Abbamele PAT: curiosità e abbinamenti in cucina
Abbattu, saba ‘e meli, s’acuamebi… Questi sono solo alcuni dei nomi con cui è conosciuto l’Abbamele PAT, un prodotto di nicchia della Sardegna, che per via della sua produzione – la quale avviene, secondo regole tradizionali, da più di 25 anni – è stato iscritto nei Prodotti Agroalimentari Tipici nel 2010.
Un prodotto, l’Abbamele PAT, che merita di essere conosciuto non solo nella nostra Isola ma anche nel resto d’Italia ed è per questo che Coldiretti, nella tre giorni svoltasi a Matera dal 29 novembre all’1 dicembre 2019, l’ha esibito negli stand insieme ad altri e meritevoli prodotti tipici (pane carasau, pecorino di Osilo, fregula, lorighittas, pompìa).
Detto ciò, conosciamo da vicino questo sottoprodotto del miele!
Storia dell’Abbamele
La storia dell’Abbamele è intrinsecamente legata a quella dell’Isola e dei suoi abitanti in epoca nuragica, che lo ricavavano dai favi presenti nelle cavità degli alberi (tuvas) o nelle caverne.
Nei secoli successivi, questa usanza fu mantenuta perché le condizioni di povertà, in cui si trovava buona parte della popolazione, non ammettevano sprechi. Esso, quindi, era ed è tuttora un prodotto di recupero.
Ma come si prepara?
Produzione dell’abbamele PAT
L’Abbamele è ottenuto dai favi che vengono spezzettati e immersi in acqua a 50°C, in modo da solubilizzare il miele in essi presente (almeno il 20-30%, secondo la normativa attuale).
Una volta che l’acqua si è intiepidita, dunque, si separa la cera (strizzandola) e il liquido rimanente viene filtrato per eliminare le piccole impurità, portato all’ebollizione e lasciato cuocere per qualche ora.
Durante la cottura si aggiungono le scorze di agrumi, si mescola il composto affinché non si attacchi sul fondo e, quando raggiunge la giusta consistenza, si separano le impurità venute a galla, si fa raffreddare e s’invasetta.
Il risultato è un liquido viscoso, bruno (quasi nero), dolce ma con retrogusto amaro e persistente.
Quella appena illustrata (che potete vedere nel video di Greca N. Meloni) è la tecnica di produzione tradizionale; in quella industriale, invece, l’Abbamele si prepara a partire da una soluzione di acqua e miele.
Ma vi siete mai chiesti cosa contenga l’Abbamele? Se sì, questa è l’occasione giusta per approfondire!
Chimica dell’Abbamele
Il Professor Tuberoso dell’Università di Cagliari (insieme ai colleghi di due università croate) ha esaminato la composizione di 7 campioni di Abbamele provenienti da tutta l’Isola, tre ottenuti con la tecnica tradizionale e quattro con quella industriale.
Le analisi hanno rivelato la presenza di: acqua (15-28%), zuccheri (55-75%) – con una leggera predominanza del fruttosio – e sostanze responsabili delle proprietà e dei caratteri organolettici.
Tra queste:
- l’idrossimetilfurfurale, che deriva dalla disidratazione del fruttosio ed è responsabile del colore e dell’aroma (1.007-4.406 mg/kg);
- il limonene, un terpene rilasciato dalle scorze, che contribuisce all’aroma del prodotto finale (0,5-76%);
- i polifenoli, che sono responsabili delle proprietà antiossidanti, oltre che del retrogusto amaro e astringente, e sono presenti in quantità comprese tra 1.300 e 4.470 mg GAE/kg;
- i marker (cioè gli indicatori) del miele di provenienza, nella fattispecie il metil siringato del miele di asfodelo e l’acido omogentisico del miele di corbezzolo.
Usi in cucina dell’Abbamele PAT
L’Abbamele PAT – che abbiamo visto essere parte integrante delle tradizioni sarde – è usato, sia in gastronomia sia in pasticceria, per realizzare vere e proprie leccornie.
Abbinamenti
In gastronomia si accompagna alle carni, soprattutto quelle di maiale, alla ricotta e ai formaggi con vario grado di stagionatura.
In pasticceria, invece, si usa nei gelati, nei semifreddi e nei dolci tipici sardi (l’avete mai provato con le seadas?).
Come molte altre eccellenze sarde, dunque, anche l’Abbamele può riservare piacevoli sorprese in cucina. Speriamo che sempre più persone imparino ad apprezzarlo!
Jessica Zanza