare questa barbarie, non bastano solo le celebrazioni, ma serve un’attenzione costante da parte di tutte le istituzioni, da parte degli operatori, da parte dei cittadini.
L’Italia con la legge n. 77 del 2013 ha ratificato la Convenzione di Istanbul, fondata sulle tre P – ovvero Prevenzione, Presa in carico, Punizione – e ha definito la violenza contro le donne come «ogni atto legato alla differenza di sesso che provochi o possa provocare un danno fisico, sessuale o psicologico o una sofferenza della donna compresa la minaccia di tali atti, la coercizione o arbitraria coercizione della libertà sia nella vita pubblica che in quella privata».
In quest’ottica la Direzione Sanitaria del Presidio di Lanusei ha ritenuto opportuno ribadire che è necessario andare al di là della semplice campagna di informazione e sensibilizzazione del fenomeno della violenza sulle donne, ma che bisogna continuare a realizzare gli obiettivi della procedura aziendale “Gestione del paziente vittima di violenza – attivazione del Codice Rosa”, perseguendo l’obiettivo di dare vita ad un sistema di rete applicabile in maniera permanente con il coinvolgimento delle forze sociali, sia istituzionali che private e di volontariato.
Il Codice Rosa è uno strumento di lavoro che permette di favorire il riconoscimento precoce dei casi di violenza, assicurando efficaci percorsi dedicati. In primis viene garantita, a chi subisce violenza, l’accoglienza da tutto il personale del Pronto Soccorso e del Presidio Ospedaliero, che si colloca e si armonizza con la rete dei servizi socio sanitari (Consultori familiari, Neuropsichiatria Infantile, Centro di Salute Mentale), servizi sociali degli enti locali, centri antiviolenza, forze dell’ordine, e altre associazioni di volontariato e solidarietà, con l’obiettivo di fornire una risposta efficace, sulla base della valutazione delle esigenze di tutela e protezione delle vittime, mediante percorsi rispondenti alle loro esigenze.
«Si parte da uno spazio dedicato all’interno del Pronto Soccorso – spiega Luigi Ferrai, Direttore Sanitario facente funzioni -, nella quale accedono tutti gli specialisti che dovranno visitare la/il paziente. Il suo punto di forza è un’èquipe inter-istituzionale, una squadra formata da personale sanitario (infermieri, ostetriche, medici, assistenti sociali, psicologi), ufficiali di Polizia giudiziaria, magistrati, centri antiviolenza, impegnati in un’attività di tutela delle fasce deboli della popolazione, quelle che possono essere maggiormente esposte a episodi di abuso e violenza: donne soprattutto, ma anche minori, anziani, persone vittime di abusi e discriminazioni sessuali».
L’intervento congiunto di questa équipe socio sanitaria permette di prestare immediate cure mediche e sostegno psicologico e sociale a chi subisce violenza, nel fondamentale rispetto della riservatezza. Questa attività congiunta avviene nella più ampia tutela della privacy e dei “tempi dei silenzi” delle vittime e nel rispetto della loro scelta sul tipo di percorso da seguire dopo le prime cure.
Il compito principale dell’èquipe è l’assistenza socio-sanitaria e giudiziaria alle vittime di violenza, con un’attenzione particolare a far emergere quegli episodi di violenza in cui le vittime hanno difficoltà a raccontare di essere state oggetto di violenza da parte di terzi: una reticenza dovuta spesso alla paura di ritorsioni.
«Nel loro agire quotidiano – aggiunge Ferrai – gli operatori sanitari del nostro presidio ospedaliero hanno acquisito le competenze per poter riconoscere alla persona vittima di violenza il suo “valore di persona”, riconoscere il problema, instaurare un rapporto di fiducia, approfondire le cause delle lesioni o dei disturbi, informare la persona in merito agli interventi da attuare, supportare nell’attivazione di risorse economiche, giuridiche d’aiuto». «Nel loro agire nei confronti delle persone vittime di violenza di genere – conclude il Direttore sanitario dell’ospedale ogliastrino – gli operatori sanitari e sociali del nostro presidio, oltre a fornire cure adeguate, hanno sviluppato, grazie al Codice Rosa, competenze tecniche, relazionali e valoriali dove emerge la loro sensibilità umana che permette di riconoscere il dolore, la sofferenza, l’angoscia e i sentimenti che la persona prova, e di accompagnare la donna nel suo percorso di fuoriuscita dalla violenza».