La donna, collaboratrice domestica della stessa denunciante, ha sottratto i preziosi in un arco temporale piuttosto lungo, orientativamente – a detta della vittima – dall’agosto scorso fino a qualche giorno fa, quando si è avveduta dell’ammanco. La dipendente infedele si è premurata in questo lungo lasso di vendere la refurtiva ad un “compro oro” della città, da cui è stato possibile recuperare parte dei gioielli ancora non mandati in fusione, restituiti poi alla legittima proprietaria.
Gli investigatori, con uno stratagemma, hanno portato la ladra a confessare il furto, dettato a suo dire da ragioni di necessità per alcuni debiti accumulati. Il monitoraggio dei compro oro, su cui dal 2018 vigono vincoli più restrittivi, ha consentito di reperire le prove mancanti e di recuperare la refurtiva. In forza del D.lgs. 92/2017, che mira ad arginare il fenomeno del sommerso e delle attività criminali connesse, gli operatori devono essere registrati e attenersi ad alcuni obblighi di legge piuttosto restrittivi, in particolare sulla tracciabilità del denaro e sull’identificazione della clientela, registrando anche una descrizione sulle caratteristiche del prezioso (natura e qualità, con almeno due fotografie in formato digitale del singolo oggetto). Va indicata inoltre la data e l’ora dell’operazione.
Questi dati hanno consentito di ricostruire inequivocabilmente la condotta criminosa della badante.